I Campi Flegrei, la terribile meraviglia nel cuore della Campania

di Giuseppe Esposito

A nord est di Napoli, non lontano dalla città vi è la grande caldera conosciuta, fin dall’antichità col nome che le diedero i greci: Phlegraea Pedia, ossia Campi Ardenti o come è più comunemente conosciuta Campi Flegrei. Si tratta del super vulcano attivo più pericoloso del mondo. La causa di quel fenomeno noto come bradisismo, ossia del periodico sollevamento e abbassamento del livello del terreno, dovuto alla risalita dei flussi magmatici.

La zona si estende per circa 180 – 200 chilometri quadrati e si spinge ad est fino a Posillipo, ad ovest fino a Monte di Procida, a nord fino a Quarto e ad est include la Baia di Pozzuoli. É densamente abitata con una popolazione che si aggira, infatti, intorno alle 800.000 unità. Essi ed in particolare gli abitanti di Pozzuoli convivono da secoli con quello che è considerato come il respiro del vulcano.

La morfologia dell’area è assolutamente particolare. Non vi è infatti un unico edificio vulcanico, come nel caso del Vesuvio o dell’Etna, ma tutta una serie di coni vulcanici di modesta elevazione, alcuni spenti altri ancora in attività. Di questo insieme fanno parte luoghi come la collina di Posillipo, quella dei Camaldoli, il Monte di Procida, Capo Miseno, il Monte Gauro a Pozzuoli, Quarto, Nisida, la Montagna Spaccata, Agnano, gli Astroni, il monte Olibano, Monte Spina, la Solfatara, l’Averno, monte Nuovo, l’Epomeo, Procida, Vivara e le piano indifferenziate di Fuorigrotta, Soccavo e Pianura.

L’inizio dell’attività eruttiva della zona risale a tempi lontanissimi, stimati dagli scienziati intorno ai 39.000 anni fa.

In questa lunga storia gli episodi più importanti sono stati due: quello dell’Ignimbrite, risalente a circa 39.000 anni fa e quello del Tufo Giallo Napoletano, verificatosi intorno a circa 15.000 anni fa.

L’Ignimbrite è il frutto della più spaventosa eruzione mai avvenuta nel Mediterraneo, negli ultimi 200.000 anni. Un evento che dunque si può a giusta ragione definire epocale.  Furono espulsi, in quell’occasione, circa 150 chilometri quadrati di magma che ricoprirono l’intera Campania di uno spesso strato di tufo. La colonna eruttiva raggiunse i 44 Km di altezza e dallo svuotamento delle camere magmatiche ebbe origine la caldera che include tutta l’area dei campi Flegrei.

L’eruzione del Tufo Giallo Napoletano ebbe invece luogo circa 15.000 anni or sono e produsse una quantità di magma sufficiente a ricoprire 1000 chilometri quadrati di superficie.

Negli ultimi 15.000 anni si sono succeduti tre distinti periodi di attività, intervallati da periodi di quiescenza. Tra i 15.000 e i 9.500 anni l’intervallo tra due successive eruzioni è stato di circa 70 anni. Tra gli 8.600 e gli 8.200 anni fa l’intervallo tra due eruzioni è stato in media di circa 60 anni. Tra i 4.800 e i 3.800 anni fa tale intervallo è sceso intorno ai 50 anni.

L’ultima eruzione conosciuta è stata quella avvenuta tra il 28 settembre ed il 6 ottobre 1538, dopo un periodo di calma durato 3000 anni. Essa portò alla formazione di quello che è conosciuto oggi come Monte Nuovo. La sua formazione portò alla distruzione del villaggio romano di Tripergole. La dinamica dell’eruzione è ben nota grazie agli scritti lasciati da testimoni dell’epoca quali Simone Porzio, Marco Antonio Delli Falconi, Girolamo Borgia ed un certo Francesco Marchesino di cui nulla si sa su chi fosse e di che cosa si occupasse, ma di lui si conserva un documento datato 5 ottobre 1538 ed intitolato: “Copia di una lettera di Napoli che contiene li stupendi et gran prodigi apparsi sopra Pozzòlo.”

