Il Caso Claps: sulle tracce di Elisa

di Michele Bartolo_

Il 12 settembre del 2023 sono passati trenta anni dall’omicidio di Elisa Claps, una ragazza adolescente di soli sedici anni, che venne uccisa in un tentativo di violenza sessuale appunto il 12 settembre 1993, a Potenza, dall’allora ventunenne Danilo Restivo.

Raccontata così, sembra una vicenda lineare di un tentativo di violenza seguito da omicidio, come tanti purtroppo ne accadono. In realtà, si tratta di una vicenda carica di colpi di scena, iniziata una domenica d’estate di tanti anni fa. Il cadavere della ragazza, infatti, venne scoperto nel sottotetto della canonica della chiesa della Santissima Trinità del capoluogo lucano soltanto, si fa per dire, diciassette anni dopo, precisamente il 17 marzo del 2010.

Un periodo lunghissimo che è stato un calvario per la mamma Filomena e per i fratelli che ancora oggi lottano nelle aule di giustizia per ottenere verità e giustizia, sia sull’omicidio che sui depistaggi ed i misteri che hanno accompagnato un ventennio di indagini. Sin dall’inizio i sospetti ricaddero su Danilo Restivo, un ragazzo che frequentava la parrocchia, che conosceva Elisa e che le aveva dato un appuntamento davanti alla chiesa quella domenica mattina per darle un regalino.

Una perizia dei Ris rilevò la presenza di dna di Restivo in un reperto biologico trovato sul maglione che la ragazza vestiva quella mattina: si tratta di una traccia di saliva frammista a sangue di Elisa. Lo stesso Restivo ha confermato di averla incontrata ma ha sempre dichiarato che rimasero dieci minuti a parlare dietro l’altare, e che poi la ragazza andò via. Tornando poi a casa, si ferì fortuitamente nel cantiere delle scale mobili procurandosi una ferita ad una mano.

Nel 1995 i giudici del Tribunale di Potenza non gli credettero completamente: nella sua ricostruzione c’era un buco di un’ora e mezza e così lo condannarono a due anni e 8 mesi di reclusione. Restivo lasciò Potenza. Il suo nome è poi tornato alla ribalta perché sospettato in Inghilterra dell’omicidio di Heather Barnett, una sarta inglese che abitava di fronte a casa sua a Bournemouth, nel Dorset, e che è stata uccisa il 12 novembre del 2002. Anche in questo caso si è sempre proclamato innocente.

La svolta arriva proprio con il ritrovamento dei resti della studentessa potentina nella chiesa della Trinità, in parte scheletrizzati ed in parte mummificati. Elisa è stata uccisa proprio nel sottotetto, stabilisce l’autopsia, morendo dissanguata per le ferite. Sulla chioma sono stati riscontrati dei tagli netti di ciocche di capelli. Particolare analogo era stato rilevato sul corpo di Barnett, che teneva una ciocca di capelli non suoi nelle mani. Queste analogie hanno concentrato i sospetti su Restivo ancora di più e sono ripartite le inchieste, sia quella inglese che quella italiana.

Nel 2010 la polizia inglese ha deciso di arrestare Restivo  ed il processo inglese si è concluso in breve tempo: l’uomo venne condannato ad una pena definitiva di 40 anni. Dopo il ritrovamento dei resti, analoga evoluzione c’è stata sul fronte italiano con l’inchiesta della Procura di Salerno, fino ad arrivare alla prova del dna. A novembre del 2011, in primo grado,  Restivo viene condannato a 30 anni di reclusione per l’omicidio di Elisa Claps dal giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Salerno, l’ufficio giudiziario che nel tempo ha acquisito la competenza sulle indagini per il coinvolgimento, poi archiviato, di un magistrato di Potenza.

A marzo del 2013 inizia, poi, il processo di appello a Salerno che si conclude con la conferma della condanna di Restivo a 30 anni di reclusione perchè ritenuto colpevole di omicidio volontario aggravato. Il 23 ottobre 2014 anche la Cassazione conferma la condanna, ritenendo l’omicidio di Elisa Claps di «straordinaria gravità compiuto da una persona pienamente capace di intendere e volere, come provano la lucida strategia difensiva posta in essere e l’autocontrollo mostrato in giudizio».

La storia di Elisa Claps continua ancora oggi a far discutere perché è incredibile: una ragazza di 16 anni che, nel 1993, in una città tranquilla e anonima come Potenza, scompare nel nulla per 17 anni, per essere ritrovata (meglio: fatta ritrovare) nel posto più incredibile di tutti, la soffitta della chiesa della Santissima Trinità di Potenza, cioè l’ultimo luogo dove era stata vista viva e l’ultimo in cui ci si sarebbe aspettati di trovarla. Era sempre stata lì, cadavere in quella soffitta, sopra la testa del prete che diceva messa.

Elisa infatti è, per questo, anche la summa di tutte le ipocrisie della Chiesa, dei suoi silenzi e omissioni, che abbiamo visto e vediamo col caso Orlandi e che anche qui compaiono macroscopiche. Anche l’aspetto dell’omertà cittadina è un’altra caratteristica forte del caso, perché accanto ai tanti che hanno fatto fiaccolate, manifestazioni, striscioni, dato sostegno, ci sono stati quei potentini che hanno preferito farsi i fatti propri, per mille motivi.

La vicenda Claps, infine,  è anche la storia di indagini sbagliate, dove nessuno, per tatto, pensò di perquisire la chiesa della Trinità, dove nessuno -pur essendo palese che Danilo Restivo stava mentendo – lo incriminò per omicidio, dove vi fu una sorprendente sottovalutazione dei precedenti di Restivo.

Nessuno pensò che potesse arrivare a tanto. Invece l’aveva fatto e l’avrebbe rifatto almeno un’altra volta, in Gran Bretagna appunto, uccidendo e mutilando la povera Heather Barnett.

Dopo i lavori di ristrutturazione e a distanza di 13 anni dal ritrovamento del corpo di Elisa Claps, la chiesa in via Pretoria, nel centro storico di Potenza, è stata restituita al culto della comunità dei fedeli il 24 agosto 2023. Sulla parete posteriore della navata sinistra della parrocchia compare anche un marmo in memoria di don Mimì Sabia, parroco della chiesa della Santissima Trinità all’epoca dei fatti e morto pochi anni prima del ritrovamento del corpo di Elisa Claps.

La targa celebra, in latino, le virtù pedagogiche del sacerdote, ricordato come un “grande formatore di adolescenti”. Senza una parola di scusa alla famiglia Claps, senza una lapide che la ricordi, senza niente, come se niente fosse.

Foto Elisa Claps Grandinetti Giulia Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0

 

Michele Bartolo

Avvocato civilista dall'anno 2000, con patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori dal 2013, ha svolto anche incarichi di curatore fallimentare, custode giudiziario, difensore di curatele e di società a partecipazione pubblica. Interessato al cinema, al teatro ed alla politica, è appassionato di viaggi e fotografia. Ama guardare il mondo con la lente dell'ironia perché, come diceva Chaplin, la vita è una commedia per quelli che pensano.