Una misteriosa vicenda all’interno del Monastero di San Benedetto
La storia che segue, assai singolare, racconta di un evento accaduto nel medioevo, una leggenda che ha tutte le caratteristiche di un vero e proprio giallo. La vicenda si inserisce nella cornice dell’Orto Magno, nella parte orientale del centro storico di Salerno e, in particolare, all’interno chiesa del Monastero di San Benedetto, la cui fondazione risale al IX secolo, ovvero in epoca longobarda. Il Chronicon Salernitanum, infatti, parla già della chiesa distrutta nell’884, durante un’incursione improvvisa dei saraceni e ricostruita pochi anni dopo dall’Abate Angelario.
Ampliata, nel 1057, per mano dell’Abate Alfano, Arcivescovo di Salerno, con una impronta architettonica più autorevole, il suo interno è stato, inoltre molto probabilmente, anche sede della famosa Scuola Medica Salernitana. Con le leggi Napoleoniche, nel 1807, la chiesa viene soppressa passando, di fatto, all’amministrazione militare, per diventare quattro anni più tardi teatro per alcuni decenni. Nel 1857, l’immobile sacro ritorna ad essere parrocchia dedicata al Santissimo Crocifisso (in onore della croce presente al suo interno a cui è legata l’altra leggenda del mago Pietro Barliario e del miracolo del capo di Gesù, chinantosi in segno di perdono per tutte le sue malefatte).
Anche nella planimetria dell’ing. S. Malpica del 1862 -custodita nell’Archivio di Stato di Salerno- la chiesa è denominata, di fatto, col nome “Chiesa del Crocefisso”. Nel 1178 la chiesa è stata scenario di un increscioso delitto. Si narra che dei contadini dell’area di Faiano, sollecitati da alcuni monaci dello stesso convento, avevano bastonato e pugnalato a morte l’abbate di allora, Matteo.

L’allora monarco normanno Guglielmo II il Buono, venuto a conoscenza del delitto, avviò un’inchiesta alla ricerca dei presunti colpevoli. A conclusione dell’indagine, imprigionati i contadini, colpevoli, i sospetti si estesero anche al Priore del Monastero stesso, un certo Pietro. Quest’ultimo, tuttavia, non fu l’unico importante personaggio ad essere coinvolto, ma si puntò il dito anche verso un ulteriore Priore, ovvero Amato della chiesa di Faiano. Questa storia, avvolta nel mistero, non fu mai chiarita. Nemmeno l’allora Arcivescovo Romualdo Guarna (letterato e storico di alto spessore, oltre che medico, autore del “Chronicon sive annales” in cui si descrivono eventi e personaggi a lui contemporanei o anche antecedenti) affronta l’argomento come aveva fatto per tutte le altre cronache della storia salernitana.
