“Avvocato? No, grazie”

di Michele Bartolo

Ha destato molto scalpore quanto scritto da un GIP del Tribunale di Roma in un provvedimento formale, ovvero  un avviso di fissazione di udienza camerale per delibare una richiesta di archiviazione nell’ambito di un procedimento penale. Ebbene, in tale provvedimento, il magistrato testualmente scrive: “(..) avvisa la persona indagata che è suo diritto non partecipare all’udienza (..) è doveroso per legge per il giudice, in relazione alla stessa, ove non dia mandato ad un difensore di fiducia, nominare e citare per l’udienza (..) un difensore di ufficio che, per legge (art. 31 disp.att.cpp), ha diritto di richiedere una retribuzione alla persona indagata che ha difeso e per la quale sia comparso all’udienza indicata. La persona indagata che, come suo diritto, non voglia comparire all’udienza  e voglia limitarsi ad attendere la decisione del Giudice, senza trovarsi  nella condizione di dover retribuire il difensore di ufficio, contatti quindi il difensore come sopra nominatole e lo inviti espressamente e formalmente, a mezzo pec o raccomandata a/r, a non comparire all’udienza fissata  ed in generale a non svolgere alcuna attività difensiva (..)”.

Avete capito bene. Non basta l’inserimento di tanti istituti alternativi, che dovrebbero tendere alla risoluzione in via stragiudiziale delle controversie, in realtà  occasione per la proliferazione di ulteriori soggetti ed organismi, aventi diritto a provvigioni e compensi vari, non è sufficiente l’aver di fatto abolito l’udienza pubblica, a favore di un sistema che predilige la decisione del giudice nel chiuso della sua stanza, adesso la professione dell’avvocato viene in modo palese attaccata e svilita, una funzione e un ruolo che viene ritenuto marginale e anzi fastidioso nell’ottica del funzionamento della macchina della Giustizia.

Peccato, però, che il diritto di difesa sia inviolabile in ogni stato e grado del giudizio e non può certamente essere il Giudice ad interferire, in modo diretto o indiretto, invitando l’indagato ad eludere o a rinunciare a un diritto costituzionalmente garantito.

Il Giudice sembra dire all’indagato, anzi lo dice in maniera espressa, che la presenza del difensore si risolve solo in un costo, mentre la  funzione difensiva, tutto sommato, deve ritenersi inutile  e superflua, ben potendo il cittadino limitarsi ad attendere la decisione del Giudice.

Detto in parole povere, basta aspettare e così si ottiene anche un bel risparmio in termini economici. Un provvedimento come tanti, una piccola aggiunta a penna ed ecco che un Giudice di un Tribunale della capitale spazza via articoli della Costituzione, principi fondamentali dell’ordinamento, in buona sostanza l’obbligatorietà della difesa tecnica nel procedimento penale.

Certamente è un diritto dell’interessato non partecipare all’udienza, ma il GIP avrebbe dovuto in modo corretto indicare i diritti e le facoltà spettanti all’indagato, spiegando semmai quanto sia opportuno difendersi anche e soprattutto nell’udienza camerale, unica sede per rispondere su eventuali memorie delle controparti e contrastare i documenti che sono stati prodotti, prima che magari lo stesso Giudice, così premuroso ed attento ai bisogni del comune cittadino, ordini al pubblico ministero di formulare l’imputazione.

Partecipare o non partecipare all’udienza con l’ausilio del difensore non è una decisione che può essere dettata da ragioni economiche né tanto meno svincolata dal sistema di garanzie che il nostro Stato di diritto ha approntato proprio per la tutela di tutte le parti coinvolte in un procedimento giudiziario.

E questo gli operatori del diritto, come i magistrati, dovrebbero saperlo molto bene.

La funzione processuale dell’avvocato rimane insostituibile, in quanto veicolo e filtro dei problemi, dei desideri e delle speranze di ogni cittadino, le cui istanze trovano in lui la giusta sintesi e la indispensabile tutela e rappresentanza.

Diceva il grande giurista Piero Calamandrei: “(..) Molte professioni possono farsi col cervello e non col cuore. Ma l’avvocato no. L’avvocato non può essere un puro logico, né un ironico scettico, l’avvocato deve essere prima di tutto un cuore: un altruista, uno che sappia comprendere gli altri uomini e farli vivere in sè, assumere su di sè i loro dolori e sentire come sue le loro ambasce. L’avvocatura è una professione di comprensione, di dedizione e di carità. (..)”. Gli interpreti di una funzione, a volte, possono non essere all’altezza, come tali passibili di censura o sanzione; ma la funzione no, quella rimane intoccabile, presidio di giustizia e libertà, nell’interesse dell’intera collettività. Con buona pace di tutti, anche dei giudici!

Michele Bartolo

Avvocato civilista dall'anno 2000, con patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori dal 2013, ha svolto anche incarichi di curatore fallimentare, custode giudiziario, difensore di curatele e di società a partecipazione pubblica. Interessato al cinema, al teatro ed alla politica, è appassionato di viaggi e fotografia. Ama guardare il mondo con la lente dell'ironia perché, come diceva Chaplin, la vita è una commedia per quelli che pensano.