E ora? La politica italiana dopo la morte di Berlusconi

di Pierre De Filippo-

E ora? Cosa succederà? Ce lo siamo chiesti un po’ tutti ieri, a cominciare dalle 10.30 quando le prime agenzie di stampa hanno battuto la notizia della morte di Silvio Berlusconi, il Cavaliere.

Perché quando si chiude un’epoca è necessario procedere con i bilanci consuntivi di ciò che è stato e di ciò che avrebbe potuto essere, di ciò che di buono c’è stato e di ciò che avremmo preferito evitarci.

E rispetto a Silvio Berlusconi, uomo tanto poliedrico quanto ingombrante, i consuntivi sono tanti: politici, partiti, personali.

Cominciamo da quelli personali. Oggi, le prime pagine dei giornali hanno dato assoluto risalto alla notizia della sua morte ma nessuno l’ha fatto con tono retorico. Certo, i giornali di famiglia ne hanno esaltato le gesta ma il giudizio è stato comunque quello di un uomo che ha politicamente diviso, con forti caratteri di ambiguità, di frequentazioni inopportune e chiacchierate. Le tante interviste – da Bersani a Prodi, da Cicchitto e Fini – hanno accompagnato all’umana solidarietà la schiettezza del giudizio.

Berlusconi, dunque. Quello di Arcore, di villa San Martino, di Palazzo Grazioli. Ma soprattutto quello di Palazzo Chigi: quello che – ed è il suo più grande merito – ha fornito un’opzione moderata e popolare al nostro sistema politico quando l’alternativa era la “gioiosa macchina da guerra” di Occhetto, che di macchina e di guerra aveva ben poco; quello che ha dato stabilità al sistema Italia con i suoi governi, tra i più lunghi della storia; quello che, tra alti e bassi, ha modernizzato il Paese.

Il primo tra i populisti, si è detto. Personalmente non lo credo. Perché c’è uno scarto essenziale tra l’essere populista e l’essere demagogico. Berlusconi era un demagogo, un uomo della pubblicità, che sapeva farla e della quale conosceva i segreti. Ha utilizzato questa tecnica per imbonire tanti italiani. Non è stato un populista, che per me equivale ad irresponsabile (lo ha detto anche Gianfranco Fini in una intervista recente: “non è un irresponsabile”).

Tra le colpe: non aver portato avanti davvero la promessa “rivoluzione liberale”. Con i suoi lunghi governi dei primi anni Duemila la spesa corrente è aumentata come mai nella storia. Non ha mai individuato, per narcisismo, un erede. Anche perché non esisteva.

E, soprattutto, si è lasciato convincere che fosse cosa buona e giusta abbinare popolarismo, il suo, al populismo, quello di Meloni e Salvini. Che altrove avrebbe significato mischiare acqua e olio.

Così si arriva al 25 settembre e ad un governo nel quale il suo partito è, essenzialmente, un socio di minoranza rumorosa ma poco incisiva.

E ora? Che succederà?

I governisti di Tajani sono i più vicini alla Meloni e sperano nell’alleanza alle europee tra Popolari e Conservatori (Weber, leader dei Popolari, ha chiesto alla Meloni di togliere la fiamma dal simbolo. Un’inutilità). Dall’altra parte, i ronzulliani – i seguaci di Licia Ronzulli, che Berlusconi, su consiglio della Fascina, ha fatto in tempo a mettere in ombra – sono tanti e polemici. Vedono in Matteo Salvini un interlocutore privilegiato (va detto che, forse per una sorta di machismo, lo credeva anche Berlusconi) anche se il suo gruppo europeo, Identità e Democrazia, è ai margini.

Quindi, cosa ne sarà di Forza Italia?

L’asta è aperta ma personalmente non credo che possa ambire per molto tempo ad essere il partito che fu del grand’uomo. Oggi preverrà la memoria, il ricordo, l’insegnamento ma domani? Le dinamiche, si sa, cambiano rapidamente e c’è bisogno sempre di dare risposte nuove a problemi nuovi. Chi prenderà le decisioni? Tajani? Il partito glielo consentirà? Resisterà?

Non ci saranno esodi immediati: pare che su questo Giorgia Meloni e Gianni Letta abbiano trovato un accordo. E l’elettorato che direzione prenderà? Un po’ da Renzi, un po’ da Salvini e un po’ dalla Meloni. Come l’eredità divisa tra i cinque figli.

Niente dura per sempre. Nemmeno Silvio Berlusconi. Politicamente divisivo, professionalmente geniale e ambiguo, personalmente generoso. Mi consenta, ora stia buono!

 

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