E se Di Maio avesse trovato la sua dimensione?

In un twitt del pomeriggio, Dmitry Kuleba, l’ormai arcinoto ministro degli Esteri del governo di Kiev, ha espresso parole al miele per il suo omologo italiano, per il nostro Luigi Di Maio.

Kuleba ha sentito “l’amico Di Maio”, al quale ha espresso “la gratitudine per il sostegno all’Ucraina in questo momento difficile. Abbiamo discusso di ulteriori sanzioni alla Russia e di altri modi in cui l’Italia può aiutare l’Ucraina a difendersi dall’aggressione russa”.

Il rapporto tra i due è sempre stato molto stretto e affettuoso, se così possiamo definirlo; la solidarietà italiana non è mai mancata e Luigi – per gli amici e, soprattutto, per i detrattori Giggino – non ha mai avuto ambiguità rispetto alla sua posizione.

Mai una sfasatura, mai un sospetto di collaborazionismo. Un pasdaran all’italiana quasi.

Anzi, semmai l’unico scivolone l’ha preso per la troppa foga di criticare Putin, definito “un animale”, salvo poi ritrattare e rendersi conto che, se facciamo diplomazia e definiamo animali i nostri avversari, non la stiamo certamente facendo nel migliore dei modi.

Ora, una precisazione va fatta: la struttura della Farnesina è talmente tanto organizzata, talmente tanto professionale, talmente tanto solida, talmente tanto eccetera eccetera da sgravare di molto i compiti del ministro di turno – che passa, mentre il segretario generale resta – e semplificargli la vita.

Ma, dobbiamo ammetterlo, pare proprio che Giggino o’ bibbitaro, come “amichevolmente” tutti almeno una volta nella vita l’abbiamo chiamato, pare aver trovato in quel bel palazzo la sua vera dimensione. Peccato, anzi, non averci pensato prima.

Agli Esteri deve parlare poco italiano, che sappiamo non essere esattamente il suo forte; deve parlare poco e, spesso, con copione alla mano; deve acconsentire col capo e, pazienza, se qualche parola dell’interlocutore se la perde.

Deve fare, in una parola, il democristiano, cosa che abbiamo sperimento riuscirgli molto bene.

Quella di Di Maio è una parabola che davvero non si sa che piega potrà prendere. Sì perché ha delle doti di resilienza non indifferenti; mentre il suo amico “Dibbattista” ha preso a frequentare Paesi esotici e studi televisivi ancora più esotici, parlando di missili “supersonici” confondendoli con quelli ipersonici, lui è lì, placido come solo gli irpini sanno essere.

Con quell’abbronzatura un po’ alla Carlo Conti che ci fa simpatia e quello sguardo alle volte vispo e sbirulino e, alle altre, di chi si è appena svegliato dopo una nottataccia.

È lui, quello di sempre ma diverso da come l’avevamo conosciuto: il più prudente a non voler bruciare il nome della Belloni per il Quirinale mentre il suo leader politico – “il punto di riferimento per i progressisti”, sì quello dei Decreti sicurezza – Giuseppe Conte e l’uomo del Papeete l’avevano già detto a tutti in piazza.

Prudenza Giggì, prudenza e sarai ricompensato, pare gli abbiano detto. E lui, pare, abbia ascoltato.

Invitante, suadente, splendido e splendente, Luigi Di Maio, l’amico di Kuleba, forse non s’è assicurato un posto nella storia ma, probabilmente, nel prossimo Parlamento sì. E se gli va bene anche nel prossimo governo.

Gli scettici, i critici devono fare mea culpa? È presto, prestissimo.

Diciamo solo che lì dove sta ora, alla Farnesina, male non fa. Diverso sarebbe se lo mandassero all’Istruzione. Ecco, questa eventualità la eviterei calorosamente.

 

Pierre De Filippo Pierre De Filippo

Pierre De Filippo

Ultimi articoli di Pierre De Filippo