Crisi Ucraina, una voce fuori dal coro

di Giuseppe Esposito-

L’informazione in Italia oggi appare tutta completamente appiattita su quello che si suol definire pensiero unico. La vulgata di giornali e televisioni sulla crisi in atto in Ucraina è una sola. L’interpretazione dei fatti viaggia a senso unico ed appare all’ascoltatore alquanto manichea. In tale narrazione vi è da una parte il cattivo, ossia il presidente russo Putin e dall’altra il valoroso ed eroico condottiero della resistenza ucraina, il presidente Volodimir Zelens’kij, interprete della volontà popolare ucraina, votata al sacrificio, pur di non cedere alla violenza dell’aggressore. Non vi è nei dibattitti alcuna voce discordante. La schiera di esperti di questioni militari e di politica internazionale, che ha sostituito nei talk show quella dei virologi e degli epidemiologi, recita compatta la stessa parte, sostegno agli aggrediti e isolamento della Russia come unica soluzione per uscire dalla terribile situazione attuale. Anzi pare che tutti abbiano indossato l’elmetto, presi da una vocazione militarista. Chi parla di pace è additato come seguace di Putin. Nessuno che si ponga il problema di come arrivare ad un cessate il fuoco, mentre il massacro di civili ucraini continua senza sosta. Possibile che nessuno si chieda davvero se e quali siano le opzioni che possono portare i contendenti a sedersi intorno ad un tavolo. Sembra essere regrediti di un secolo, al tempo in cui le controversie tra gli stati si risolvevano col ricorso alle armi.

In questa circostanza, l’unica che avrebbe potuto indurre i contendenti a discutere, organizzando una conferenza di pace sarebbe stata l’Europa. Ma il nostro continente, come ha icasticamente indicato il professor Luciano Canfora, nel titolo di un suo libro uscito qualche anno addietro, è un “Gigante incatenato”. Essa è infatti ingabbiata in un’alleanza nata nel 1949, il cosiddetto Patto Atlantico, meglio conosciuto con la sigla NATO. Il dominus di tale alleanza sono gli Stati Uniti e l’Europa non può prendere nessuna decisione autonoma.

Va detto che quell’alleanza era nata con scopi difensivi ed invece negli ultimi anni ha assunto un ruolo estremamente offensivo, come testimoniano la guerra scatenata nella ex Jugoslavia, in Iraq o in Afghanistan. Pertanto l’Europa nulla può per spingere i contendenti a discutere, priva com’è di un suo prestigio autonomo dalle influenze di oltreoceano. Nessuno dei commentatori si prende mai, però, la briga di analizzare quelle che sono state negli ultimi le politiche degli Stati Uniti.

Ben venga dunque una voce fuori da coro che aiuti a gettare uno sguardo dietro tutto ciò che è alla base dello scoppio della più grave tra le crisi sorte in pieno territorio europeo dopo la fine della seconda guerra mondiale.

Certo, il presidente russo Putin non potrebbe mai essere annoverato tra i buoni, poiché nulla giustifica la sua vile aggressione e soprattutto la crudele carneficina di civili che le sue truppe in Ucraina stanno provocando.  Ma siamo sicuri che dall’altra parte il presidente Zelens’kij sia davvero il cavaliere senza macchia postosi alla testa della resistenza del suo popolo all’invasore?

Da questo punto di vista è assai interessante l’intervista al professor Luciano Canfora fatta dal giornalista de “Il Riformista”, Umberto De Giovannangeli.

I punti salienti di tale intervista sono i seguenti:

  • Circa la visone della guerra in atto come scontro tra un’autocrazia ed una democrazia, il professor Canfora si chiede se si può veramente definire democratico un governo giunto al potere con un colpo di stato come quello che ebbe luogo nel 2014. Il colpo di stato, che si sospetta fortemente sia stato fomentato dagli americani, portò all’abbattimento di Yanukovich, filorusso e, dopo varie vicende, all’elezione di Zelens’kij. Quel colpo di stato potrebbe essere paragonato, in fondo a quello di al Sisi, in Egitto, contro i Fratelli musulmani.
  • Quanto al presidente Zelens’kij quale campione della democrazia, Canfora richiama i suoi passati affaristici ed i suoi legami con Joe Biden ed il figlio Hunter. Una storia di corruzione e di intimidazioni. In fondo quindi gli ideali per cui Zelens’kij dice di voler combattere potrebbero avere dei risvolti assai meno nobili e la sua rigidità potrebbe arrecar molti danni al suo paese ed al suo popolo.

Sui rapporti tra i Biden e l’Ucraina assai interessante appaiono le rivelazioni fatte dal New York Post e che richiamano vicende archiviate al tempo delle elezioni presidenziali come tentativo di disinformazione russa per influenzare le elezioni americane. Oggi invece il direttore dell’intelligence americana, John Ratcliff, ha dichiarato che la “disinformazia” russa non c’entra nulla e che i comportamenti assai censurabili dei Biden in Ucraina sono realtà. Nell’intervista il professore richiama, il ritratto, assai poco lusinghiero,  che il quotidiano britannico Guardian fece nel 2021 del presidente Zelens’kij come affarista.

