Le prospettive della guerra russa-ucraina
di Giuseppe Esposito-
Siamo oramai oltre il quarantaduesimo giorno del conflitto tra Russia e Ucraina, iniziato il 24 febbraio scorso, quando le truppe di Putin varcarono la frontiera dell’Ucraina, violando ogni regola del diritto internazionale.
Da allora stampa e televisioni si sono buttate sull’argomento abbandonando completamente le notizie sulla pandemia di cui si sono cibate per più di due anni, nonostante che il virus SARS-Cov2 sia ancora tra noi e mieta ancora vittime.
Certo la guerra che è tornata sul suolo europeo è un argomento che non si poteva trascurare, mi pare ovvio, ma ciò che disturba è il modo in cui tutti i media, almeno quelli italiani, hanno affrontato e trattano la materia: un coro monocorde, una mancanza di analisi e di ricerca delle cause, cosa di estrema gravità poiché si tratta di un conflitto annunciato. Le cose in generale non accadono per caso, ma nel caso specifico le ragioni del conflitto erano già note da tempo e nessuno si è preso la briga di intervenire per prevenire quanto andava preparandosi.
Così, oggi, la vulgata sul conflitto è una sola e le voci dissonanti, che pur ci sono, vengono tacitate ed isolate. Contro chiunque cerchi di avviare un dibattito oggettivo scatta la facile accusa di filoputinismo.
Si afferma, e con ragione, che in Russia Putin abbia instaurato un regime liberticida e poi si assiste, qui in Italia, ad una censura strisciante di chi vorrebbe almeno argomentare sulle cause del conflitto.
Eppure credo che se si vuole davvero giungere ad un –cessate il fuoco- e ad analizzare le possibilità di arrivare ad una pace, occorra partire dalle cause della guerra. Invece, semplicisticamente queste vengono fatte risalire alla sete imperialistica del dittatore russo. Questa estrema semplificazione impedirà di porre fine alla guerra e farà il gioco di chi ha interesse a che essa si protragga indefinitamente. Perché, anche se non lo si vuol sentire, c’è chi ha tutto l’interesse a lasciare che le armi continuino a far sentire la propria voce.
Mentre il popolo ucraino sarà costretto a pagare un enorme tributo di sangue e ad esporsi al rischio di un vero e proprio genocidio, v’è chi soffia sul fuoco. Questo conflitto sembra in realtà una guerra che gli Usa conducono per interposta persona contro quello che hanno dichiarato loro nemico principale.
A trarre vantaggio dalla guerra saranno solo l’America e la Cina che, mentre in Ucraina si muore, stanno a guardare in attesa di incassare il proprio dividendo. L’industria degli armamenti americana vede i propri affari andare a gonfie vele come non mai; gli USA stanno ottenendo il risultato di interrompere definitivamente i legami commerciali che legavano la Russia all’Europa. Alla fine spingeranno Putin tra le braccia dei cinesi, a cui, indebolito, l’autocrate russo dovrà sottomettersi.
L’Europa continuerà a subire la supremazia americana che le impedisce di assumere un suo proprio ruolo nello scenario globale e sarà costretta a pagare, in termini economici, un prezzo assai elevato, poiché, a differenza degli USA, non è autonoma dal punto di vista energetico.
Ma non c’è problema: gli americani sono pronti a venderci il loro shale gas, a prezzi di gran lunga superiori a quelli del gas di Putin. Quanto poi allo sbocco delle nostre produzioni sul mercato russo, dovremo rassegnarci a farne a meno. Del resto, la carenza di gas e petrolio costringeranno molte delle nostre imprese a chiudere e ad uscire dal mercato.
Dunque, il disegno globale dell’America appare ora abbastanza chiaro: dopo aver rischiato di dover abbandonare il proprio ruolo preminente sulla scena mondiale e rifiutandosi di ammettere che il mondo dominato da una sola superpotenza è oramai tramontato, gli USA, facendo ricorso ancora una volta alla vecchia dottrina Monroe adattata su scala mondiale, hanno deciso di armare per anni l’Ucraina, e di spingere all’estremo la provocazione contro la Russia di Putin.
