I poster di David LaChapelle in mostra a Napoli

Agli inizi di dicembre a Napoli si è inaugurata una mostra di David LaChapelle, fotografo americano noto per il suo stile irriverente e per le immagini dissacranti connotate da colori acidi e brillanti che sono il suo marchio di fabbrica.

Il suo stile è indiscutibile ed il fascino delle sue immagini non teme confronti. Sa creare un vero immaginario unico nel suo genere e molte sono le icone della musica e dello sport che si sono fatte fotografare da questo visionario artista. In molti si sono chiesti quanto ci sia di fotografico nelle immagini da lui realizzate, perché se la fotografia è l’arte di cogliere l’attimo, le immagini di LaChapelle sono esattamente il contrario: grandi set, imponenti allestimenti ed un sapiente uso delle luci, immagini precedentemente realizzate a tavolino per poter essere poi realizzate.

Personalmente non mi interessa se sia fotografia o altro, trovo che le sue immagini siano belle, potenti e straordinarie, vederle, ancora una volta è sempre un piacere per gli occhi.

Per cui la forza e la potenza di questo artista non sono in discussione.

Quello che mi ha lasciato davvero perplesso in questa mostra partenopea nei locali della Cappella Palatina all’interno del Maschio Angioino è l’allestimento.

“Ho scelto perciò di esporre le mie foto senza cornici, direttamente a parete, fissate con dei chiodi sottili, così come faccio nei miei luoghi di lavoro”, questo è quanto dichiarato dall’artista per spiegare una scelta difficile da capire. Questa è una mostra, non è un luogo di lavoro, l’intento dell’esposizione dovrebbe essere ben diverso. L’esposizione vista stamane non ha nulla che ricordi un luogo di lavoro, tutt’altro. Personalmente ho avuto la sensazione che si sia voluta trovare una giustificazione ad un allestimento povero e scarno che mortifica il suo lavoro.

Inoltre, le immagini che realizza, vanno esposte in grandi dimensioni poiché ricche di particolari, sfumature, sensazioni che in un piccolo formato davvero riesce difficile riuscire a percepire. Avevo già visto una mostra di LaChapelle nel 2018 a Mons (Belgio) al museo di arte moderna: “Deluge” in quell’occasione aveva una dimensione di oltre 4 metri che ne esaltava la potenza e il significato. Una mostra bellissima e per me indimenticabile.

Nell’allestimento partenopeo ci ritroviamo una “fotocopia” di quell’opera grande forse un metro o poco più, fissata al muro con quattro chiodi come se si trattasse di un poster all’interno di una cameretta di un teen ager. No, decisamente no.

Davvero imbarazzante quello che ho visto. Ma soprattutto ho trovato mortificante per la città doversi accontentare di un’installazione chiaramente di scarsa qualità, immagino per ragioni di costi. Non riesco a trovare altra motivazione. Altra considerazione molto più banale: ma quei chiodi sporgenti dalle immagini, non sono pericolosi? Si è pensato a questo aspetto? Mistero.

Le quaranta immagini così esposte su dei supporti di legno come quelli che si usano in occasione dei concorsi fotografici di una qualsiasi Pro Loco del nostro paese (ma in quel caso capisco i grandi sforzi fatti da un ente locale che cerca di attrarre turisti nel proprio comune, Napoli, ricordiamolo ogni tanto è la terza città d’Italia), sono esposte all’interno di un unico ambiente e il costo del biglietto è di 14 euro. Il biglietto d’ingresso per Cappella Sansevero costa 8 euro è il confronto non c’è: Il Cristo Velato è una delle opere d’arte più belle del nostro paese. Come spesso accade in questo caso ha avuto un ruolo fondamentale la comunicazione massiccia che ha dovuto in qualche modo esaltare i limiti di quanto realizzato, ma forse è giunto il momento di avere più rispetto per le persone che si vuole invitare a conoscere un artista.

5 euro sarebbe stato un prezzo giusto per quanto offerto, ma non di più.

In conclusione: io spero quanto prima di vedere una seria installazione di LaChapelle nella mia città, di vedere i suoi lavori stampati nelle dimensioni generose in cui meritano di essere esposte perché è l’unico modo per apprezzare quanto forte sia la sua voglia di colpire il fruitore invitandolo a riflettere.

Spero che in futuro le nostre amministrazioni siano più attente nel proporre delle mostre di dubbia qualità: non serve solo un nome altisonante per attrarre visitatori. Bisogna proporre lavori di qualità, le opere d’arte vanno rispettate in quanto tali, ma soprattutto non va offesa la buona fede dei cittadini e di quanti vengono invitati a vistare una mostra. Io mi sono sentito offeso e preso in giro.

Concludo con un modo di dire tipico della nostra città: questa mostra è “nu tòrtano senza ‘nzogna”

Se avete voglia di andarla a vedere, segnalo che l’esposizione si concluderà il 6 marzo 2022.

Il sito ufficiale lo trovate cliccando qui.

 

Umberto Mancini