Rivolta sedata, Lukashenko salva lo Zar ma il dissenso dilaga
di Antonino Papa-
Una rivolta durata meno di 24 ore, l’avanzata di Prigožin s’interrompe a 200 km da Mosca e la brigata Wagner fa dietrofront puntando sui territori teatro di guerra in Ucraina; evitato spargimento di sangue ed una quasi certa guerra civile se si considera che gran parte dell’esercito regolare non ha opposto alcuna resistenza alle azioni del condottiero ribelle.
L’artefice di quest’opera diplomatica è l’inseparabile e fedelissimo scudiero di Putin oltreconfine, il Presidente della Bielorussia Lukashenko che ha mediato tra i due uomini, nel bene e nel male, rappresentanti di due differenti visioni della Russia ma soprattutto di una spaccatura all’interno della popolazione difficilmente sanabile.
Grazie all’intercessione di Lukashenko l’ex delfino di Putin ha ottenuto la “grazia” dallo Zar, per sé ed i suoi uomini, e nessuno sarà processato per alto tradimento; il prezzo da pagare per Prigožin è l’esilio in Bielorussia, praticamente sotto il controllo indiretto del Governo russo che lo considererà un sorvegliato speciale vita natural durante.
Ancora una volta Vladimir Putin è caduto in piedi mostrando al mondo di avere sette vite come i gatti e di aver fatto tesoro dei tanti anni durissimi spesi nel KGB (ora FSB) che lo hanno plasmato per essere un umano senza scrupoli, e lo ha dimostrato in più di un’occasione.
Questa vittoria, però, il cui unico effetto positivo è stato l’assenza di spargimento di sangue, non rassicura Putin, e tantomeno il Governo, perché il popolo si è profondamente diviso e milioni di russi hanno acquisito la consapevolezza di poter sovvertire il regime, a maggior ragione se addirittura l’esercito regolare non ha opposto la minima resistenza durante la rivolta, segnale inequivocabile che anche le Forze Armate sono in balìa delle onde e di chi garantisce agli uomini in divisa più sicurezza per il futuro.
Leggere tra le righe in contesti simili non è semplice ma una certezza è stata acquisita senza ombra di dubbio ed è il dato di fatto che nulla sarà più come prima.
D’ora in avanti nessun colpo di scena desterà sorpresa o imprevedibilità perché il Paese è come un veliero nel bel mezzo dell’oceano in tempesta e con parte dell’equipaggio ammutinato.
Ma c’è un rovescio della medaglia ed è la resilienza del regime e la capacità dello Zar di tenere ben salde le redini del gioco mirando a riconquistare il consenso perduto sebbene ora sia un compito molto più arduo che in passato.
Conoscendo un po’ il popolo russo, ed anche il loro Presidente, potrei presumere che inizierà una campagna informativa che bombarderà a tappeto (rimanendo in tema) la popolazione diffondendo il ritorno ai valori della Grande Russia e del patriottismo “minato dall’ignobile rivolta” che Lui ha domato mostrando anche di essere “magnanimo con chi si è macchiato di alto tradimento”.
Questa è l’ultima chance per Putin per salvare sé stesso ed il suo trono rimettendo, come mai accaduto, tutto nelle mani di un popolo troppe volte dilaniato da contrasti interni, difficoltà socioeconomiche e repentini mutamenti politici che ne hanno indebolito la forza e la capacità di rialzarsi dopo ogni caduta.
Naturalmente anche il conflitto risentirà di ciò che è accaduto e non è esclusa una pesante offensiva russa per cancellare questo episodio dalla mente di cittadini, e ridare fiducia agli uomini delle Forze Armate, nel tentativo di ripristinare un’immagine di solidità ma soprattutto di confutare le parole di Prigožin che ha sempre duramente attaccato il Governo sia per la carenza di risorse che per la scarsa organizzazione che hanno fatto di un’operazione di tre giorni una guerra infinita il cui prezzo lo hanno pagato le giovani generazioni.
Nel frattempo gli occidentali osservano e spero non commettano l’ennesimo errore di sottovalutare ancora una volta un uomo che finora è uscito sempre indenne da ogni tentativo di destabilizzarlo, sia interno che esterno, e che ha pur sempre alle spalle un signore che, attualmente, ha il mondo tra le mani… Xi Jinping, ovvero il capo indiscusso del più potente Stato al mondo: la Cina.
