La ceramica “Ernestine”: esempio di Made in Italy tutta salernitana

…una mano caratteristica del territorio salernitano, famoso per Vietri, si fa riconoscere per un assolo ceramico: è Ernestine. Le sue forme e i suoi colori muovono da evocazioni liberty e si liberano in movimenti e tinte vivaci…”  è quanto afferma in un articolo dal titolo “Le ceramiche italiane alla Triennale” della famosa rivista di architettura e design “Domus” (risalente all’anno 1951), lo stesso Direttore, l’architetto Gio Ponti, che certifica (forse per la prima volta) l’esistenza, all’epoca, di una ceramica non vietrese, ma salernitana  che prende il nome dalla sua decoratrice e designer statunitense Ernestine Viden Cannon. Figlia del banchiere americano Morgan, giunge in Italia con la madre nel 1939 e dopo un breve soggiorno a Roma si stabilisce a Ravello vicino Salerno. Incline alla progettazione d’interni e di mobilio, in particolare nell’area della Costiera Amalfitana, la sua vera passione lavorativa si rivolge alla ceramica, senza mai tralasciare, tuttavia, le sua inclinazione verso l’interior design (ricordiamo, ad esempio, numerose poltrone ma anche divani i cui rivestimenti vengono realizzati in uno stabilimento di Cava dè Tirreni). E’ proprio nella cornice magica della Divina Costiera che fa conoscenza dell’architetto Matteo D’Agostino al quale la lega immediatamente un rapporto collaborativo fondato sulla stima, sull’amicizia e sull’amore per l’arte in generale, accompagnato anche da un profondo reciproco sentimento d’amore. Matteo D’Agostino Responsabile della famosa azienda salernitana “Ceramica Matteo D’Agostino & C.S.p.A.”, assieme alla fertile produzione artistica di Ernestine realizza una linea di pezzi di ceramica (piatti, teiere e suppellettili) di alto design caratterizzata da forme moderne, estrose ma allo stesso tempo eleganti. Dal 1948, per ben due decenni, si fa strada la fabbrica Ernestine in stretta collaborazione con la D’Agostino con una produzione di elementi ceramici unici e particolarmente estrosi che sono espressione del design industriale dal marchio tutto salernitano. Caratteristica principale dello stile Ernestine è la costante presenza, nei primi anni di vita artistica, di fiori come gerani, viole o margherite, ma anche frutta o foglie. Non si possono non annoverare anche le geometrie e le forme stilizzate in bianco e nero come le giraffe o i cavalli o ancora disegni di figure astratte che richiamano anche i decori greci, il tutto presentato attraverso dei tenui colori acquarello. Definita “l’Anti Vietri per eccellenza”, in essa si contrappone al cosiddetto “Periodo Tedesco” della ceramica vietrese, all’epoca influenzata dalle brillanti menti artistiche dei mastri ceramisti provenienti per lo più dal centro Europa. Grazie al suo raffinato estro artistico, Ernestine riesce a far convergere una innovativa realizzazione di disegni non proprio tipici vietresi, e una vera e propria progettualità unita alla ricercatezza del design. Pochi anni dopo, nel 1950 l’arrivo in azienda dell’ingegnere tedesco Horst Simonis fornisce un ulteriore slancio alla produzione ceramica. Grazie al suo contributo, si approfondiscono gli studi sugli smalti e sui colori tra i quali, ad esempio, il famoso e intramontabile “rosso selenio” o il “blu ”(ques’ultimo realizzato con smalto borico e ossido di rame ) informazioni datemi gentilmente dalla figlia dell’ingegnere Simonis, Simona Simonis. Accanto alla disegnatrice Ernestine, ricordiamo anche altri artisti come Carmine Carrera e Giacomo Onestini. In Italia da oltre 10 anni continuativi, la disegnatrice continua a intrattenere rapporti oltre-oceano. Ne sono testimonianza i numerosi ordini proprio dagli