13 Aprile 1967, muore il Principe De Curtis, per tutti, Totò
Il 13 aprile del 1967 Totò era impegnato a Cinecittà. Proprio quel giorno aveva girato le prime scene del film di Nanni Loy “Il padre di famiglia”; nel cast vi erano anche Nino Manfredi, Ugo Tognazzi e Mario Carotenuto. All’imbrunire l’attore montò sulla sua Mercedes per tornare a casa. Abitava, in quel periodo, in via Monti Parioli 4, a Roma.
Durante il tragitto disse al suo autista di sempre, Carlo Cafiero: “Cafiè, non ti nascondo che stasera mi sento proprio una schifezza.” Erano forse le prime avvisaglie di un malore più grave.
A casa, Franca Faldini, la sua compagna lo rassicurò alquanto, ma poi d’improvviso cominciò ad avvertire dei forti dolori allo stomaco. Franca spaventata chiamò il medico curante, che, subito accorso, gli somministrò dei medicinali e gli ingiunse di rimanere a riposo anche l’indomani. Seguendo quei consigli il giorno dopo Totò rimase in casa e chiacchierò con la compagna del futuro e delle vacanze estive che avrebbe voluto trascorrere a Posillipo, nella sua Napoli.
A sera, a cena, consumò una minestrina leggera ed una mela cotta, subito dopo fu preso da un intenso tremore e prese a sudare copiosamente. Franca capì che si trattava del cuore. Chiamò il suo cardiologo, il professor Guidotti, avvertì la figlia Liliana ed il cugino segretario Eduardo Clemente. Il medico, appena arrivato, gli somministrò dei cardiotonici, ma le condizioni dell’attore non migliorarono. Assopitosi, si risvegliò intorno alle due di notte e si rivolse al medico dicendogli: “Professò, vi prego, lasciatemi morire, fatelo per la stima che vi porto. Il dolore mi dilania, professò. Meglio la morte.”
Poi scorse accanto al letto il cugino e gli disse: “Eduà, ricordati di quella promessa, portami a Napoli.”
Infine si rivolse alla sua compagna per dirle: “T’aggiu vulurìto bene, Franca. Proprio assai.” Ma nel ricordo della figlia Liliana invece, le sue ultime parole furono: “Ricordatevi che sono, cattolico, apostolico, romano.”Infine alle 3.35 spirò. Era praticamente l’ora in cui abitualmente andava a letto.
Il 17 aprile la salma fu portata nella chiesa si Sant’Eugenio in vile Belle Arti e, dopo una semplice benedizione il feretro intraprese il suo ultimo viaggio verso Napoli. In città c’era ad attenderlo una folla oceanica. La bara fu portata nella basilica del Carmine Maggiore dove, intorno ad essa, su cui era poggiata la sua bombetta nera, si stiparono circa tremila persone. Fuori altre centomila avevano fatto ala al passaggio del feretro.
Dopo la messa, fu Nino Taranto, che era stato, tante volte, compagno di scena di Totò, insieme a Peppino De Filippo e a Renato Castellani, a pronunciare l’orazione funebre. Fu un discorso bellissimo e toccante. Interrotto di continuo dl groppo in gola dell’attore e accompagnato dalle lacrime di tutti i presenti. Si concluse al grido di: “Amico mio, questa Napoli affranta vuole farti sapere che sei stato uno dei suoi figli migliori e che non ti dimenticherà. Addio amico mio, addio Totò.”
Infine sempre tra le ali della folla Totò fu portata nella cappella della famiglia De Curtis, al Cimitero del Pianto, sulla collina di Poggioreale, dove da allora riposa.
