Storia del quartiere Carmine a Salerno, le emergenze architettoniche: la Casina dell’Orto Agrario, il Convento dei Cappuccini, l’Ospedale San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona, Villa Lina

Il territorio della città di Salerno denominato “Carmine”, pur essendo anticamente posto al di fuori delle mura urbane e non appartenente all’area propriamente antropizzata, ben lungi dall’essere un luogo completamente abbandonato, ha sempre svolto una funzione essenziale per il Capoluogo campano. Oltre ad ospitare la Fiera di Settembre, è sempre stato crocevia di passaggio con strade importanti come quella per Mercato San Severino (Via dei Principati – via Carmine), la quale s’incrociava con l’altra “strada per Portarotese” (Tavola Malpica 1862 Archivio di Stato Salerno) quasi in corrispondenza con il Monastero e chiesa dei Carmelitani, risalente al 1598, successivamente via Orto Agrario, oggi via Michele Vernieri. Fino ai primi decenni dello scorso secolo, l’area era caratterizzata, inoltre, dalla presenza di una serie piccoli borghi tra i quali il Carmine Vecchio (la borgata del Gelso) a nord, il Carmine Nuovo che ospita il Santuario della Madonna del Carmine e l’area di Ponte Calcedonia ad est verso il fiume Irno, all’epoca circondati da orti, frutteti e terreni agricoli. L’area in questione ben si vede nella prima rappresentazione del territorio comunale del 1867 disegnata dagli ingegneri Alfonso di Gilio e Carlo Pannaini (Archivio Giannattasio), in cui si può ben notare, inoltre, la presenza del vecchio Cimitero (realizzato nel 1843 e situato nell’area che comprende l’attuale Piazza San Francesco e lo Stadio Vestuti). La stessa evidenzia anche una via dal tratto curvilineo, la via del Fuso che collegava il borgo del Carmine Nuovo con il Ponte Calcedonia e relativo borgo. A chiudere l’area del Carmine, nella sua parte sud-est è via Irno, l’attuale via Nizza. Nella rappresentazione della Pianta di Salerno del 1912 (Archivio Storico del Comune di Salerno) ben si notano alcune emergenze architettoniche non presenti nella di Gilio-Pannaini come, ad esempio, la Casina dell’Orto Agrario posta nell’area più occidentale del quartiere, il Convento dei Cappuccini e l’annessa chiesa di Maria SS. Immacolata, la chiesa a pianta quadrata del vecchio Cimitero e il Santuario della Madonna del Carmine. Inaugurata il 4 ottobre del 1859, la Casina dell’orto Agrario fu abbattuta, purtroppo, a cavallo tra gli anni ’50 e l’inizio dei ’60 dello scorso secolo per la realizzazione di un istituto scolastico. Una foto della Casina realizzata tra gli anni ’20 e ’30 dello scorso secolo (gentilmente concessami dallo storico Massimo La Rocca) mette in luce un gioiello dell’architettura neoclassica, con una doppia rampa accompagnata da 4 colonne addossate, con capitelli in stile ionico, posizionate su di un massiccio basamento, il fronte d’ingresso composto da due nicchie poste tra le colonne e una grande vetrata centrale d’ingresso, sormontata da un frontone triangolare con cornici inclinate. Ai lati dell’immobile, leggermente più arretrato rispetto all’ingresso principale vi erano, poi, 2 finestre per ogni lato e a chiusura angoli in bugnato. La Casina, costituita da due livelli suddivisi da una cornice, ha ospitato inizialmente una sala “degl’istrumenti agronomici” ed è stata sede della Cattedra di Agricoltura voluta dalla Reale Società Economica per la sperimentazione e le tecniche di sperimentazione agricole. Fu anche sede museale alla fine degli anni ’30 dello scorso secolo per vivere, dopo la seconda guerra mondiale, un periodo di decadenza prima di essere definitivamente abbattuta. Il convento dei Cappuccini e l’annessa chiesa di Maria SS. Immacolata, invece, risalgono ai primi anni del XX secolo e, come afferma Arcansalerno sulla propria pagina facebook, l’intera struttura è una tipica composizione conventuale con ampio chiostro centrale. Il prospetto principale della chiesa presenta, nel primo registro architettonico, tre portali sormontati da lunette, nel secondo ritroviamo, invece, una monofora con monofore lunettate ai lati e, infine, chiude il fronte in alto un grande timpano. Molto interessante è il chiostro con il suo porticato con pavimentazione in cotto di Rufoli e le sedute in maiolicato simile al chiostro di Santa Chiara di Napoli. La chiesa è affiancata da una elegante palazzina che risente ancora di alcuni elementi tipologici ottocenteschi come eleganti fregi e cornici mentre sul prospetto sud s’intravede la base di un grande orologio