Riforma Cartabia: sarà vera Giustizia?

di Michele Bartolo-

Ecco finalmente una riforma del processo civile e penale! Finalmente un intervento normativo che garantirà gli obiettivi  di semplificazione, speditezza e razionalizzazione dei riti, che consentirà una celere definizione dei processi e uno smaltimento dell’arretrato, che riporterà i cittadini ad avere fiducia nella macchina della Giustizia e che rispetterà i parametri  e le indicazioni fornite dalle Istituzioni europee.

E’ proprio cosi? Sarà vera gloria? Stiamo parlando dell’ennesimo intervento normativo riformatore sul sistema processuale e codicistico italiano, noto ai più come Riforma Cartabia, dal nome dell’allora Ministro della Giustizia del Governo Draghi, che se ne è fatto promotore e ne ha curato la redazione.

Alcune norme sono entrate in vigore già dal primo gennaio 2023, altre lo saranno a partire dal 30 giugno, ma l’impianto riformatore, nel suo complesso, ha preso il via il primo marzo 2023.

Nello specifico, tra le novità più rilevanti, per quanto riguarda il settore civile, deve menzionarsi  la nuova procedura unificata per i giudizi in  materia di  persone, minori e famiglie, da utilizzare sia nel tribunale ordinario che in quello per i minorenni, il procedimento semplificato di cognizione  dinanzi al Giudice di Pace, che allarga di molto la sua competenza per valore, sino ad oggi limitata alle cause sino a 5000,00 euro. Inoltre, in materia di lavoro, viene abrogato il rito Fornero  sui licenziamenti in favore di un procedimento che dovrebbe essere più snello e veloce.

Tutte queste modifiche, quindi, si applicano ai procedimenti instaurati successivamente 01.03.2023.

Ma andiamo con ordine: al fine di ottenere i famosi finanziamenti del PNRR varato dalle autorità europee, l’Italia si è impegnata a ridurre l’arretrato  dei processi civili del 55-65% entro la fine del 2024 e del 90% entro la metà del 2026. Ne è derivata la decima modifica del sistema processuale italiano negli ultimi quindici anni, chiara ammissione della inadeguatezza e della inidoneità allo scopo dei precedenti interventi legislativi. Anzi, addirittura, il legislatore si diverte ad abrogare dei riti per poi ripresentarli e farne rivivere l’operatività.

Si pensi, ad esempio, alle analogie del nuovo rito sommario proposto con quello societario, a suo tempo messo da parte, frutto di una esperienza fallita. La riforma, inoltre, introduce molte novità al fine di implementare il processo civile telematico, senza tuttavia intervenire sulla efficienza ed operatività degli strumenti informatici in dotazione agli uffici giudiziari, del tutto inadeguati rispetto alle moderne tecnologie, con il concreto rischio che questa inadeguatezza si ripercuota sulla celerità della macchina giudiziaria, che quindi potrebbe subire dei rallentamenti al posto delle auspicate accelerazioni.

Purtroppo gli interventi dall’alto si rivelano sempre inefficaci ed infruttuosi,  allorché non vengano coordinati con il quadro normativo esistente e non siano il frutto di un reale ascolto delle problematiche vissute dagli addetti al settore. Basti pensare alla circostanza che le percentuali di riduzione del contenzioso  appaiono davvero irrealistiche ed irrealizzabili se solo ci si voglia seriamente calare nell’attuale contesto processuale italiano, nella permanenza  dello stesso numero di risorse e di mezzi (personale di magistratura ed amministrativo).

L’effetto finale potrebbe davvero essere l’opposto di quello sperato, ovvero  rivelarsi pregiudizievole per la tutela dei diritti dei cittadini  e per la competitività delle imprese sul mercato. Il legislatore, invece, dovrebbe intervenire su quelle che sono le vere carenze del settore Giustizia: la fatiscenza delle strutture destinate  all’edilizia giudiziaria,  la forte carenza dell’organico, sia  dei magistrati che del personale amministrativo, la sua irrazionale distribuzione sul territorio e, infine, la totale inadeguatezza dei sistemi informatici, spesso soggetti ad interruzioni.

Queste sono le vere cause che impediscono una celere definizione dei processi ed un tempestivo esame delle domande rivolte dagli utenti al sistema Giustizia. La durata dei giudizi, infatti, non dipende tanto dal numero di udienze che si svolgono in una controversia quanto,  piuttosto, dall’equilibrato rapporto tra le risorse umane disponibili ed il numero dei procedimenti da trattare. Finché tale rapporto non sarà equilibrato,  ogni riforma processuale, anche quella più innovativa, non risponderà alla domanda di giustizia e sarà destinata a fallire.

D’altronde, lo stesso art. 127 ter del codice di procedura civile, che di fatto istituzionalizza la trattazione telematica delle udienze, frutto della iniziale risposta del sistema all’emergenza pandemica, pur essendo strumento apprezzabile in alcune situazioni, svilisce in molti casi la stessa natura dell’udienza, non più pubblica, svuotata dal confronto tra gli avvocati delle parti, che, a loro volta, non hanno più alcuna interlocuzione con il Giudice. Quest’ultimo, poi, ancor più di prima, provvede in solitudine, nel segreto della sua stanza, trasformando in un ripetitivo rituale burocratico una delle più nobili attività umane, la ricerca della  giustizia e della verità.

Mai come ora ci vengono in soccorso le parole di Calamandrei: Il vero pericolo (per il magistrato) è un lento esaurimento interno delle coscienze, che le rende acquiescenti e rassegnate: una crescente pigrizia morale (..) che porta ad adagiarsi nell’abitudine, che vuol dire intorpidimento della curiosità critica e sclerosi della umana sensibilità: al posto della pungente pietà, che obbliga lo spirito a vegliare in permanenza, subentra (..) la comoda indifferenza del burocrate, che gli consente di vivere dolcemente in dormiveglia(..)”.  Con buona pace della Giustizia, quella vera. Ecco perché dobbiamo aspirare ad una riforma che  renda gli operatori della Giustizia più uomini e meno burocrati.

 

 

 

 

Michele Bartolo

Avvocato civilista dall'anno 2000, con patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori dal 2013, ha svolto anche incarichi di curatore fallimentare, custode giudiziario, difensore di curatele e di società a partecipazione pubblica. Interessato al cinema, al teatro ed alla politica, è appassionato di viaggi e fotografia. Ama guardare il mondo con la lente dell'ironia perché, come diceva Chaplin, la vita è una commedia per quelli che pensano.