Dal maanchismo di Veltroni a quello di Salvini
-di Pierre De Filippo-
Una volta il maanchismo, in politica, era ad uso esclusivo, a totale appannaggio di Walter Veltroni che, da appassionato di politica americana, tanto s’era battuto per dare vita al Partito Democratico e tanto doveva fare per tenere insieme tutte le anime che lo componevano: quella post-comunista ma anche quella cristiano sociale.
E allora, si predicava la dottrina sociale della chiesa – quella, per capirci, di Leone XIII e di Aldo Moro – ma anche tutte le tesi di Togliatti, Gramsci e Berlinguer, il PD era un partito di centrosinistra ma anche di sinistra e Walter Veltroni era un politico ma anche un profondo conoscitore delle arti, del teatro del cinema.
Era un modo per tenere insieme culture, tradizioni, espressioni; era un modo per rendere vivibile un partito; era un modo per valorizzare le “contaminazioni”. Dopo Veltroni, va detto, il Partito Democratico con sempre maggiore difficoltà è riuscito a conciliare – che fa, concilia? –, a tenere insieme tutte le sue diverse sfaccettature, le sue diramazioni. Ora, Veltroni fa altro: scrive libri – tra cui una biografia di Berlinguer –, fa il regista, il documentarista, il conferenziere. È tornato, se vogliamo, alla sua prima, grande passione, coerente con quell’insolita richiesta che fece pervenire ad uno sbigottito, più del solito, Romano Prodi: diventando Vice-Premier nel 1996 chiese di diventare Ministro per i Beni Culturali.
Dicastero che, molti anni dopo, un suo ex vice-segretario di partito, Dario Franceschini, definirà il Ministero economico più importante d’Italia.
Il maanchismo ha, dunque, avuto una storia gloriosa ed importante per la politica italiana ma ultimamente non vive un grande periodo, una grande fase.
Di quest’espressione così democratica, così pluralista s’è impossessato addirittura Matteo Salvini che, come era facile prevedere, la sta declinando alla sua maniera: un misto di frasi sconnesse, volutamente incongrue, giusto per creare una gran cagnara dalla quale non uscire più, come fossero delle sabbie mobili.
A che proposito, ha avuto l’ardire di maancheggiare?
Rispetto alla delicata questione di Forza Nuova. Volete, voi pidioti, sciogliere questo partito ed estrometterlo da libere elezioni? Benissimo, lo faremo. Ma anche per i centri sociali dovrà valere lo stesso provvedimento.
Ora, capisco che la frase è già sconnessa così ma in un periodo in cui siamo tutti un po’ sconnessi è meglio ragionarci meglio, tornando ai fatti.
I fatti ci dicono che la matrice – che a qualcuno è stranamente sfuggita – delle devastazioni alla sede della CGIL a Roma è assolutamente e certamente riconducibile a Forza Nuova e ai suoi uomini, Roberto Fiore e Giuliano Castellino in testa, che dal palco urlava “andiamo ad assediare la CGIL”.
Dei fatti circostanziati, non delle prese di posizione astratte. È capitato altre volte che le istituzioni volessero condannare i totalitarismi ed è capitato, va detto, che più di qualcuno facesse due pesi e due misure: i fascismi sì, sono da condannare, il comunismo nì, “ha fatto anche cose buone”.
Non esistono cose buone se queste cose buone si pagano con la libertà, è bene essere chiari. E bene fecero i partiti di centrodestra a sottolineare l’inaccettabilità di una linea di quel tipo.
Qui, però, non stiamo parlando di un generico stigma, di una condanna formale. Stiamo punendo responsabili di condotte criminali. Niente di più e niente di meno.
Dunque, è un ma anche inappropriato e senza senso anche perché cosa dovrebbe voler significare sciogliere i centri sociali? Quali? Tutti? E per quale motivo? È come dire di voler commissariare tutte le ASL perché ce ne sono alcune che non funzionano e che sono in dissesto.
E allora, ma anche no.
Che fare, quindi, di Forza Nuova? Io sono per lo scioglimento, perché lo stato di diritto ha delle regole chiare: o le si rispetta o non le si rispetta, o si sta dentro o si sta fuori, senza infingimenti.
Forza Nuova, con i suoi comportamenti, col suo modo violento e antidemocratico di intendere la politica, si è automarginalizzata ed un Paese come il nostro, nel quale i rigurgiti autoritari sono sopiti ma presenti, non se lo può permettere.
Volendo proprio fare le pulci, mi sembra più un ragionamento di destra – alla low and order – che di sinistra. Speriamo se ne rendano conto anche Salvini, Meloni e tutta l’allegra combriccola.