Dal punto di vista della comunicazione hanno creato un personaggio assai efficace come Zelenskij, che si incarica di veicolare presso l’opinione pubblica mondiale la visione del mondo fedele agli interessi americani, ottenendo anche un grande successo, poiché ha alle spalle una lunga esperienza di uomo di spettacolo.
Peccato che questa volta lo spettacolo può avere delle implicazioni assai pericolose per il mondo intero e soprattutto per l’Europa e per un paese come il nostro che è il vero vaso di coccio, costretto a viaggiare tra vasi di ferro.
Ma a nessuno dei nostri politici, dei nostri giornalisti o dei nostri intellettuali viene in mente che su una questione così vitale bisognerebbe ragionare con la propria testa e curare, un po’ di più, quelli che sono i nostri interessi nazionali: essi appaiono tutti appiattiti sul verbo oltreatlantico, in maniera assolutamente acritica. Tutti a dichiararsi atlantisti ed europeisti, senza sapere cosa davvero vogliano significare quei termini e senza dare ad essi un nuovo contenuto, più in linea con la nuova condizione in cui il modo verrà a trovarsi alla fine di questa guerra. Una guerra che rischia di essere uno spartiacque tra il mondo finora conosciuto e quello che sta per delinearsi, quando finalmente si riuscirà a far tacere le armi.
Sarebbe oramai tempo di cominciare a riflettere su quelle che possono essere le vie d’uscita dal conflitto che sta distruggendo l’Ucraina, invece di porsi solo l’obbiettivo di annientare Putin. Obbiettivo perseguito, a quanto pare, dalla politica americana e che, in fondo, potrebbe anche non essere basilare per noi europei. In fondo, si potrebbe anche riflettere sul fatto che anche la Russia è parte dell’Europa e dunque, lacerazioni all’interno del nostro continente fanno solo il gioco di altri i cui interessi possono anche confliggere con i nostri.
Sulle possibili conclusioni del conflitto qualcuno ha cercato di immaginare le diverse vie possibili. Ad esempio Francesco Pallante, professore associato al Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Torino, in un suo articolo pubblicato sul sito Volerelaluna, il 14 marzo scorso, si prova ad immaginare quali possano essere le possibili uscite dalla crisi russo-ucraina.
La prima possibilità è quella che ha le minori chance di realizzarsi. Si tratta della vittoria del paese aggredito sulle forze dell’invasore. Troppo forte è il divario tra gli eserciti che si affrontano. Soprattutto se si tiene conto che finora la Russia di Putin ha messo in campo solo una quota parte di tutte le sue forze armate. Inoltre tutte le volte che qualcuno si prepara ad aggredire pianifica attentamente il suo intervento e si muove solo quando è sicuro di poter vincere. Anche se per il momento la resistenza ucraina può essersi rivelata più forte di quello che Putin avesse immaginato, ciò non toglie che le forze in campo sono divise da un profondo divario, che gli aiuti occidentali hanno, solo in parte attenuato. Per questo la Russia sarà costretta a pagare un prezzo più alto del previsto, ma è molto difficile che sia poi costretta a soccombere.
Le altre soluzioni appaiono ad un esame più realistiche. Ad esempio la più catastrofiche di tutte sarebbe quella che potrebbe portare ad un allargamento del conflitto, costringendo la Nato e l’Europa ad un impegno diretto sul terreno dello scontro. Una tale soluzione potrebbe avere come conseguenza quella di spingere Putin a ricorrere all’arma atomica, nel momento stesso in cui si vedrebbe stretto nell’angolo poiché in questo caso le forze contro di lui sarebbero di gran lunga più potenti. Una tale conclusione porterebbe di sicuro verso un olocausto globale ed all’estinzione della razza umana. Una soluzione che potrebbe sembrare simile a quella immaginata in tanti film di fantascienza e che porterebbe la realtà a superare tragicamente la fantasia.
