Cina arbiter mundi

Il lungo colloquio telefonico tra Xi Jinping e Zelensky potrebbe apparire come un ennesimo tentativo diplomatico mirato ad ottenere una tregua; in realtà è molto di più, ovvero un primo passo, parte di una ben studiata strategia cinese, verso la fine definitiva delle ostilità.

Le dinamiche in atto a livello planetario, e soprattutto le congiunture economico-sociali, inducono a pensare (per coloro che non si fermano alla superficie ma approfondiscono) che al punto in cui è giunto il conflitto l’unica via percorribile è lo stop e non una richiesta a sé stante di un cessate il fuoco.

Le ragioni per le quali uno scenario del genere è altamente probabile sono molteplici, in primo luogo perché a muoversi è stato il presidente della nazione più potente della terra e dopo aver, saggiamente e con lungimiranza, raggiunto gli obiettivi strategici che oggi consentono alla Cina di tenere spalle al muro gli USA (ed UE in quanto “asservita” agli Stati Uniti) ed avere forte influenza sullo storico ferreo alleato russo Vladimir Putin.

La strategia cinese parte da lontano, molto prima dello scoppio del conflitto, ed è frutto di lungimiranza ed attente analisi previsionali in ambito geopolitico cui le mosse di Xi Jinping si sono adeguate.

Naturalmente tutto ciò fa parte di un graduale percorso di ascesa del colosso asiatico al fine di conquistare i mercati mondiali ed avere una posizione dominante anche nei settori produttivi e delle materie prime, oltre che in ambito militare.

Andiamo con ordine … gli Stati Uniti, nazione per eccellenza concorrente della Cina, sono stati praticamente conquistati attraverso una lunga partita a scacchi durata circa un decennio e terminata in concomitanza con lo scoppio della pandemia; infatti, il Governo di Xi Jinping detiene circa il 75% del debito pubblico USA, e ciò già sarebbe sufficiente ad avere il coltello dalla parte del manico.

Inoltre, parallelamente alla penetrazione nelle maglie della finanza USA, i cinesi hanno avviato gigantesche campagne di acquisizione di terre rare in tutto il pianeta assicurandosi quasi l’80% del fabbisogno mondiale.

Per terre rare s’intendono quei giacimenti di risorse, appunto rare, necessarie alla produzione di dispositivi elettronici, microchips, smartphones, batterie per auto e non solo e così via.

In parole povere, la Cina ha il potere di fermare il progresso tecnologico in tutto il mondo; oltretutto sono migliaia le aziende hi-tech, soprattutto USA, che hanno delocalizzato la produzione sia sul territorio cinese che a Taiwan, primo produttore di microchips del pianeta, e sono note a tutti le intenzioni cinesi nei confronti dell’Isola.

Ecco perché gli USA si stanno affrettando a delocalizzare al contrario, ovvero riportare la produzione in patria, e perché intorno a Taiwan vi è costante fermento militare con viavai di portaerei USA nel tentativo di scoraggiare l’inesorabile annessione da parte della Cina come già esternato in maniera netta da Xi Jinping in più di un’occasione.

Cosa c’entra l’Ucraina in tutto ciò? Qui veniamo al dunque o nocciolo della questione.

La Cina è innanzitutto storica alleata della Russia con cui, insieme a Brasile, India e Sud Africa, sta ideando una nuova valuta al fine di contrastare il dollaro.

Oltretutto, dallo scoppio del conflitto in avanti, è stata proprio la Cina a sostenere la Russia, sia rendendo vane le sanzioni occidentali acquistando gas e petrolio russi oggetto di embargo, sia sostenendo il rublo nei momenti di svalutazione massima, ergo Putin deve molto a Xi Jinping.

Ma Xi Jinpng, al contrario di Putin, che è intervenuto per la seconda volta in una guerra iniziata nel 2014, e su richieste di protezione provenienti dai territori russofoni, ha intenzione di cancellare l’indipendenza di Taiwan, invadendo l’isola al fine di portarla sotto il controllo cinese: una violazione vera e propria, un atto di imperialismo, la cancellazione di uno stato sovrano.

Pertanto, il presidente cinese sa benissimo di commettere un “abuso”, e di infrangere tutte le leggi ed i trattati internazionali, e di conseguenza, in questo caso specifico, necessita dell’appoggio della Russia che ai danni dell’Ucraina “avrebbe” agito allo stesso modo attraverso il quale Xi Jinping intende appropriarsi Taiwan.

L’interesse della Cina, di conseguenza, è quello di mantenere solidi rapporti con la Russia in vista della non lontana annessione di Taiwan ed è questo uno dei fattori che hanno spinto Xi a tentare di metter fine al conflitto; naturalmente chiederà a Zelenski di “lasciare alla Russia i territori abitati da russi” (e non parlerà mai di occupazione, dovendo agire allo stesso modo con Taiwan).

Una volta che Xi sarà riuscito ad ottenere questo accordo… gli occidentali, che hanno promesso al popolo ucraino di sostenerlo finché i russi non vengano respinti oltre i confini, “tradiranno” l’Ucraina in quanto la Cina, che mantiene gli USA spalle al muro per le ragioni di cui sopra, pretenderà lo stop all’invio delle armi da parte occidentale e gli “esportatori della democrazia, nonché difensori dei diritti umani, USA ed UE” si adegueranno tacendo anche sulla futura annessione di Taiwan.

Se così non fosse si rischierebbe il collasso dell’economia occidentale perché la Cina, in primo luogo, inizierebbe ad uscire dal debito pubblico USA con pesanti vendite di bonds, bloccherebbe le esportazioni di materie prime per la produzione di dispositivi elettronici mettendo in ginocchio gran parte dell’hi-tech made in USA e, fattore non di minor peso specifico, potrebbe prendere il controllo delle aziende occidentali che hanno impianti di produzione sul territorio cinese e di Taiwan.

E l’UE? Naturalmente si piegherà al volere di Xi Jinping su ordini provenienti da oltreoceano.

E così il tradimento all’Ucraina potrà definirsi compiuto, le uniche alternative sarebbero uno scontro frontale con la Cina, e non conviene a nessuno.

Fine dei diritti umani e di tutte le finte democrazie, pecunia non olet.

Antonino Papa Antonino Papa

Antonino Papa