Lampada, macchina da scrivere e specifiche… di John Levanen è concesso in licenza con CC BY-SA 2.0 .

La storia della macchina da scrivere, una invenzione tutta italiana

Ormai entrata in disuso da decenni, è stata in passato, compagna di lavoro fedele e indispensabile per numerosi scrittori e giornalisti, ma anche insegnanti o studenti. La macchina da scrivere, oggetto quasi sconosciuto alle nuove generazioni, ha in realtà rivoluzionato il modo di approcciarsi al lavoro dello scrittore, innanzitutto permettendo la stesura di un testo in maniera molto più celere. La sua invenzione è la sommatoria di numerosi tentativi di realizzazione di un dispositivo per scrivere nella maniera più semplice possibile e l’idea nasce proprio dall’ingegno italiano, nel XVI secolo, allorquando un editore e tipografo di Venezia, Francesco Rampazetto, nel 1575, realizza un dispositivo caratterizzato da lettere a rilievo, che permetteva ai ciechi di comunicare tra loro. Poco più di 200 anni più tardi, nel 1827, l’ingegnere Pietro Conti di Cilavegna (paese vicino Pavia), presenta all’Accademia delle Scienze di Francia, il tacheografo, un meccanismo che, secondo la sua descrizione, serviva ad accelerare in maniera molto semplice la composizione tipografica. Il tacheografo utilizzava, di fatto, dei punzoni legati ognuno a una lettera e collegati a dei tasti; una volta bagnato d’inchiostro, ciascun punzone andava poi ad imprimere la lettera sulla carta, con un meccanismo, dunque, assai simile alla macchina da scrivere di cui è indubbiamente l’antesignano.

1855 cembalo scrivano di Giuseppe Ravizza di dominio pubblico

 Conservato nel Museo della scienza e della tecnica di Milano è il “cembalo scrivano” ideato da Giuseppe Ravizza nel 1846 e brevettato a Torino solo nove anni dopo, lo strumento il cui nome fa pensare ai prototipi dei pianoforti, somiglia esteticamente a un cembalo molto rudimentale in particolare nel sistema meccanico. E’ proprio in quel periodo che il quotidiano La Stampa” di Genova ne descrive le particolari potenzialità: “…Il congegno del Ravizza è una macchinetta con piccola tastiera simile a quella dei cembali, coi tasti inscritti in ordine alfabetico di tutte le lettere e interpunzioni; battendo i quali tasti successivamente e con celerità restano stampati su di una carta qualunque entro la macchina le lettere e i segni corrispondenti ai tasti toccati, con caratteri, ordine ed allineamento propri della stampa… Col cembalo scrivano si otterrà risparmio di tempo, perché l’uso della tastiera, acquistatane la pratica, produrrà lo scritto nella terza o quarta parte del tempo che abbisogna per farlo a penna; risparmio di fatica, essendo più agevole lo scorrere a modo dei suonatori con ambe le mani su di una tastiera che non, con disagio della vista, del petto e delle braccia, costringere la penna al continuo lavorio di circoli e linee, di virgole e punti; ed acquisteremo inoltre negli scritti, siano originali o copie, il benefizio della stampa, sempre migliore della scrittura e della calligrafia…”. Altro inventore, o meglio, artigiano a perfezionare i primi prototipi di macchina da scrivere è Peter Mitterhofer, natio dell’allora austriaco paese di Parcines (adesso italiano), inventore tra il 1864 e il 1869 di ben cinque soluzioni progettuali di macchine da scrivere, di cui i primi due modelli costruiti in legno, gli altri in metallo, migliorati nel meccanismo e anche nel design.

Technische Sammlungen Dresden Hölzerne Schreibmaschine von Peter Mitterhofer (1822-1893) aus Partschins in Tirol CC BY-SA 4.0
Typewriter built by Peter Mitterhofer at the Technisches Museum in Vienna di dominio pubblico

Nella città natale di Mitterhofer è, inoltre, presente un Museo della macchine da scrivere che conserva 1400 elementi provenienti da tutto il mondo, molti dei quali risalenti al XIX secolo. Per quanto riguarda la prima produzione industriale delle macchine da scrivere, passiamo dall’Italia all’America, e precisamente negli Stati Uniti, dove un certo giornalista, Christopher Latham Sholes, disegna una disposizione dei tasti più congeniale per la scrittura. Se fino a quel momento le lettere erano posizionate in senso alfabetico, con Sholes, si ottiene per la prima volta la “Qwerty” ovvero la semplificazione meccanica delle lettere in maniera tale che le coppie delle stesse più utilizzate siano separate per evitare che i martelletti s’incrociassero incastrandosi.

