Un tragico risveglio per il mondo
-di Giuseppe Esposito-
Una mattina ci siamo svegliati ed abbiamo dovuto prendere atto che il mondo non era più quello che credevamo fosse fino ad ieri. Il mondo che era stato raccontato all’opinione pubblica dei paesi occidentali dai media asserviti al potere economico e politico si è dissolto d’improvviso. Il fragore dei bombardamenti russi in Ucraina ci hanno d’un tratto risvegliati.
Quel mondo, così come era percepito in Occidente aveva cominciato a disgregarsi già da una trentina d’anni. La causa del suo disfacimento risiede nelle politiche miopi portate avanti da una classe dirigente americana ed europea incapace, con un visione distorta del mondo e votata ad un capitalismo vorace e rapace, fautrice del bieco neoliberismo che si è andato affermando grazie a figure discutibili come Margaret Thatcher, Ronald Reagan, Tony Blair ed i Bush padre e figlio.
Sulla spinta di quelle scellerate dottrine economiche è stata portata avanti una globalizzazione dagli effetti disastrosi sulla società occidentale. Tali teorie hanno trasformato la Cina nella fabbrica del mondo, favorendone l’eccezionale e rapido sviluppo ed impoverendo invece le economie occidentali e privando spesso i paesi dell’intero apparato produttivo. In tal modo la Cina, che era sempre stato un gigante fragile ed un paese arretrato, si è trasformata in una potenza dall’economia ibrida e fiorente, con un governo imperialista che basa la propria politica su una visione del mondo inficiata da un razzismo diffuso.
L’incompetenza e la modestia della classe politica europea e la insana competizione innescata tra i paesi stessi dell’eurozona ci ha consegnato, irresponsabilmente, nelle mani di un autocrate con nostalgie imperiali, dal quale dipendiamo per buona parte dei nostri approvvigionamenti energetici. Una insana follia. Verrebbe da commentare con i latini : “Deus dementat quos perdere vult”.
L’imperialismo americano non ha mai smesso di seminare in giro per il mondo focolai di guerra, sulla spinta di teorie capitalistiche il cui risultato è stato l’aumento abnorme delle disuguaglianze e di una diffusa sofferenza sociale.
La sconfitta del comunismo sancita anche dalla caduta del muro di Berlino, nel 1989, mise fine alla Guerra Fredda, ma la miopia delle classi dirigenti occidentale hanno trasformato quell’occasione di ricostruzione della società in una tragica avventura. Cessato il bipolarismo che aveva caratterizzato il pianeta a partire dal secondo dopoguerra, si è andato consolidando un sistema multipolare, in cui all’egemonia americana si contrappongono oggi regimi antidemocratici quali la Russia e la Cina.
La classe politica occidentale e, soprattutto, quella americana, ne esce gravemente sconfitta e porta su di sé la responsabilità della instabilità che caratterizza il mondo di oggi.
L’opinione pubblica mondiale drogata da una informazione di media asserviti al potere ed alla finanza ha dovuto, bruscamente, aprire gli occhi su un mondo cui non era affatto preparata.
Oggi l’Occidente deve assistere impotente all’aggressione russa dell’Ucraina. Di fronte a questo atto barbaro di guerra sembrano meravigliarsi tutti, sebbene i prodromi di tale modo di intendere la politica da parte di Putin si fossero già manifestati nel caso dell’annessione della Crimea e della Bielorussia, della Transnistria, della Abkhazia e dell’Ossezia. Tutte regioni interne ad altri stati, ma finite sotto l’influenza politica ed economica della Russia di Putin, il quale le ha utilizzate come pedine nello scacchiere geopolitico mondiale.
Ma le premesse per l’atteggiamento odierno di Putin affondano le radici in quello che accadde al momento del crollo dell’Unione Sovietica, culminata con l’abbattimento del muro di Berlino. In quel momento, ai responsabili del Cremlino, come risulta da numerosi documenti classificati, americani, tedeschi, francesi e inglesi, fu assicurato da tutti i capi dei governi occidentali che la NATO non si sarebbe mai allargata verso est. Fu il segretario di stato americano James Baker a coniare la formula “not one inch eastward”.
Era il periodo in cui fu deciso di includere la Germania, appena unificata, nella Nato e l’orientamento dei vari Mitterand, Thatcher, Andreotti e Khol era quello di affrontare il problema della stabilità in Europa insieme alla Russia. Orientamento poi rinnegato dai loro successori. Esso resse più o meno fino al 2003, l’anno della aggressione americana all’Iraq di Saddam Hussein, col falso pretesto di mezzi di distruzione di massa nella mani del rais iracheno. In quella occasione molti dei paesi dell’ex Patto di Varsavia diedero il loro appoggio all’azione americana e furono ricompensati con l’ingresso nella NATO, in violazione dei precedenti accordi.