Da questo punto di vista i concetti di libertà e di democrazia, tanto sbandierati in questi giorni, dal presidente ucraino potrebbero anche prendere i colori della propaganda.

Quanto alla narrazione di tutti i nostri mezzi di informazione il professore non usa mezzi termini e definisce spaventoso l’intero nostro apparato informativo. Paragonabile, a suo dire, al famigerato Minculpop mussoliniano. Lo schierarsi compatto di tutta la stampa, senza eccezioni, su un’unica posizione fa sorgere il sospetto che essa obbedisca in blocco a ordini che arrivano dall’alto, con buona pace della funzione della stampa come quarto potere o guardiano dei potenti.

Quanto alle accuse rivolte a coloro che manifestano per la pace di essere dei filo-Putin, Canfora definisce tale atteggiamento come maccartismo allo stato puro. E si ricordi che il maccartismo fu un fenomeno assai triste dell’America appena uscita dal secondo conflitto mondiale. Una sorta di caccia alle streghe.

Afferma poi Canfora che per poter davvero esperire dei seri tentativi di comporre diplomaticamente la grave crisi in atto, occorre conoscere il passato e tutto quanto ha portato all’innesco della crisi stessa.

Il passato recente di quella parte del mondo è legato alla fase finale dell’esistenza della vecchia Unione Sovietica. A quel tempo a capo dell’impero sovietico vi era Michail Gorbaciov. Questi propose in un primo tempo di realizzare con l’Europa una casa comune, ma poiché la cosa non era ben vista dagli Stati Uniti, che temevano la formazione di un attore dello stesso loro livello sullo scacchiere mondiale, la proposta di Gorbaciov fu respinta al mittente. Dopo Gorbaciov arrivò al potere Eltsin sotto il quale nacque la Confederazione degli Stati Indipendenti, la CSI. Di essa facevano parte la Russia centro asiatica, l’Ucraina, la Georgia ed i paesi baltici.

Nel frattempo dopo la caduta del muro di Berlino erano stati avviati i negoziati per la riunificazione delle due Germanie.  A quei colloqui prendevano parte i rappresentanti di USA, Gran Bretagna, Francia e Germania ovest. Alla fine dei colloqui il rappresentante americano Raymond Seitz dichiarò:

Abbiamo promesso all’Unione Sovietica nel corso dei colloqui 4+2, così come nei colloqui bilaterali tra Washington e Mosca, che non intendiamo sfruttare strategicamente il ritiro delle truppe sovietiche dall’Europa centro-orientale e che la NATO non dovrà espandersi oltre i confini della nuova Germania né formalmente né informalmente.”

Impegno in seguito non rispettato poiché nell’alleanza furono ammessi paesi quali la Polonia, L’Ungheria, la Repubblica Ceca, la Lituania, la Lettonia e l’Estonia.

Nel 2014 vi fu nell’Ucraina una rivolta, cosiddetta di Maidan, fomentata con tutta probabilità dagli americani, che portò all’abbattimento del presidente Yanukovich filorusso e di seguito all’elezione di Volodimir Zelend’kij a presidente dell’Ucraina. Gli Stati Uniti hanno continuato per tutto il periodo a fornire armi all’Ucraina anche durante la guerra civile scatenatasi dopo il tentativo di distacco delle repubbliche del Donbass.

Dopo l’avvento al potere del presidente attuale l’Ucraina ha chiesto di entrare nella UE e di aderire alla NATO. Il che si configura come ulteriore violazione dei patti richiamati da Raymond Seitz, circa il non allargamento della NATO ad est.

La crisi in atto era dunque prevedibile da lungo tempo, ma nulla hanno fatto gli americani per scongiurarla. In realtà l’Ucraina è divenuto il terreno di scontro tra gli Usa e la Russia di Putin e paga oggi tutti gli errori commessi dalla politica americana in questi trent’anni. Il futuro sbocco della crisi appare al momento assai incerto e pericoloso, soprattutto alla luce delle posizioni intransigenti dei responsabili ucraini che continuano ad invocare l’intervento armato della NATO nello scontro in atto. Ma forse anche alla base di quest’atteggiamento vi sono colpe degli USA i quali avevano probabilmente illuso gli ucraini che in caso di conflitto con la Russia non sarebbe loro mancato il loro l’appoggio, anche militare. Promesse assai azzardate e che ci fanno correre il rischio di conflagrazione del terzo conflitto mondiale le cui conseguenze non sono immaginabili.

Veramente sembra che nessuno dei protagonisti abbia la seria intenzione di giungere ad una pace concordata che dovrebbe, invece, esser l’obiettivo comune. Nel caso si riesca a scampare al grande pericolo che incombe sopra le nostre teste, sarebbe auspicabile che l’Europa trovasse davvero la forza e la volontà di prender il posto nel mondo che le compete. Per farlo occorre che riesca a spezzare quelle catene che avvincono il gigante richiamato nel titolo dell’opuscolo di Canfora.

 

 

Giuseppe Esposito

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