La svolta della BCE fa infuriare il centrodestra
-di Pierre De Filippo-
Se ne discuteva da molto – da almeno sei mesi – ma, come spesso accade in questi casi, quando succede, quando poi si passa dalle parole, dagli annunci ai fatti c’è sempre quella angosciante sensazione di sorpresa che coglie gli interessati.
La BCE, diretta dall’argentea Lagarde, ha chiarito che, da luglio, s’interromperà il programma di Quantitative Easing – il prodotto del famoso “whatever it takes” che Mario Draghi pronunciò ormai dieci anni fa – e che i tassi d’interesse verranno aumentati, prima di 0.25 e poi di 0.50, per contenere l’alta inflazione di queste settimane, rendendo quindi il danaro più costoso.
Una mossa ritenuta da Francoforte ormai inevitabile e che, come detto, era stata già ampiamente anticipata nei mesi scorsi.
Ora, due sono le considerazioni da fare: la prima riguarda il modo col quale la politica – che, ricordiamo, nulla può rispetto alle decisioni in materia di moneta, demandate completamente alle banche centrali – ha reagito all’annuncio; la seconda alla reale adeguatezza delle misure prese.
La politica italiana come ha risposto? Come sempre fa in questi casi: buttandola in caciara e iniziando ad urlare al complotto e alla poca solidarietà delle istituzioni di Bruxelles verso l’Italia, come se questo fosse un provvedimento preso su misura per noi.
“BCE, Commissione e Parlamento europeo, è partito un attacco contro l’Italia, c’è chi specula e vuole svenderci come la Grecia”, tuona Matteo Salvini, che invita il suo partito alla mobilitazione per “reagire subito per difendere il lavoro e i risparmi degli italiani”.
Il tono apocalittico è quello di sempre, in prossimità di una tornata elettorale.
Per Tajani, “la signora Lagarde poteva aspettare qualche mese” e che sarebbe stato più giusto “attendere di far calare i prezzi dell’energia e poi decidere”.
Questa obiezione mi pare meno folkloristica.
La Meloni, dal canto suo, punzecchia Draghi: se è così autorevole come si dice, deve chiedere una compensazione per le nazioni che pagheranno di più.
Ma una compensazione andrebbe esattamente nella direzione opposta: sottrarre moneta all’economia dalla porta e ridargliela dalla finestra equivale ad una partita di giro (del vialetto, in questo caso): è inutile.
Enrico Letta si concentra sulla tenuta del governo: “ogni fibrillazione in più al governo ha effetti negativi sul debito. L’Italia, per il debito che ha, rischia seriamente con questa instabilità sui mercati”.
Conte, che contende la palma di melodrammatico a Salvini, ritiene che la svolta della BCE “creerà nuove difficoltà alle famiglie. Abbiamo tutti gli ingredienti per una miscela esplosiva…”.
Infine Calenda, per il quale la decisione è “inevitabile ma anche un po’ inutile” perché sarebbe servito molto di più “un tetto al prezzo dell’energia”.
E qui passiamo alla seconda considerazione: che conseguenze avrà questa mossa su di noi? Servirà davvero a raffreddare l’inflazione senza fare troppi danni all’economia?
Le misurate parole di Tajani e Calenda colgono il problema: con l’aumento – è bene chiarirlo ancora una volta, annunciato da quel dì e che si sapeva sarebbe intervenuto nel terzo trimestre dell’anno – dei tassi l’economia è entrata in fibrillazione, i mercati hanno bruciato 39 miliardi, Piazza Affari ha lasciato il 5% e lo spread è salito oltre il livello di guardia.
Era inevitabile? Sotto certi aspetti sì, almeno per dare un segnale.
È utile? Molto meno, perché questa inflazione che stiamo vivendo è figlia, lo sappiamo bene, della crescita drogata post-pandemia e dell’aumento dei prezzi dell’energia e delle commodities post-guerra.
Forse sarebbe stato più utile continuare a tassare gli extraprofitti e a spingere affinché le riserve di grano ferme nei porti ucraini venissero smobilitate.
Ma tant’è, va anche considerato che la Federal Reserve americana ha già aumentato i tassi e in maniera più pesante di noi. La Bce non avrebbe potuto fare diversamente.
Sarebbe comunque bene, in conclusione, uscire da questa dinamica provinciale per cui ogni cosa che accade nel mondo è fatta contro l’Italia, è fatta – manco fosse un abito d’alta sartoria – per noi, riguarda solo noi, incide solo su di noi.
Non siamo l’ombelico del mondo né, tanto meno, Calimero. Rendiamocene conto.
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