Prima che la nascita di Monte Nuovo la sconvolgesse l’area di Tripergole era nota per le sue numerose sorgenti termali. Nel corso del XIII e XIV secolo vi erano installati ben diciotto stabilimenti termali, ciascuno con una sua specifica proprietà terapeutica. Si ricordano i Bagni di Cicerone, il Bagno di Tripergole, il Bagno dell’Arco, il Bagno di Ranieri, il Bagno di San Nicola e numerosi altri assai frequentati, così come lo erano quelli della vicina Baia.

Con gli Angioini prima e con gli Aragonesi poi la zona visse un’età splendida. L’intera corte vi si trasferiva per svago e per riposo, con la famosa canetteria, ossia l’allevamento reale di cani e con la regia Cavallerizza, voluta da Alfonso I d’Aragona.

A dare grande notorietà alle sorgenti termali della zona era stato, intorno al 1212, il poeta di corte Pietro Anzolino da Eboli che col suo trattatello “De Balneis Terrae Laboris seu de Balneis puteolanis”, in cui, in epigrammi latini aveva descritto tutte le trentacinque sorgenti dei Campi Flegrei.

Ad oggi il bradisismo, detto anche il respiro del vulcano è ancora in atto. Esso fu preso come soggetto per la copertina del primo trattato moderno di geologia, il “Principles of Geology” di Charles Lyell, sulla cui copertina si può ammirare una incisione settecentesca delle colonne del Serapeo di Pozzuoli.

Il fenomeno è oggi continuamente monitorato dall’INGV, l’Istituto Nazionale di Vulcanologia e Geologia, che, attraverso una fitta rete di sensori tiene sotto controllo il livello del suolo.

Il suo innalzamento causa delle scosse telluriche e ciò è un fenomeno ben notto agli abitanti di Pozzuoli che hanno vissuto il periodo difficile degli anni ’70 e ’80, quando la terra si sollevò di ben 180 centimetri e buona parte della popolazione puteolana dovette essere evacuata.

Dal 2055 si è avviata una nuova fase ascendente che ha portato, fino ad oggi, il sollevamento ad una quota di 45 centimetri.

Il rischio cui l’area è soggetta è enorme ed è reso ancora più pericoloso dal fatto che nella zona risiede una popolazione di più di 800.000 persone.

Secondo la Protezione Civile la prossima eruzione della caldera sarà di tipo esplosivo e consisterà nel lancio di bombe e blocchi sulle zone più vicine, mentre i flussi piroclastici potrebbero coprire numerosi chilometri, prima di arrestarsi. La città di Napoli sarebbe, in tal caso coinvolta di sicuro.

Ma nonostante il suo carattere vulcanico e le sue numerose eruzioni, la zona dei Campi Flegrei è sempre stata molto frequentata, fin dall’antichità classica. Prima dl periodo di splendore vissuto a partire dal XII secolo, la zona dei Campi Flegrei ed in particolare il litorale da Baia a Miseno era molto frequentato dall’aristocrazia romana e molti, compresi gli imperatori, vi edificarono sontuose ville e terme, ove venivano a dilettarsi tra il mare e gli otia.

Il lago d’Averno compare nel VI libro dell’Eneide di Virgilio, che ivi pose l’ingresso agli Inferi. Attraverso di esso Enea, accompagnato dalla Sibilla cumana, scende nell’Ade, per incontrare il padre Anchise e conoscere il suo futuro.

Pozzuoli fu per secoli il porto di Roma per l’Oriente.

Numerosi sono nella zona i resti degli impianti termali dell’epoca e le loro enormi sale sono state erroneamente definite templi, come quello di Mercurio, di Venere e di Diana. Qui a Baia fu inventato da Caio Sergio Orata il sistema delle sospensurae, ossia il metodo di riscaldamento per ipocausto dei locali termali.

