Per quale democrazia si combatte in Ucraina?
di Giuseppe Esposito
Dopo l’attacco e l’invasione dell’Ucraina da parte di Vladimir Putin, la gran parte dei mezzi di informazione ha cominciato a presentare il conflitto come uno scontro tra i fautori della democrazia contro il regime liberticida che vige in Russia. Ma siamo davvero certi che la parte che noi sosteniamo con aiuti, armi ed accoglienza di profughi sia davvero una democrazia?
Molti sono i dubbi in merito e molti sono coloro che testimoniano come questa visione idilliaca del governo ucraino sia un falso creato ad arte da coloro che hanno interesse in questa scellerata guerra. Ed i primi ad avere simili interessi vi sono indubitabilmente gli USA di Biden.
Nessuno dei sostenitori di questa versione idealizzata del conflitto, una versione manichea in cui sembra che tutti siano in grado di discernere chi siano i buoni e chi i cattivi, nessuno, ripeto, si è mai preso la briga di accertarsi che veramente l’Occidente si sia schierato a favore della democrazia contro un regime sicuramente illiberale. La domanda fondamentale è certamente questa: “È un regime democratico quello che vige in Ucraina?”
Qualcuno, che non si può certo sospettare di simpatie estremiste questa domanda se l’è posta ed ha anche cercato di dare una risposta, esponendo i fatti. Ci riferiamo a Barbara Spinelli, figlia di Altiero e di Hursula Hirshmann, cioè di due degli ispiratori del sogno di un’Europa unita e redattori del Manifesto di Ventotene, da cui ha preso origine la costruzione che oggi va sotto il nome di UE. Una democratica, dunque, su cui alcun dubbio è possibile, vista la sua vita e le posizioni assunte da giornalista e da rappresentante politica, anche in seno al Parlamento Europeo.
Una delle prime cose che fa notare la Spinelli è il fatto che, con il passare dei giorni, i neonazisti aggregati alle truppe regolari ucraine, asserragliati nell’acciaieria Azovstal di Mariupol, vengono indicati coi nomi più benevoli ed indicati come eroici partigiani, difensori estremi della indipendenza ucraina. Si dimentica completamente la loro storia recente e le loro azioni riprovevoli.
Persino il presidente Zalenskij, che aveva cercato di liberarsi della imbarazzante presenza del battaglione Azov, oggi tesse le lodi della sua eroica resistenza a Mariupol.
Sulle loro scellerate imprese nel Donbass tutti tacciono, persino gli inviati di guerra, sul campo di battaglia lasciano che il sipario cali sul passato dei suoi componenti. Nessuno che osi ricordare che le loro mani sono sporche del sangue di più di 14.000 morti, nella guerra che ha insanguinato il Donbass dal 2014. Nel corso della guerra contro i russofoni del sud est dell’Ucraina, sono stati commessi massacri e crudeltà indicibili.
Quando si tenta di riportare in luce la scellerata condotta dell’Azov, si arriva ad affermare che esso è solo una scheggia impazzita e lo si paragona ai movimenti neofascisti di casa nostra quali Forza Nuova. Si dimentica che i neofascisti nostrani non hanno al loro attivo nessuna strage.
Ma oramai l’ipocrisia regna sovrana sui mezzi di informazione dell’Occidente tutto e chi tenta di dire qualcosa che non collimi con la vulgata calata dall’alto è etichettato come filoputin.
Nella realtà, il battaglione Azov è un reparto organico alle forze arate ucraine, inserito nella Guardia Nazionale creata nel 2014, dopo i tumulti di Maidan. Ma oltre all’Azov vi sono forze politiche che ne condividono le idee quali Right Sector (Settore di Destra), National Drusina ed altre la cui influenza sul governo del paese non è certo da trascurare.