Questo atteggiamento americano ci ha oggi portati nel pieno di una situazione estremamente pericolosa e di incerta risoluzione. Esso ha infatti creato una contrapposizione tra l’Occidente e la Russia che è la seconda potenza nucleare del pianeta.
Si aggiunga a ciò che noi occidentali di oggi, non siamo certo quelli che un tempo accettarono l’idea di morire per Danzica prima, per il Vietnam, poi per Kabul, per Baghdad ancora.
Ma i motivi per cui ci siamo infilati in una crisi quasi senza sbocco e di cui vedremo ancora altri effetti in futuro, è legata ai principi su cui si è basata la politica occidentale nell’ultimo trentennio.
Il perseguimento ottuso di una globalizzazione forzata ha creato una stretta interdipendenza delle varie economie rendendoci impotenti di fronte ai soprusi di quei regimi antidemocratici che hanno una visone politica assai differente da quella occidentale: è il caso del gas e del petrolio russi da cui dipende la nostra economia, quello del petrolio saudita e quello ancora della Cina, il paese che produce la quasi totalità di quello che noi occidentali consumiamo. Ciò ha fatto in modo che la Cina si trasformasse da paese arretrato in una delle potenze più importanti nel nuovo ordine mondiale che detiene, da sola, più della metà del debito pubblico americano. Abbiamo accennato a tre soli regimi di cui ci siamo resi volontariamente, con una incredibile cecità dipendenti a causa delle loro forniture energetiche.
Regimi in cui le regole della democrazia sono completamente ignorate . Ma oltre che con i tre paesi già menzionati, siamo costretti a tenere relazioni commerciali anche con altri paesi ugualmente illiberali quali la Turchia, l’Egitto. Sono tutti paesi che, oramai, non si sentono più subalterni alla cultura occidentale, come, forse, ancora qualcuno si illudeva che fosse. E tutti, come i regimi dittatoriali dello scorso secolo, coltivano politiche di egemonia sui territori che sono ai loro confini.
Tali comportamenti sono oramai fuori dalla possibilità di controllo degli americani che, dalla fine del secondo conflitto mondiale hanno svolto, per lungo tempo la funzione di gendarmi del mondo.
Il vecchio mondo bipolare, nato nel secondo dopoguerra e caratterizzato dalla contrapposizione est-ovest è completamente tramontato e sulle sue ceneri si è andato formando un mondo multipolare. In esso i protagonisti della vita politica ed economica sono molteplici e nessuno sopporta più ingerenze in quella che ritiene essere la sua sfera di influenza. Basta guardare, per convincersene i comportamenti di Russia, Cina, Iran e Turchia. Essi sono tutti accomunati dalla volontà di affrancarsi dalla egemonia occidentale.
La reazione di noi occidentali all’aggressione russa all’Ucraina è stata solo di natura economica, poiché una risposta militare è oramai impensabile e rischiosa. Ma pensare che sanzioni di tipo economico possano frenare le pulsioni imperiali di Putin non è altro che una pia illusione. Anzi, quel tipo di provvedimenti rischiano di avere un effetto boomerang. Putin se ne gioverà per compattare il fronte interno ed alimentare l’odio verso le nazioni occidentali, ree di imporre sofferenze alla popolazione russa, oltre che subire esse stesse dei terribili contraccolpi economici.
Se Putin crollerà sarà solo grazie ad una rivoluzione interna del popolo russo.
Per questo motivo, tutti i discorsi portati avanti dal presidente americano Biden e dalle cancellerie occidentali rischiano di rimanere senza alcun effetto sulla situazione che si è venuta a creare. È ormai troppo tardi per porvi rimedio. L’azzardo di Putin è basato su un preciso calcolo e su una nuova concezione del mondo e della politica internazionale che le classi dirigenti occidentali non hanno voluto vedere per tempo. Esse oggi sono costrette a giocare di rimessa, nell’incertezza di quello che il futuro ci riserva.
Per cercare di superare l’empasse in cui ci siamo ritrovati sarà necessario ripensare i principi su cui il sistema si è fino ad oggi appoggiato.
Occorre rivedere le politiche economiche neoliberiste che ci hanno condotto a questo punto, promuovere una vera integrazione europea, oggi alquanto inesistente al punto che la cosiddetta UE è priva del tutto di una politica estera e di una difesa comune. Difesa per cui dipendiamo dalla NATO, guidata dall’America e oggi inadeguata alle nuove condizioni del mondo.
Occorre ridurre le differenze e le disuguaglianze che la finanziarizzazione dell’economia ha prodotto e lenire il profondo disagio sociale causato e che tende ad accentuarsi sempre più, cosa che si è verificata nel corso della pandemia. Da quaest’ultima ancora non siamo usciti e sembra non aver insegnato nulla a nessuno.
Se ciò non si comprende, si rischia che a collassare non siano i regimi autoritari, ma le democrazie oramai estenuate da questo stato di cose.
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