QWERTY_1878 tastiera alfanumerica ideata da Christopher Latham Sholes di dominio pubblico

E’ lo schema alfanumerico che attualmente ancora vediamo anche sulle tastiere dei computer o dei touchscreen dei nostri cellulari. Il nome deriva dalla sequenza delle prime sei lettere presenti in alto sulla tastiera.

Sholes_typewriter di dominio pubblico
Smith Premier Typewriters – William M. Hall & Co. di vieillespubs è contrassegnato con il marchio di dominio pubblico 1.0 .

La produzione delle innovative macchine da scrivere realizzate da Sholes inizia nel 1874 grazie all’opera di una industria, inizialmente bellica, la Remington che ne intuisce le forti potenzialità, ottenendo in seguito grande successo commerciale. A seguito di tale importante riscontro economico statunitense, nascono molte altre aziende di produzione, come ad esempio la Smith Premier Typewriter Company che, nel 1888, inizia la produzione delle macchine con doppia tastiera su sei file con 76 tasti, passando al modello successivo, realizzato fino al 1914, con una tastiera ulteriormente migliorata disposta su sette file con 12 tasti per fila.

La nuova macchina da scrivere Premier Tri-Chrome Smith di Kitmondo.com è autorizzata con CC BY 2.0 .
1950 Smith-Corona Portable Typewriter Pubblicità Life Magazine 16 ottobre 1950 di SenseiAlan è concesso in licenza con CC BY 2.0 .

La denominazione sociale della Smith cambia nel tempo il proprio nome, venendo, di fatto, tra il 1914 e il 1920, assorbita dalla Remington, mentre dal 1946 in poi compare la denominazione Smith Corona. In Italia, invece, figura di spicco è l’ingegnere e imprenditore Camillo Olivetti che grazie alle esperienze acquisite durante due importanti viaggi in America,  il primo nel 1882 come assistente nel reparto di Energia Elettrica dell’Università di Standord, il secondo del 1908 per approfondire la conoscenza tecnologica e la produzione delle macchine da scrivere, dà vita, nel 1911, alla “Olivetti M1”, la prima realizzata nella sua industria a Ivrea e presentata, nello stesso anno, all’Esposizione Universale di Torino.

Macchina_per_scrivere_Olivetti_M1 Macchina per scrivere Olivetti M1.jpg di Daniele serena è concesso in licenza sotto CC BY-SA 4.0 .
Manifesto della macchina da scrivere Olivetti M1 di dominio pubblico

Il manifesto pubblicitario della M1 è alquanto bizzarro, con un primo piano di una macchina da scrivere dietro la quale si propone un Dante Alighieri dal viso particolarmente severo che indica con la mano destra il prodotto in oggetto. Il manifesto è stato realizzato dal pittore Teodoro Wolf Ferrari. Le caratteristiche principali e innovative della macchina sono i 42 tasti, posizionati su 4 file, oltre i quali si presentano 8 tasti per la tabulazione e il tasto barra spaziatrice, il telaio in ghisa e il rivestimento in lamierini di colore nero, l’inversione del trascinamento del nastro mediante un occhiello posto alle due estremità del nastro stesso e una leva che impedisce il proseguo della scrittura tale da creare quindi il margine. Già nel 1920 la M1 viene rimpiazzata da una macchina più avanzata, la “Olivetti M20”, presentata, nello stesso anno, anche alla Fiera Internazionale di Bruxelles, immettendosi, quindi, nel mercato internazionale.

