Il Convento di Santa Maria di Costantinopoli a Olevano sul Tusciano
Alle propaggini meridionali della complessa catena dei Monti Picentini il cui ampio panorama spazia su tutto il Golfo di Salerno, dalla Costiera Amalfitana alla Piana di Paestum fino al Cilento, il territorio di origine greco-etrusco di Olevano sul Tusciano è composto da un susseguirsi di borghi (Monticelli, Ariano, Salitto-Valle, bagnato, nella sua parte bassa, dal fiume Tusciano) che conservano numerose testimonianze del loro passato. Sul monte Castello si erge, ad esempio, l’antico Castrum Olibani (di origini romane) sul quale fu edificato, in periodo longobardo, un ulteriore castello (attualmente ridotto allo stato di rudere). All’interno di una cavità posta nei pressi del Monte Raione sorge, invece, un complesso religioso risalente al IX-X secolo d.C. dedicato a San Michele Arcangelo. Non lontano dal borgo di Salitto-Valle, ritroviamo, inoltre, su un falsopiano tutto rivolto a mezzogiorno svettano, poi, le mura di ciò che resta di un’ulteriore struttura religiosa: si tratta del Convento di Santa Maria di Costantinopoli. Realizzata nella metà del XVI secolo, la struttura fu luogo di grandi attività religiose gestite dai monaci domenicani. In precario stato di conservazione, il rudere conserva ancora oggi al suo interno numerosi elementi si alto pregio storico-architettonico.
La struttura riflette la classica tipologia conventuale del periodo rinascimentale. Posizionata ad oriente del complesso conventuale, la chiesa presenta una facciata completamente priva di decori ed è costituita da un portale centrale del quale rimane, a sinistra, solo una porzione della base del piedritto lapideo sormontato da un timpano.
Si può ammirare, inoltre, un grande finestrone al centro e un piccolo oculo nella parte alta della facciata. Lungo quasi 40 metri e largo 10 metri circa, l’interno, privo di tetto, è a navata unica con un ampio arco trionfale, sul fondo, che apre al presbiterio.
Il calpestio, al suo centro, è in parte crollato nella sottostante cripta. Ai lati ritroviamo una serie di nicchie: sette sul lato occidentale, 8 su quello orientale, alcune delle quali sono tompagnate.
Sorprendentemente, alcune nicchie conservano, ancora oggi, affreschi di buona fattura artistica risalenti al XVII e XVIII secolo, sebbene mal conservati e deteriorati dagli agenti atmosferici oltre che dai passati fenomeni tellurici. Ritroviamo scene tratte dal Vangelo, come la Presentazione al Tempio (ancora ben visibile) accompagnate, ai lati, dalla raffigurazione di santi domenicani e profeti, patriarchi e angeli.
Con il Decreto Regio di Gioacchino Murat del 1806, la scrittura conventuale venne soppressa, e la chiesa definitivamente chiusa nel 1915. Nell’Atlante Geografico del Regno di Napoli del Rizzi- Zannoni, datata 1808, si osservano segnalati i borghi di Monticello, Olivano Ariano,Valle e Salitto Castagneto, mentre in prossimità di Valle è evidenziata la sacra struttura col nome S. Dom.co.
Lungo la parte meridionale del presbiterio ritroviamo il campanile a pianta quadrata, ridotto anch’esso allo stato di rudere come quasi tutto l’area conventuale. Di particolare fascino ed eleganza architettonica risulta il chiostro, del XVI secolo, addossato lungo la parte meridionale della chiesa.
Di questo ambiente resta ben poco: il deambulatorio settentrionale con cinque colonne dagli eleganti capitelli, alcuni in stile dorico e altri in stile ionico, dai quali dipartono altrettanti cinque archi. Il porticato è costituito da volte a crociera, prive di intonacatura e mal ridotte.
Emblematica è una colonna con capitello ionico, posta nell’angolo sud-est del chiostro, che sorregge solo un breve tratto di volta. Il resto del chiostro, purtroppo privo dei restanti corridoi coperti, conserva un pozzo al suo centro.
Sul lato est, alla fine di un primo tratto di scala che porta al piano superiore verso i dormitori, si scorge un grande affresco probabilmente raffigurante un santo.
Attorno al grande chiostro insistono alcuni ambienti tra i quali una cappella ad ovest dalla particolare volta a botte lunettata, con alcune tracce di affreschi.
Sempre sul lato ovest del chiostro è presente un frantoio con tracce, al suo centro, del torchio e vasche per contenere l’olio (il convento sorge su un’area ricca di colture di olivi). A sud invece ritroviamo il refettorio e le cantine.
L’ampia area ad ovest, la più panoramica dalla quale si può ammirare l’intero complesso conventuale, è l’antico Ortus: un ampio giardino destinato ad orto per la coltivazione di piante officinali, circondato da un muretto che risulta essere lineare nonostante la differenza di quota presente tra il Convento e l’area più ad ovest. Sul punto più panoramico dell’Ortus è presente, infine, un belvedere a pianta rettangolare anch’esso privo di tetto. L’area conventuale di particolare bellezza artistica e architettonica, se consolidata e recuperata nel suo complesso, risulterebbe una grande opportunità di sviluppo culturale ma anche economico per l’intera comunità di Olevano. Dal PUC (Piano Urbanistico Comunale) del Comune di Olevano sul Tusciano, sul Preliminare di Piano – Emergenze ambientali, architettoniche e urbanistiche (elaborato C.9/2), l’immobile storico è indicato, da legenda, con la lettera n (Vincolo monumentale legge 1089/1939 – fonte Soprintendenza B.A.P. di Salerno e Avellino) e col numero 4 (Convento di Santa Maria a Costantinopoli- immobile vincolato art.45 ex Dlgs 42/2004 – Dd 15/07/2005). Inoltre con il numero 3 è indicata l’area Pertinenziale con cinta muraria. In realtà l’ex Convento potrebbe rientrare anche in (Aree da salvaguardare di notevole interesse architettonico e storico) indicate con la lettera J come il Castello o la Grotta si San Michele. La sacra struttura può essere paragonata, per bellezza e suggestione, al ben più celebre monastero di San Galgano, in provincia di Siena, e pertanto non può essere vittima dell’indifferenza di tutti. La Redazione del Salernonews24 vuol ringraziare Marianna Capodanno e il sito alla quale fa capo “Olevanosultuscianoarte.it”, associazione culturale rivolta allo sviluppo e conoscenza del territorio locale, per averci permesso l’ingresso all’interno dell’area conventuale che risulta essere di proprietà privata.
