Il degrado dei reperti archeologici nell’area di “Irno Center”.
Nel corso dei lavori e degli scavi, a partire dal 2010, all’interno dell’area di trasformazione urbana AT_PS_5 rientrante nel PUC (Piano Urbanistico Comunale) per il recupero e la realizzazione di un centro polifunzionale nei pressi dell’importante arteria di via Irno, numerosi elementi archeologici sono stati rinvenuti (ben descritti dalla dottoressa Daniela Pierno). L’area in questione è posta in prossimità del fiume Irno sul versante orientale, con pendenza est-ovest, e insiste sulle ultime propaggini dei colli di Giovi caratterizzati da numerosi valloni nei quali confluiscono molti corsi d’acqua, area particolarmente antropizzata che ha influenzato notevolmente la stratigrafia del territorio. La presenza dell’uomo, lungo il corso del fiume Irno risale, di fatto, a molti millenni fa: sulle sue sponde, oltre alla coltivazione dei campi, si trovavano mulini, strade e acquedotti.

Nell’area in questione, sono stati rinvenuti pezzi di ceramiche ad impasto con delle decorazioni a bugne, contenitori costituiti da impasto grossolano e alcuni con impasto semifine, tutti elementi che ben ci fanno comprendere come l’area fosse già abitata in età protostorica, quindi tra l’età del bronzo e quella del ferro (quest’ultima risalente all’incirca al XII secolo a.C.).
Incassata in un banco argilloso è la strada risalente al III secolo a.C. (età ellenistica) larga poco più di 4 metri e lunga 20 circa. Costituita da basolati con, al centro, pietre di origine calcarea di dimensioni minori, essa doveva collegare il centro etrusco-sannita di Fratte con un piccolo porticciolo posizionato nei pressi nell’attuale Carnale, su foce Irno. La strada risulta in buoni condizioni e mostra ancora i solchi lasciati dal continuo passaggio dei carri.
Sulla strada, inoltre, è stata rinvenuta una moneta (della zecca campana in bronzo) databile al III secolo a.C. Tra il I e II secolo a.C. Con la nascita della colonia romana di Salerno, la strada già vetusta era addirittura sepolta sotto uno strato di terreno, mentre faceva la sua comparsa un acquedotto che captava le sorgenti dell’area di Fratte e del territorio circostante al fiume. L’acquedotto, con orientamento nord-sud e parzialmente interrato, presentava inizialmente un canale (scavato in un banco argilloso) a sezione rettangolare con una copertura a volta e seguiva parallelamente il tracciato della strada basolata.
La struttura voltata è costituita da un conglomerato fatto da ciottoli di fiume amalgamati con malta idraulica per l’impermeabilità della struttura. Vi sono tracce di restauro, successive al terremoto avvenuto nel 62 d.C. che colpì duramente il vesuviano (era solo l’inizio dell’intensa attività sismica prima della forte eruzione del Vesuvio avvenuta qualche anno dopo) e, di riflesso, anche l’area salernitana.
Conseguenza di tale restauro è la presenza di tegole a doppio spiovente realizzate al posto della copertura voltata. Furono realizzati, inoltre, alcuni pozzi (in muratura avente come legante una malta unita a lapillo) realizzati per pulire il canale da eventuali detriti. Nei pressi dell’acquedotto è stata ritrovata, inoltre, una ulteriore strada con materiale ceramico, anch’essa orientata nord-sud, presente durante la manutenzione dell’acquedotto stesso, su cui è stata ritrovata, inoltre, una moneta in bronzo di zecca pestana risalente alla prima età imperiale. Si affiancava alla strada un canale che veniva utilizzato per l’irrigazione dei campi. L’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. distrusse in parte il canale dell’acquedotto che non fu più mai più recuperato. Durante lo scavo del cantiere vengono portate alla luce anche ben 9 tombe databili tra il VII e l’VIII secolo d.C. (quindi alto-medioevali). Sono tombe a cassa in tufo e a fossa terragna con la copertura piana. Realizzato il centro polifunzionale e recuperata, solo in parte, l’area archeologica in questione, il noto artista Pietro Lista venne ingaggiato per la realizzazione di alcuni disegni raffiguranti il territorio così come doveva presentarsi circa 2 millenni fa: con il fiume Irno da un lato e dei filari di alberi paralleli alle sponde del fiume (un ambiente bucolico riproposto in senso stilizzato dall’estro dall’artista). Si aggiunge ad esso un cartellone, sul quale si descrive l’area in questione, realizzato dalla Soprintendenza Archeologica della Campania.
La strada, purtroppo, allo stato attuale è malridotta. Ciò che rimane dell’antico acquedotto è anch’esso in precarie condizioni: su cui si ritrovano incrostazioni di urine e deiezioni umane.
Il luogo, inoltre, è spesso oggetto di scorribande di ragazzi che giocano a pallone o comunque trasformano l’area in una grande pattumiera.
Il cartellone che descrive l’area archeologica, inoltre, è quasi completamente imbrattato da scritte, mentre la stessa opera di Pietro Lista è stata ripetutamente vandalizzata con spray neri, pennarelli e gessetti. E’ questo un profondo degrado che, in realtà, riflette la grande miopia delle Istituzioni, sempre meno attente e sensibili nei confronti del Patrimonio Storico-Architettonico e Archeologico della città di Salerno e responsabili del degrado di tutto il territorio urbano. E’ un degrado che ormai non viene più denunciato da nessuno, in una città accecata dal luccichio di luci di dubbio valore artistico istallate per poco più di un mese, senza un reale riscontro economico e culturale.
