L’America si rimangia le sue conquiste: l’aborto si scontra con la Corte Suprema

di Pierre De Filippo-

È finita così, come fosse una partita di hockey su ghiaccio: 6 a 3. E invece a infrangersi contro le resistenti tesi della maggioranza della Corte suprema americana non è stato un disco di gomma nero ma una conquista che, quasi cinquant’anni fa, aveva spalancato all’America le porte della modernità: l’aborto.

La Corte a maggioranza repubblicana – decisivi sono stati i voti degli ultimi due innesti inseriti dalla Presidenza Trump, Brett Cavanaugh, noto per le sue posizioni omofobe, e l’ultraconservatrice Amy Coney Barrett – ha ribaltato la celeberrima sentenza Row versus Wade, che nel 1973 aveva riconosciuto l’aborto come tema meritevole di una protezione federale.

Da oggi non sarà più così – “la Costituzione non fa alcun riferimento all’aborto e un tale diritto non è implicitamente protetto dalla Costituzione” si legge nella decisione della Corte – e ogni Stato potrà legiferare autonomamente in materia.

C’è chi, come il Texas ed il Missouri, ha già fatto sapere che non perderà tempo, rendendo l’interruzione volontaria di gravidanza fuorilegge e punendo gli obiettori di coscienza.

Nel 1973 Norma McCorney è una giovane mamma di già due bambini ed è incinta del terzo. Suo marito è un uomo violento e lei non vorrebbe portare a termine la gravidanza. Semplice a dirlo ma quasi impossibile a farlo. La giovane – alla quale, per motivi di privacy, si decide di dare il nome di Jane Roe – si “scontra” Henry Wade, rappresentante dello Stato del Texas.

Gli avvocati della donna, alla fine, riescono a far passare in Corte Suprema l’idea che la decisione di abortire appartenga a quanto di più intimo e personale vi sia per una persona e che questo diritto vada tutelato, come tutto ciò che attiene alla privacy personale, dalla legislazione degli Stati Uniti d’America, sottraendolo a quella dei singoli Stati federati.

Questo assunto è stato ora cassato.

La Roe “era vergognosamente sbagliata fin dal principio. Le sue basi sono incredibilmente deboli e la decisione ha avuto conseguenze dannose. È giunto il tempo di rispettare la Costituzione e di restituire il tema dell’aborto ai rappresentanti eletti dal popolo”, riporta la sentenza che parla di importanza della “vita fetale”.

Il senatore repubblicano Mitch McConnell ha esultato dicendo: “milioni di americani hanno passato mezzo secolo a pregare, marciare e lavorare verso la storica vittoria di oggi per lo stato di diritto e la vita innocente. Sono orgoglioso di essere stato al loro fianco in questo lungo viaggio e condivido oggi la loro gioia”.

Ma l’America è spaccata sul tema. E lo ha dimostrato sia nei recenti sondaggi e sia nella votazione finale in Corte suprema: i tre giudici liberal si sono chiaramente espressi nella loro “dissenting opinion – le regole della Corte Suprema prevedono delle “posizioni di minoranza” per consentire al Paese di sapere chi e perché s’è discostato dall’opinione prevalente che ha decretato la decisione – e hanno scritto: “è triste che molte donne abbiano perso oggi una tutale costituzionale fondamentale”.

Dello stesso avviso Nancy Pelosi, la speaker democratica in Congresso, che ha parlato di “sentenza crudele”, Barack e Michelle Obama e Hillary Clinton.

Il Presidente Joe Biden ha sottolineato come oggi gli Usa siano “una eccezione” nel mondo e come questa sentenza “possa mettere in pericolo milioni di donne”.

Oggi l’America fa un deciso passo indietro e non perché l’abortismo sia il progresso mentre l’antiabortismo sia il regresso. Semplicemente perché ritenevamo di aver raggiunto un livello di tolleranza nei confronti delle scelte personali tale da consentirci di rispettare le opinioni di chiunque. Ed invece, torniamo a limitare, impedire, proibire.

Due i dati politici: il primo è che, in un Paese di common law, nel quale il “diritto” si fonda sulle sentenze più che sulle leggi, non è difficile trovarsi in situazioni di questo tipo, ribaltando precetti che sembravano ormai essere entrati nella quotidianità di tutti.

Il secondo è anche quello più cinico e, per questo, politicamente più rilevante: se la battaglia abortista avrà un buon seguito nell’opinione pubblica americana, Biden potrà agevolmente servirsene per le elezioni di mid-term.

In una dinamica così semplificata, della serie “due gambe cattivo, quattro gambe buono”, il messaggio “democratico abortista, repubblicano antiabortista” sarà semplicissimo da far passare.

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