Stati Uniti, di oggetti ceramici di uso comune da parte di un pubblico attratto soprattutto dalla freschezza dei disegni e dai loro particolari colori. Tutto questo può essere considerato come una prima esperienza di esportazione del Made in Italy. Sebbene la ceramica prodotta con terreno argilloso, proveniente dalle cave di Ogliara, presentava inizialmente il piccolo difetto di lesionarsi in superficie rendendo i piatti, in particolare, non utilizzabili per uso alimentare (arrivando spesso in America con lesioni), grazie all’apporto dell’ingegnere Horst Simonis (chiamato proprio a risolvere tale problema) e con approfonditi studi sui coefficienti di dilatazione dei materiali utilizzati, si realizza uno smalto coprente idoneo per il biscotto e rispettoso dei disegni e delle fantasie colorate Ernestine. Simonis, intanto, affronta anche l’ulteriore problema della fragilità del piatto, risolvendolo con l’impiego della porcellana (materiale più solido) e quindi ottenendo un prodotto simile chiamato vitreus-china adatto agli smalti maiolicati. La nuova fabbrica impiantata nel frattempo su via Irno, a Salerno, realizza non solo piatti ma anche suppellettili d’arredo o lampade artistiche sempre perseguendo i canoni dei disegni base, molti dei quali continuano ed essere per lo più floreali. La fama della designer cresce al punto che per la realizzazione della nave Andrea Doria, il cui arredo viene affidato a Gio Ponti, la Ceramica Ernestine ne realizza i suppellettili come, ad esempio, i posacenere aventi come disegno la prua di una nave. Nel frattempo, Giò Ponti continua ad avere rapporti lavorativi con Matteo D’Agostino non esitando ogni tanto a parlare della Ceramica Ernestine nel corso di alcune mostre di artigianato tra cui quella di Firenze del 1958. Negli anni ’60 la fabbrica in grande fermento sotto la supervisione della designer Ernestine, si avvale di un sempre maggior numero di collaboratori per il disegno e la realizzazione dei prodotti ceramici. Ricordiamo soprattutto Raffaele Pinto, Gaetano Nappa, Giannino Esposito, Alba di Faenza, Radiana Marcatoli. I successi della Ernestine si riflettono anche nella stessa committenza, tra cui la famiglia Reale del Belgio, ma anche importanti personaggi dell’epoca come la famosa Jacqueline Kennedy o lo stesso Totò (il Principe De Curtis). Con la morte dell’architetto D’Agostino e della disegnatrice Ernestine, avvenuta pochi mesi dopo, l’azienda perde sempre di più il suo iniziale fermento artistico e industriale. Essa prosegue, di fatto, tra il 1976 e il 1994, attraverso l’opera della manifattura ceramica della MAC (Maestri d’Arte Ceramica) all’interno della quale alcuni disegnatori e dipendenti della Erenstine continuano a lavorare seguendo lo stile decorativo “Ernestine”, fino alla sua definitiva cessazione avvenuta, purtroppo, nel 1994. Il ricordo sbiadito della famosa fabbrica su via Irno è ancora presente con una scritta, quasi del tutto cancellata dal tempo, nella parte esterna della fabbrica e showroom, essa così si descrive: “Ernestine – Ceramica D’Arte”, la stessa scritta è seguita, lungo la via principale, da tre eleganti vetrine espositive, abbandonate e, ormai, completamente arrugginite! Ringrazio Antonio Gaeta (collezionista delle Ceramice Ernestine) per avermi concesso l’opportunità di fotografare alcuni pezzi della sua preziosa collezione.

Daniele Magliano

Architetto- giornalista che ama approfondire tematiche di architettura, urbanistica, design, ma anche di storia, evoluzione e curiosità riguardanti oggetti di uso quotidiano. Mi piace, in generale, l'arte della costruzione: riflesso del nostro vivere in quanto unisce passato, presente e futuro prossimo di una comunità.