In memoria di David Sassoli, a due anni dalla sua morte
di Pierre De Filippo-
A un anno dalla sua morte si impone, forte, il ricordo di David Sassoli, Presidente del Parlamento Europeo.
Sarebbe inutile ripercorre la sua lunga e variegata carriera: giornalista, politico, europeista convinto. È più utile, forse, omaggiarlo ricordando che, quest’anno, si terranno le elezioni europee. Il 9 giugno tutti, tutti noi cittadini europei saremo chiamati alle urne per il rinnovo del Parlamento di cui Sassoli fu presidente.
Un presidente ritenuto impeccabile anche da parte di quelle forze politiche che non sostenevano la sua maggioranza. Un presidente proattivo e determinato ma sempre, sempre equilibrato e rispettoso del ruolo.
Dichiaratamente europeista.
Perché c’è un punto, un tema rispetto al quale dobbiamo fare pace con la coscienza: l’europeismo non è una scelta. L’europeismo è ormai connaturato nel mondo di intendere la politica. Non c’è più possibilità di tornare indietro ed è certamente una cosa da tenere in considerazione.
Certo, si può lavorare per perfezionare la struttura, per migliorare l’impalcatura, per limare l’ordinamento. Possiamo discutere, in sintesi, l’integrazione e la sua forma, non l’interazione tra Paesi.
Quando parliamo di migrazioni, di riscaldamento climatico, di politiche energetiche, di politiche industriali, come possiamo pensare che l’Italia possa decidere per sé, che la Francia possa decidere per sé, che la Germania possa decidere per sé? È illusorio. E la politica non può vivere di illusioni.
In nostri competitor sono la Cina, l’India, gli Stati Uniti, la Russia, il Brasile: insieme fanno oltre metà della popolazione mondiale. Dei giganti. Dei colossi.
Questa è, forse, la lezione più importante che David Sassoli ci lascia. Sempre coerente, sempre limpido e lineare, sempre appassionato.
Un italiano di cui dobbiamo andare fieri.
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