Qui furono sperimentate soluzioni architettoniche molto ardite e che furono poi importate a Roma, come quello che permise la realizzazione di quella del Pantheon, ancora incredibilmente intatta.

Parte dei resti dell’antica città di Baia sono ancor oggi visitabili, ma la maggior parte di esse giacciono sotto l’acqua del mare, a causa dello sprofondamento del terreno dovuto al bradisismo e costituisce, oggi, il Parco Archeologico Sommerso, dichiarato area marina protetta.

Alcuni scavi condotti sul fondo, davanti a Punta Epitaffio, hanno portato alla scoperta di un magnifico Ninfeo romano perfettamente conservato e che, ricostruito, è ospitato nel museo archeologico dei Campi Flegrei, creato nel Castello di Baia.

Anche i nomi delle località della zona ci riportano al tempo dei romani. Nel comune di Baia troviamo Miseno, che era sede della flotta pretoria. La vicina spiaggia è denominata Miliscola dal fatto che su diessa i marinai della flotta effettuavano le loro esercitazioni (Militum schola). Dell’antico villaggio è stato ritrovato il sacello degli augustali, esposto ora nel castello di Baia.

Tra i monumenti più interessanti val la pena di ricordare la Piscina mirabilis, , che è la più grande cisterna mai costruita dai romani, con una capacità di circa 12.600 metri cubi e che serviva a rifornire di acqua potabile le navi della flotta approdate a Miseno.

Altra grande cisterna è quella detta delle Cento Camerelle e la cosiddetta tomba di Agrippina che doveva essere in realtà l’odeion di una villa marittima. Proseguendo lunga la via Domiziana si arriva a Cuma che è la più antica delle colonie della Magna Grecia. Sull’acropoli della antica città troviamo l’antro delle Sibilla, la Crypta romana ed i templi di Apollo e Zeus. In basso gli scavi per riportare alla luce l’intera città sono ancora in corso. L’accesso alla città è costituito dal meraviglioso Arco Felice, un arco monumentale, realizzati in laterizi, attraverso il taglio della collina effettuato per permettere il passaggio della Domiziana verso il Fusaro e la città. Ma il numero dei monumenti è assai incompleto, basta infatti spostarsi a Pozzuoli per ammirare l’antico Macellum, scambiato a lungo per il tempio di Serapide. Sul promontorio che domina la città si può visitare il rione Terra che è il cuore dell’antica Puteoli. Il percorso di visita si svolge sotto l’antica rocca, lungo i cardini e i decumani della città antica. Lungo quelle strade si possono ammirare gli edifici più diversi, dai depositi del grano alle botteghe per la lavorazione e la cottura del pane dette pistrinum. In esse possiamo osservare le antiche macine, praticamente intatte. Si può passeggiare sotto i criptoportici, e visitare le botteghe. Il percorso ternìmina in corrispondenza del podio di tufo del Capitolium, l’edificio più importante dell’antica città inglobato nel tempio marmoreo di Augusto, giacente ore sotto la Cattedrale.

Insomma l’intera zona dei Campi Flegrei è un vero e proprio museo a cielo aperto, che poggia sopra un vulcano pronto, da un momento all’altro ad esplodere e forse ciò costituisce il motivo di un fascino ulteriore. È come se quelle antiche testimonianze, quel mondo le cui rovine possiamo ancora oggi ammirare fosse un qualcosa che, da un momento all’altro potesse svanire dentro un cataclisma la cui portata nemmeno riusciamo ad immaginare. Un mondo perennemente in bilico tra l’esistere e lo scomparire tragicamente. Una sorta di magia di cui occorre approfittare al più presto.

 

Carl Wilhelm Götzloff – Veduta dal Convento dei Francescani su Pozzuoli e i Campi Flegrei. Luogo di esposizione sconosciuto.Public domain

 

 

 

Giuseppe Esposito

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