solare. Lungo la via dell’Orto Agrario (attuale via Michele Vernieri) non lontano da via dei Principati, nell’area ad ovest del Carmine, si erge l’ospedale “San Giovanni di Dio e Ruggi D’Aragona” realizzato su progetto degli ingegneri Ernesto Donzelli e Gustavo Toma, il cui cantiere si aprì nel 1909 per concludersi con l’inaugurazione del nosocomio l’11 gennaio del 1923. La struttura contemplava un piano seminterrato e cinque fuori terra con copertura a falde e con lavorazione muraria a bugnato negli angoli. A pianta ad M, ogni livello è delimitato da evidenti cornici marcapiano, mentre l’ingresso principale presenta ai lati lesene di ordine dorico e due stemmi araldici in pietra, uno del Comune di Salerno, sulla destra, e uno dei Ruggi d’Aragona a sinistra.Di particolare interesse architettonico è il Padiglione “Regina Elena di Savoia” realizzato nel 1933 su progetto dell’ingegnere Mario Ricciardi che doveva ospitare il reparto di Maternità e la scuola di Ostetricia. L’edificio a pianta ad L, presenta tre livelli, bugnati angolari e un susseguirsi di finestroni alcuni dei quali con frontoni sovrastanti addossati. L’area suburbana del Carmine rimase non particolarmente antropizzata fino agli inizi del XX secolo, allorquando il notevole incremento demografico diede origine al primo Piano Regolatore realizzato dai napoletani Nicola Cavaccini ed Ernesto Donzelli nel 1915 (Archivio Storico del Comune di Salerno). In esso si ipotizzava una concreta proposta urbanistica per l’ampliamento della città verso oriente, che prevedeva, tra l’altro, il trasferimento del vecchio Cimitero a Brignano e la conservazione, tuttavia, della chiesa al suo interno. Sulla tavola urbanistica ben si vede il Monastero dei Cappuccini e una piazza più a sud di esso, non coincidente però con l’attuale Piazza San Francesco. Il Piano concepito secondo i dettami dell’urbanistica haussmanniana con ampi viali alberati, piazze radiali, giardini, villini e palazzine, venne, tuttavia, modificato nel 1922 per essere approvato nel ’25 e purtroppo mai realizzato, se non per alcune opere edilizie. Tra i pochi resti del Piano Donzelli-Cavaccini ritroviamo le Case Popolari poste tra Via Nizza e Via Benvenuto Grafeo: 12 eleganti fabbricati eretti grazie al R.D. n°386 del 10 marzo 1926, nell’area del vecchio Cimitero, ormai spostato da qualche anno, e di un mercato delle erbe, anch’esso allontanato. Si tratta di graziose palazzine, alte non più di tre piani, su progetto dell’Ing. Tommaso Gualano (Ingegnere Capo dell’Ufficio Tecnico), con facciate caratterizzate da balconcini e finestre con sovrastanti frontoni centinati addossati realizzate tra il 1926, anno di inizio cantiere, e il 1930. Danneggiate dai bombardamenti del ’43, 2 di esse furono demolite per la realizzazione di ulteriori grossi edifici. Altre palazzine furono realizzate su Largo Sterzi nei pressi di Piazza San Francesco, attorno al quale si affacciano ulteriori palazzine popolari, simili alle precedenti ma tipologicamente diverse per geometria, realizzate dall’Ing. Tommaso Gualano e completate nel 1931 dalla ditta Cooperativa Etna. Ad ovest di queste ultime si ergeva una graziosa palazzina degli anni ’30: Villa Lina, le cui foto sono gentile concessione di Francesco Ricciardi, a cui vanno i miei ringraziamenti. La villetta fu completamente danneggiata durante i bombardamenti del 1943, come ben si evince dal colore ocra della Planimetria realizzata dall’Architetto Scalpelli – Piano di Ricostruzione, Piano dello Stato Attuale (Archivio Storico del Comune di Salerno) con cui si indicavano gli edifici completamente distrutti (diversamente il rosso segnalava quelli gravemente danneggiati e il grigio quelli potenzialmente riparabili). L’immobile, in stile neogotico, a sud di Piazza San Francesco, era immerso all’interno di un giardino e portava il nome della proprietaria Orsola Farina, vedova Alfani. Dalle foto di famiglia si può ammirare l’elegante struttura con facciata in parte bugnato e in parte mattoni faccia a vista, caratterizzata da un piccolo torrino, con merlature a coda di rondine, in cui è presente una loggia ad archi a sesto acuto poggiati su capitelli e colonnine tortili accompagnato da ulteriori monofore. In una di esse scorgiamo, inoltre, le Palazzine per i Postelegrafonici in fase di costruzione, mentre in un’altra, il prospetto del Liceo classico “Torquato Tasso”. La villa così demolita, cedette il posto a un nuovo ulteriore palazzo, di essa resta tutt’ora in piedi il muretto del confine est della proprietà.

