L’Ucraina vince l’Eurovision Song Contest 2022

Era nell’aria e anche i bookmaker li davano per vincenti e loro, gli ucraini Kalush Orchestra, hanno vinto questa edizione dell’Eurovision Song Contest 2022. Un messaggio forte che l’Europa unita e desiderosa di pace invia a Putin.

Si dice spesso che la musica unisce… in generale è vero, ma questa edizione del contest ha assunto anche una valenza politica. Molti i riferimenti alla situazione in Ucraina soprattutto quando si è esibita la Kalush Orchestra, la cui canzone non è neanche malaccio se confrontata con le altre di questa edizione.

Ma torniamo alla musica. Fatta eccezione per pochi artisti che hanno proposto qualcosa di diverso, come il fado del Portogallo, la ballata romantica della Svizzera o la pseudo chanson française della Lituania, la musica di questa edizione dell’Eurovision è tutta uguale a se stessa: un pop commerciale, talvolta pacchiano, che ha una sola ragione di esistere, quella di ingrassare le tasche dell’industria discografica.

Questa edizione dell’Eurovision ha sancito in modo definitivo una solo cosa: qual’è la musica pop più ascoltata (e venduta) soprattutto dalle generazioni più giovani. È una musica confezionata all’ingrosso, prodotta con la stessa tecnologia da chiunque e sempre uguale a se stessa, indipendentemente dalla latitudine alla quale viene creata. Per gran parte della serata mi sono ripetuto spesso la frase “ma questa mi sembra di averla già sentita”.

Per fortuna la musica prodotta (in tutto il mondo) non è solo quella proposta sul palco dell’Eurovision Song Contest 2022. La musica  leggera, il pop contemporaneo di qualità esiste, ma va cercato altrove e senza andare neanche troppo lontano dal nostro stesso paese.

L’esibizione di Diodato nella prima semifinale, per esempio, è stata fantastica come fantastico è quel capolavoro di canzone intitolato “Fai rumore”.

E vogliamo parlare dei Maneskin (con Damiano infortunato e dolorante leggermente sottotono)? Si parliamone! Invidiati da tanti, sono saliti sul palco e hanno presentato il nuovo singolo, Supermodel, che diventerà sicuramente il loro nuovo successo. Un caso? Fortuna? Si e no. I Maneskin sono un gruppo di giovani musicisti, dotati e capaci, e se è vero che nella vita ci vuole sempre un pizzico di fortuna è anche vero che loro sanno scrivere canzoni rock, da quelle trascinanti e scatenate alle ballate più romantiche, che funzionano. Questo è un fatto, che gli invidiosi fanno fatica ad accettare.

La canzone di Mahmood & Blanco, lo dico senza mezzi termini, è una lagna che non mi piace, ma va detto a loro merito che quando si sono esibiti, in teatro tutti cantavano “Brividi”.

Se fossi costretto a definire questa kermesse in poche parole direi che l’Eurovision è un festival di Sanremo all’ennesima potenza, una vetrina dentro la quale tutti vorrebbero essere, vista la sconfinata platea di circa 200 milioni di spettatori.

Due parole vanno spese per i Look degli artisti. In generale molto discutibili, sempre in bilico tra il divertente e il goffo, l’inadeguato e il fuori misura. Quasi sempre funzionali alle performance, nessun abito indossato dagli artisti ha centrato l’obiettivo.

È doveroso, da parte di chi scrive, sottolineare la straordinaria organizzazione di tutto l’evento. Fantastiche luci e rapidi cambi di scenografia. Insomma una vera macchia da guerra quella messa in campo per far funzionare tutto.

Due parole, per chiudere, sui conduttori. Decisamente sotto utilizzati i tre sul palco torinese. Scaletta troppo rigida e poco generosa verso di loro. Troppo patetico e scontato il siparietto sulla gestualità italiana e l’omaggio a Domenico Modugno da parte della Pausini con una versione a cappella di “Nel blu dipinto di blu”. Sinceramente non ho trovato Malgioglio una figura particolarmente utile. Gli altri solo comparse. Decisamente fuori contesto l’esibizione di Gigliola Cinquetti con la sua “Non ho l’età”

Riparleremo dell’Eurovision l’anno prossimo con l’edizione che si terrà in Ucraina dove ci auguriamo sarà tornata la pace.

Nicola Olivieri