Guerra in Ucraina: un drammatico Risiko da cui nessuno ne uscirà migliore

di Pierre De Filippo-

È un Zelensky carichissimo – nel senso di concentrato e sul pezzo, ci mancherebbe – quello che oggi parla, scrive, interviene, twitta e posta. Vuole far sentire la sua voce, vuole continuare a far sentire la sua voce anche per tenere vivo il morale dei suoi concittadini. È lui il loro sprone, con quel tono e quella retorica da attore che oggi gli tornano utilissimi.

Parlando con Naftali Bennett, primo ministro israeliano, questi gli avrebbe consigliato di arrendersi e accettare l’accordo con Putin. Neanche per sogno, gli ha risposto con l’orgoglio tutto ucraino, noi andiamo avanti, noi vinceremo la guerra.

“Anche perché” dice in un videomessaggio “le truppe russe stanno soffrendo le loro peggiori perdite. Il più grande colpo alle truppe russe in decine di anni…”.

E, però, poi ci sono i conti in casa propria che ciascuno deve fare: “1.330 miliari ucraini sono già morti in battaglia finora. I nostri diplomatici stanno lavorando e hanno parlato di alcuni punti di possibile accordo tra noi e la Russia. Il processo di pace deve iniziare col cessate il fuoco”.

Nonostante ciò, però, la situazione in Ucraina rimane più che precaria e altamente drammatica: nella città meridionale di Mykolaiv, le autorità ucraine hanno accusato l’esercito russo di aver colpito un ospedale oncologico il terzo in tre giorni, dopo quello pediatrico e quello psichiatrico, proprio a voler colpire i più fragili ed esposti – e degli edifici residenziali.

Nella notte, l’allarme è suonato per due ore anche a Leopoli – dove si sono stabilite tutte le ambasciate occidentali – un tempo che è perso infinito. A Kharkiv, invece, continuano a contarsi le vittime: sono cinque quelle della nottata, tra cui due bambini. E le fosse comuni continuano a riempirsi di innocenti.

È stata bombardata anche la moschea di Mariupol. Di epoca ottomana, era diventata il rifugio di molti ucraini-turchi, che vi avevano trovato riparo, forse protetti anche dalle mani del loro Dio.

È stato distrutto l’aeroporto militare di Vasylkiv, nei pressi di Kiev. Tra i danni, anche l’esplosione ad un deposito di armi e munizioni.

Ed è definitivamente passata sotto il controllo russo la centrale nucleare diZaporrizia”: Mosca, che avrebbe già inviato una squadra di 11 ingegneri, avrebbe comunicato allo staff della centrale che ora a dirigere i lavori sarà il Rosatom, la società russa che si occupa di gestire le centrali in patria.

È un triste e livido elenco di fatti e circostanze, perché triste e livida è la cronaca di questi giorni e non avrebbe senso indorarla con frasi ad effetto, drammatizzazione o sdrammatizzazioni di sorta. Quest’è, per ora.

Dal canto suo, Mosca ha risposto infastidita alle tante e corpose sanzioni che l’Occidente le sta infliggendo. “La Russia annuncerà presto sanzioni contro i Paesi occidentali, compreso gli Stati Uniti. L’Occidente ha dichiarato una guerra economica alla Russia”. L’avvertimento è chiaro: non faremo sconti a nessuno, agli Stati Uniti, alla Nato, all’Europa e le conseguenze delle ritorsioni del Cremlino saranno “gravissime”.

Proprio ieri, la Nato aveva tenuto a precisare che non si puntava “ad una guerra contro Mosca” ma che il suo atteggiamento tutto era fuorché aperto alla ricerca di una pacificazione.

Le telefonate tra i leader si rincorrono. Ieri Zelensky è tornato sulla freddezza con la quale Bruxelles avrebbe accolto la richiesta di adesione dell’Ucraina alla Ue, dicendosi dispiaciuto e amareggiato. Fa il suo e c’è da capirlo e rispettarlo.

È possibile fare un bilancio? Forse no.

C’è, però, da dire una cosa: se è vero che ogni giorno che passa senza che Kiev capitoli è un giorno che allontana Mosca dalla vittoria finale, è anche vero che, col passare del tempo e con le risorse che iniziano a finire, sarà sempre più Kiev in difficoltà rispetto a Mosca.

È un drammatico Risiko dal quale nessuno uscirà meglio di come è entrato.

Speriamo solo che alla fine rimanga qualcosa da salvare.

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