Direttiva case green, ulteriore attacco all’Italia ed all’Europa “minore”
di Antonino Papa-
Se due indizi non fanno una prova, tre (e più) costituisco fondati sospetti che l’Unione Europea abbia deciso di perseguire gli interessi economici di pochi e non di tutti i Paesi membri, come sarebbe invece naturale considerando i valori sui quali l’Unione è stata fondata.
La politica economica, monetaria ed industriale portata avanti attraverso le stanze dei bottoni di Francoforte, Strasburgo e Bruxelles, infatti, induce a pensare che tutte queste decisioni e direttive, assunte dal post-pandemia ad oggi, siano state artatamente studiate per sembrare in linea con la salvaguardia dell’ambiente e la lotta all’inflazione (ed il falso alibi dei diritti umani a convenienza) ma, alla resa dei conti, non hanno nulla di green e men che sia di reale contrasto all’inflazione in egual misura in tutti i Paesi.
Questa ennesima direttiva, denominata “case green”, riporta in auge una questione reale mai affrontata e tantomeno dibattuta nelle sedi europee opportune, ovvero il tema di un’Unione a due velocità spesso oggetto di mie precedenti analisi e sostenuta, appunto, dalla direzione intrapresa dalle Istituzioni europee.
I famosi indizi che creano i citati sospetti sono facilmente riconoscibili e, a rigor di logica, spingerebbero anche i più accaniti sostenitori di questa Europa a pensare male.
Partiamo dal primo: l’aumento dei tassi, atto dovuto (?) per contrastare l’inflazione in gran parte creata dalla stessa UE seguendo pedissequamente gli ordini USA dopo lo scoppio del conflitto russo-ucraino… si è andati troppo oltre mettendo in serio pericolo i conti pubblici e le famiglie dei Paesi notoriamente in semi-perenne difficoltà, ed è superfluo specificare che tra questi vi sia anche l’Italia.
Spingiamoci oltre e consideriamo lo stop alle auto con motore termico a far data dal I gennaio 2035 (per ora fortunatamente sventato), anche in questo caso, come nel primo, tra le Nazioni più colpite da tale decisione la più esposta sarebbe stata la Nostra che notoriamente fornisce gran parte della componentistica automotive a tutti i brands primari.
Arriviamo quindi alle case green il cui impianto originale era addirittura più restrittivo di quello approvato; infatti, prevedeva il divieto di vendita o locazione per gli immobili non in regola.
Anche in questo caso i Paesi più colpiti (nell’immediato) da questa direttiva sono quelli che hanno il parco immobili più antico, come il Nostro, appunto, perché pieni di città e piccoli centri con migliaia di edifici storici.
In fine l’annosa questione immigrazione che costringe lo Stato a far fronte ad enormi spese per mantenere la gigantesca macchina organizzativa dell’accoglienza e salvataggio in mare, tra l’altro impegnando impropriamente grandi dispiegamenti di corpi di Forze dell’Ordine che dovrebbero essere destinati ad altre attività.
Se a tutto ciò aggiungiamo la recente ostilità a cibo e vino con altri assurdi tentativi di livellare verso il basso la qualità il quadro è abbastanza chiaro ed i sospetti diventano prove.
È lampante, pertanto, che le politiche attuate da un’Istituzione impropriamente definita Unione Europea sono mirate ad ampliare il gap tra le due Europe e salvaguardare le economie più forti attorno alle quali ruotano gran parte degli interessi economici.
I famosi Paesi frugali, infatti, non sono affatto isolati in quanto punti di riferimento per Paesi cosiddetti minori con solide economie, è il caso dell’Austria, ad esempio, che ruota intorno alla Germania, del gruppo dei Paesi scandinavi il cui centro è rappresentato dalla Svezia e del gruppo Francia-Benelux con l’immorale Olanda alla quale è consentita politica fiscale mirata a sottrarre legittime entrate ad altri Paesi membri; in fine il gruppo cosiddetto Visegrad reale ago della bilancia.
E l’Italia? Noi siamo relegati nel gruppo dei PIGS (termine adottato in un noto serial finanziario), Portogallo, Italia, Grecia e Spagna, ovvero Paesi le cui economie non sono considerate meritevoli di tutela per svariati ordini di fattori quali conti pubblici perennemente allarmanti, eccessiva disoccupazione, corruzione, idiosincrasia alla modernizzazione dovuta ad eccesso di burocrazia e mafie che permeano gli apparati di potere e così di seguito.
In pratica Nazioni da indebolire per poi colonizzarle economicamente e farne una protuberanza dell’Africa del Nord con manodopera a basso costo, e ciò spiega anche il rifiuto (di fatto) degli organi istituzionali UE ad affrontare seriamente la questione immigrazione … come già accaduto in Grecia a vantaggio della Germania.
Il comun denominatore di tutte le decisioni assunte in sede UE, infatti, è l’indebolimento del potere d’acquisto di famiglie ed Imprese dei Paesi più deboli, ciò innesca costanti crisi di vendite, conseguenti ricadute occupazionali ed eccessivi costi per le aziende che, come in un domino, devono ricorrere alle banche le quali rischiano di esporsi oltremodo. Tutto finché il castello non crolla per poi essere acquistato per pochi euro da lobbies di quei Paesi i cui interessi sono il core business dell’Unione Europea.
La morale della favola è che una parte d’Europa ha scelto da che parte stare (con gli USA) lasciando l’altra parte in balia delle ondate di direttive (distruttive) senza tener conto delle singole economie al fine di livellare i Paesi più deboli verso l’alto.
L’arma principale per ottenere tutto ciò è appunto l’euro, strumento attraverso il quale imporre la politica monetaria ed influenzare gli assetti socioeconomici di intere Nazioni; non a caso il Regno Unito non si è mai fidato dell’euro, così come la Repubblica Ceca o la Svezia (ed altri), ad esempio, entrambe parte dell’Unione ma che hanno conservato sovranità monetaria.
La sfida che attende il nostro Paese è ardua oltre ogni limite, soprattutto perché a guidare il Paese vi è un Esecutivo inviso ai vertici UE abbagliati dalla globalizzazione finanziaria ed industriale di matrice cinese attraverso gli usa che non sono altro se non ambasciatori di Pechino che tentano di preservare i loro enormi interessi a Taiwan, e nella stessa Cina la quale, non dimentichiamolo, detiene gran parte del debito pubblico USA.
L’Unione Europa, utopisticamente in predicato di diventare la terza potenza economica mondiale, ha invece deciso di dividersi e di salvaguardare i più forti sotto l’ombrello dello zio Tom abbandonando a sé stessi i più deboli.
Entrare nell’euro, prematuramente, è stato il più grave errore della storia repubblicana.