Sono quei gruppi su cui gli USA hanno puntato nel fomentare la rivoluzione di Euromaidan, il cui scopo era quello di recidere del tutto i legami tra Ucraina e Russia. Ed esse sono ancora oggi i capisaldi su cui si appoggia la politica americana per fare in modo che la guerra, una trappola in cui Putin si è lasciato attirare, vada avanti indefinitamente.
È per questo che Stoltenberg, segretario generale della NATO, si è affrettato a smentire Zelenskij quando questo ha lasciato intendere che sarebbe stati disposto a lasciare ai russi la Crimea.
Invece Stoltenberg ha affermato che i membri della NATO non sono disposti a lasciare la penisola alla Russia. Come se tali deisioni competessero alla NATO e non alla Ucraina. O forse è così che avviene in realtà e Zelenskij è solo un fantoccio manovrato da Washington?
Durante gli otto anni di guerra in Donbass, nel 2015 la Fondazione per lo Studio della Democrazia, una organizzazione civile russa, inviò all’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) un rapporto in cui si denunciavano le violenze commesse ai danni di oppositori e civili russofoni del sud est ucraino dai servizi paramilitari e neonazisti ucraini.
Nel rapporto erano menzionate le torture cui erano sottomessi i prigionieri. Si andava dall’elettrocuzione, alla tortura con bastoni di ferro, alla tortura delle unghie, al waterboarding, allo strangolamento tramite la garrota. Strumento questo chiamato “garrota banderista” in nome di Stapan Bandera, collaborazionista dei nazisti durante la seconda guerra mondiale. In altri casi i prigionieri venivano spinti a forza su campi minati o schiacciati sotto i cingoli di carri armati. Altre volte venivamo tenuti in ambienti gelidi e privati del cibo. Altre ancora si rompevano loro le ossa.
E lo stato ucraino? Essi ha sempre lasciati impuniti tutti quei crimini vietati anche dal trattato di Ginevra. La situazione è paragonabile a quella della prigione statunitense di Abu Graib o di Guantanamo. Sarà forse per questo che gli americani, che si arrogano il ruolo di paladini della libertà e della democrazia abbiano accettato senza alcun problema il contributo del battaglione Azv nella guerra in corso.
Ma accanto a ciò vi è anche il tentativo di manipolare la storia. Infatti in occasione della ricorrenza del 9 maggio, quando si commemora la vittoria degli alleati sul nazifascimo, il contributo fornito dall’ Armata Rossa viene sempre più considerato marginale, e si tende a mettere in luce come i semi di quella sciagurata ideologia ancora oggi allignano nel cuore dell’Europa.
Il Parlamento europeo si è segnalato nel 2019, per una singolare iniziativa, che si colloca sempre nell’alveo di manipolazione storica. In seno ad esso è stata approvata una risoluzione in cui si attribuisce la causa dello scoppio della seconda mondiale al trattato di non aggressione Moltov Ribbentrop firmato nell’agosto del 1939. Il contributo della resistenza russa all’invasione tedesca, coi suoi 28 milioni di morti è completamente ignorato.
Su tale terreno revisionista si è innestato il riarmo della NATO, contro ogni accordo preso con la presidenza sovietica nel 1990 ed il suo abbaiare sul confine russo.
Tutto ciò ha certamente posto le premesse per lo scoppio della guerra in corso. E se Putin ha sbagliato e va condannato per le distruzione che sta causando in Ucraina, non possiamo, per questo, assolvere gli americani, che ancora una volta, attraverso le parole si Stoltenberg hanno chiarito al mondo la loro scellerata intenzione di proseguire la guerra sine die. Tanto il prezzo sarà pagato degli ucraini prima e poi dagli europei tutti.
Come si possa rimanere proni alla volontà di Washington, da parte dei politici europei è ancora un mistero. Per fortuna sembra che qualche brano di resipiscenza continui ad affiorare nelle parole del presidente francese Macron e in quelle del cancelliere tedesco Scholz. Quanto a noi italiani, col capo di governo che ci ritroviamo, non resta che incrociare le dita.