Una terza ipotesi può considerarsi abbastanza probabile ed è quella che vedrebbe la sconfitta sul campo dell’Ucraina. Questa conclusione segnerebbe definitivamente l’inutilità di una organizzazione quale è l’ONU, che si dimostrerebbe incapace, come ha già avuto modo di mostrare in altre occasioni, di regolamentare l’uso della forza nella composizione di conflitti tra stati ad esso aderenti. Tale impossibilità è legata al diritto di veto che solo cinque paesi detengono. Tuttavia occorre ricordare che l’impotenza dell’ONU si è già palesata nel caso della guerra all’Iraq che è avvenuta contro il parere dell’organizzazione del Palazzo di vetro, quando due potenze, in possesso dell’arma atomica, ossia USA e GB hanno deciso di attaccare un paese sovrano senza alcun avallo ONU. Una ulteriore violazione del diritto internazionale da parte di paesi occidentali segnerebbe il riconoscimento della forza come mezzo di soluzione dei conflitti. Per l’umanità sarebbe un ritorno al passato, a quando nel secolo scorso nessun paese al mondo riteneva ingiustificato l’uso della forza per comporre i conflitti tra stati. Una tale regressione segnerebbe per sempre il diritto dei più forti di sopraffare i più deboli.
Vi è infine un’ultima possibilità e sarebbe, evidentemente la più auspicabile per la giustizia e per la convivenza pacifica tra le varie parti del mondo. Tale quarta vi d’uscita sarebbe quella nella quale i due paesi belligeranti, Russia ed Ucraina si sedessero ad un tavolo di trattativa e riuscissero a trovare un accordo per porre fine alla sciagurata guerra in corso. Accordo che non dovrebbe avere come conseguenza non una tregua, ma una soluzione duratura nel tempo che eliminasse, anche nel futuro, l’insorgere di motivi di contrapposizione.
Un accordo di pace presuppone che la Russia non sarà punita per aver scatenato il conflitto, ma addirittura trarrebbe vantaggio, poiché in un a trattativa vi è qualcuno che concede qualcosa e qualcuno che ottiene qualcosa. Potrà sembrare ingiusto che si debba riconoscere un qualche vantaggio all’aggressore, ma c’è forse chi riesce ad immaginare una diversa soluzione della tragedia in corso di svolgimento?
Tutte le altre alternative hanno come effetto o la distruzione della terra o la distruzione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo. E di certo nessuno può augurarsi tale tipo di conclusione.
Stabilito allora che l’unica via praticabile verso la fine della guerra è un accordo diplomatico viene di conseguenza da pensare che l’aver inviato armi all’Ucraina per prolungare la sua resistenza all’aggressore è stato un tragico errore. Con ciò non si intende affermare che non bisogna assolutamente inviare armi, in modo da abbreviare la possibilità degli ucraini di resistere alle forze dell’aggressore. I pacifisti non è questo che sostengono, ma essi invece propugnano l’idea che bisogna sostenere la resistenza ucraina solo in vista di una composizione diplomatica del conflitto. Con ciò si vuol dire che gli ucraini vanno sostenuti si, ma senza continuare a soffiare sul fuoco, demonizzando Putin, ma semplicemente occorre mettere in campo ogni sforzo per cercare di portare i contendenti ad un tavolo in cui ci si sforzi di trovare un giusto punto di accordo. Continuando invece ad esprimersi come di recente ha fatto il presidente americano Biden, non si fa altro che allontanare la possibilità di una fine della guerra ed un suo prolungamento sine die. Preludio questo alla cancellazione completa dell’Ucraina come paese ed allo sterminio del suo popolo. Ci pensino bene tutti i belligeranti da salotto che compaiono nei talk show televisivi e che riempiono le pagine dei giornali asserviti alla politica USA.