 Dal PUC (Piano Urbanistico Comunale) quasi tutta l’area del Carmine rientra, secondo la Tavola P2.04 (Zonizzazione), nella Zona Omogenea B. Sulla Tavola P0, secondo la legenda relativa alla la Trasformabilità Urbana, nelle Invarianti di natura Storico-Culturale, ritroviamo gli edifici di natura storico-testimoniale (categorie d’intervento previste C1-C2). Numerosi, nel quartiere, sono gli immobili appartenenti a queste categorie d’intervento come ad esempio: le palazzine per i Postelegrafonici e le INCIS in prossimità di Piazza San Francesco, il Liceo Classico “Torquato Tasso”, il Convento della Santissima Immacolata, il Santuario della Madonna del Carmine, o ancora la tribuna dello stadio Vestuti (ex Littorio). Dal RUEC (Regolamento Urbanistico Comunale) tali Categorie d’Intervento sono, poi, indicate negli articoli 76 e 77:

Nell’art. 76 Cat. C1 –Restauro–  al punto al punto 76.02 si afferma: “Sono, dunque, compresi nella categoria del restauro gli interventi rivolti a garantire l’integrità materiale dell’organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità, mediante un insieme sistematico, di opere che nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo stesso, ne consentano destinazioni d’uso con essi compatibili. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio, l’inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze d’uso, l’eliminazione degli elementi estranei all’organismo edilizio”.

Nell’art. 77 Cat. C2 – Risanamento conservativo e ripristino–  al punto 77.02 si legge: “Gli interventi di risanamento, dovranno, comunque, garantire la conservazione degli elementi esterni (facciate, partiture, androni, cortili, ecc) e delle caratteristiche tipologiche, strutturali e funzionali degli edifici. Sono consentite eventuali modifiche delle aperture sempre che le stesse non siano in contrasto con la morfologia e la struttura dell’edificio”.

Daniele Magliano

Architetto- giornalista che ama approfondire tematiche di architettura, urbanistica, design, ma anche di storia, evoluzione e curiosità riguardanti oggetti di uso quotidiano. Mi piace, in generale, l'arte della costruzione: riflesso del nostro vivere in quanto unisce passato, presente e futuro prossimo di una comunità.

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