Dietro le parole di Biden a Varsavia
-di Giuseppe Esposito
L’intervento del presidente americano Joe Biden sul confine tra Polonia e Russia ed il suo discorso nella piazza del Castello reale di Varsavia ci fanno capire quanto poco tengano gli Usa ad una via diplomatica per la risoluzione della crisi tra Russia ed Ucraina.
Un presidente degli Stati Uniti che va fin sul confine russo a definire il presidente russo un “macellaio” e ad affermare a Varsavia che “quell’uomo non può rimanere al potere”, costituisce una provocazione tale da costituire un ostacolo difficilmente superabile sulla via della ricerca di un accordo diplomatico per far cessare il massacro in corso in Ucraina.
Non che nelle sue parole non ci sia verità a proposito della figura di Putin, quale dittatore, ma non si può provocare la controparte con cui si pensa di sedere ad un tavolo di trattativa.
Sembra assai difficile che una tale considerazione possa essere sfuggita ad un presidente americano e, dunque, ciò ci induce a pensare che egli abbia volutamente provocare l’avversario, perché, in fondo, il suo obbiettivo non è quello del –cessate il fuoco-, ma quello di perseguire l’isolamento della Russia e l’interruzione dei suoi legami con l’Europa.
Ma questo atteggiamento americano non è nuovo ed è presente già alla fine del secondo conflitto mondiale, ossia nell’arco dell’ultimo settantennio, si basa cioè su un qualcosa di molto più antico, cioè su quella che viene definita la Dottrina Monroe.
Essa è dovuta a James Monroe, presidente degli Stati Uniti dal 1817 al 1825 e fu enunciata nel suo “Discorso sullo stato dell’Unione”, pronunciato nel dicembre del 1823 in cui affermava la supremazia degli Stati Uniti su tutto il continente americano; da quel momento in poi gli Stati Uniti non avrebbero più tollerato alcun intervento esterno nelle Americhe.
Ma nel corso del tempo quella che era una dottrina riguardante solo il suolo americano è stata, mano a mano, espansa proiettandola sull’intero pianeta.
In base a tale allargamento della dottrina è stato affermato il diritto degli Stati Uniti di appropriarsi delle materie prime e, soprattutto, di quelle energetiche, in qualunque parte del globo esse fossero giacenti, anche provocando conflitti convenzionali contro quei paesi che non fossero stati disposti a cedele. Da ciò conflitti ed interventi militari in Iraq, Libia, Bosnia, Afghanistan, per non parlare di quelle più antiche di Corea e Vietnam.
In base a tale dottrina, nel secondo dopoguerra gli USA utilizzarono come pedine gli ex nemici Germania e Giappone per spingere, ad est la NATO, sempre più prossima ai confini dell’ex Unione Sovietica e, ad est, per creare un bastione contro l’allargamento dell’influenza di paesi quali Cina e Russia.
A proposito della politica americana già, nel lontano 1940, Mai Tse Tung ebbe a dire:“Gli Stati Uniti sono la Dottrina Monroe più il cosmopolitismo: quello che è mio è mio, quello che è tuo è mio.”
Se vi riflettiamo potremmo affermare che dalla fine della seconda guerra mondiale non vi sia stata, a Washington, amministrazione che non abbia avuto come stella polare la vecchia dottrina Monroe, i Bush, Obama, Trump ed oggi Biden non fanno altro che applicare quei vecchi concetti alla loro politica internazionale.
E affinché gli USA possano continuare in questa loro direzione occorre che l’Europa sia tenuta in uno stato di nanismo politico ed ingabbiata nella NATO, affinché non abbia autonomia né dal punto si vista politico, che da quello militare. La Russia va isolata e vanno interrotti i suoi rapporti con L’Europa, anche correndo il rischio di gettarla nelle braccia della Cina. Quest’ultima alla fine risulterà l’unico vincente e la sua supremazia diverrà davvero inarrestabile, a scapito di tutti gli altri paesi del mondo.
Al fine di mantenere inalterata la propria politica gli americani appaiono disposti anche a rischiare lo scoppio di un terzo e letale conflitto mondiale. Ancora una volta va ricordato il detto latino “Deus dementat quos perdere vult”. Speriamo che stavolta quel Dio abbia misericordia di noi.