800px-Olivetti_MP1 Olivetti MP1 Ico typewriter (dal 1932) di Riccardo Levi e Aldo Magnelli esposta alla mostra Olivetti una bella società, Torino._IcoCC BY-SA 2.0

Di particolare interesse è la “Olivetti MP1” la prima macchina da scrivere portatile, nata nel 1932, dall’idea progettuale dell’ingegnere Adriano Olivetti e del Direttore tecnico della Olivetti, Gino Levi Martinoli. Il disegno viene realizzato dai designer Aldo e Adriano Magnelli mentre la parte meccanica da Riccardo Levi: si evidenza in particolare la sua grande praticità e la semplicità nelle sue forme morbide, con struttura metallica il cui colore poteva essere nero oppure rosso o ancora verde o grigio. Non si tratta però della prima portatile in assoluto, di fatto già realizzata dalla concorrenza internazionale, nel 1927 con la Erika e nel 1929 dalla Continental. Dall’immediato dopoguerra le macchine da scrivere Olivetti, fino a qualche anno prima ancora particolarmente pesanti e ingombranti, iniziano ad essere più leggere, maneggevoli ed esteticamente gradevoli grazie all’impegno e alla progettualità di alcuni designer, tra i quali Marcello Nizzoli, già collaboratore, durante il conflitto mondiale, come grafico e disegnatore industriale per la Olivetti. Nizzoli realizza la “Lexikon 80”, un modello di macchina da lui progettato nel 1948, e solo due anni dopo progetta la “Lettera 22”. Entrambi i prodotti raccolgono riconoscimenti e premi tanto da far entrare a far parte della collezione permanente del Museum of Moderm Art di New York.

FileOlivetti lexikon 80.JPG di ElioAngelo su Wikipedia italiana è concesso in licenza sotto CC BY-SA 4.0 .

La “Lexikon 80”, dà un taglio netto con le forme delle macchine precedenti, presentandosi molto più leggera, morbida e armoniosa nelle forme, compatta e resistente.

FileOlivetti Lettera 22 al MOMA.jpg di David Orban è concesso in licenza con CC BY 2.0 .
Olivetti Lettera 22 Gebrauchsanweisung 01 di shordzi è concesso in licenza sotto CC BY 2.0 .

La “Lettera 22” è anch’essa una macchina particolarmente compatta tutta in alluminio, più piatta rispetto alle precedenti, comoda e leggera per il trasporto. La tastiera e rullo risultano, inoltre, incorporate nella carrozzeria stessa. La sua linea innovativa viene premiata con il “Compasso d’oro” nel 1954.

Olivetti Valentine S (1969) Design Ettore Sottsass, Perry A. King Licenza by-sa 2.5 (IT). Foto Davide Casali, Alessandro Gabbiadini, Marcello Mainardi.

Dopo poco più di 15 anni viene progettata una delle icone più interessanti del design, la cosiddetta “Rossa portatile”, ovvero la “Olivetti Valentine” del 1968, commercializzata per tutti gli anni ’70. Ancora più leggera delle precedenti, non necessita dell’apposita valigetta, essendo dotata di maniglietta per il trasporto. Il suo progettista, l’architetto-designer e fotografo Ettore Sottsass si allontana considerevolmente dalla tradizionale linea delle macchine da scrivere, realizzando in definitiva, un oggetto di cultura Pop Art, esposto all’interno della Collezione permanente del Triennale Design Museum di Milano.

Mario_bellini_per_olivetti_&_c._spa.,_macchina_da_scrivere_lexikon_82,

Nel 1974 nasce la prima macchina da scrivere elettrica portatile, la Olivetti “Lexikon 82”: realizzata dal designer Mario Bellini, con la particolare testina di stampa rotante (ideata nel 1961 dalla IBM), il cui rivestimento è costituito, quasi interamente, da un polimero termoplastico. La produzione delle macchine da scrivere è ormai quasi scomparsa; il computer, mouse, tablet e il touch screen dei nostri smartphone l’hanno, da tempo, rimpiazzata. Ciononostante, la macchina da scrivere resta comunque un affascinate elemento di confronto difficilmente cancellabile, poiché ben impresso nella memoria storica di tanti di tutti i nati nello scorso millennio.

Hemingway’s writing desk in his Key West Home. Di dominio pubblico
Agatha Christie di Peter576. è concesso in licenza con CC BY 2.0 .

E vien da pensare a tanti scrittori come George Orwell, Ernest Hemingway o ancora Agatha Christie, menti geniali dal naturale estro, grande fantasia e voglia di scrivere, tutti accomunati da un profondo e indissolubile legame con la macchina da scrivere!

 

Daniele Magliano

Architetto- giornalista che ama approfondire tematiche di architettura, urbanistica, design, ma anche di storia, evoluzione e curiosità riguardanti oggetti di uso quotidiano. Mi piace, in generale, l'arte della costruzione: riflesso del nostro vivere in quanto unisce passato, presente e futuro prossimo di una comunità.