Caterina Valente, l’artista che ha incantato il mondo

-Giuseppe Esposito-

La memoria è un a miniera, un pozzo profondissimo, dal fondo del quale, di tanto in tanto, piccole esplosioni di grisou lanciano verso la superficie piccoli pezzi di passato. Voci, volti e suoni, che credevi perduti, spuntano fuori e ti trascinano indietro nel tempo, allagando il tuo animo di una dolce amara nostalgia.

Basta un nonnulla a provocare quelle esplosioni: una vecchia foto, poche note, appena accennate di una vecchia canzone ed ecco che il flusso, nato nel profondo, si espande e ti lascia attonito, sorpreso. Incredulo di quanto, nei visceri della memoria possa essere accolto, stratificato insieme a millanta brani di vita.

Uno dei periodi, i cui ricordi si imprimevano profondamente nell’animo, fu quello in cui, nelle nostre case, cominciarono a fare la loro comparsa quegli enormi scatoloni, che erano i primi televisori.

La nostra meravigliata attenzione per quel piccolo schermo, penso si possa paragonare a quella degli spettatori dei primi filmati dei fratelli Lumiere. Quelli, spaventati dall’apparente irrompere su di loro di una locomotiva, che sembrava volesse uscir fuori dallo schermo, fuggirono spaventati. Noi non avemmo reazioni così forti, anche perché eravamo già abituati al cinema. Ma l’emozione di avere nel salotto di casa nostra, quelle immagini a nostra disposizione, era egualmente assai forte. Ci pareva di assistere ad un prodigio. Eravamo affascinati dal fatto che la vita del mondo potesse straripare dallo schermo, nella penombra dei nostri salotti. Per questo, in coloro, che per età, ebbero la ventura di assistere all’avvento di quel prodigio, esso si impresse profondamente nella loro memoria, disseminandovi innumerevoli schegge.

Qualche giorno fa, mentre rimestavo in quella altrettanto prodigiosa miniera che è l’internet di oggi, ad un certo punto alcune note di una vecchia canzone, mi colpirono l’orecchio, e non mi parvero completamente sconosciute. Sono andato a ricercare il brano su You tube ed ho scoperto che quel piccolo brano era parte di una delle canzoni di maggior successo di una interprete fuori dal comune negli anni a cavallo tra i Cinquanta e i Sessanta: Caterina Valente.

Il titolo della canzone era “Till” ed a molti non dirà nulla, come anche il nome della cantante, eppure la Valente è stata una delle interpreti italiane più straordinarie e conosciute al mondo. Un’artista veramente cosmopolita, in tempi in cui la maggior parte dei nostri artisti non riusciva ad andare oltre il ristretto ambito domestico.

Il brano che ho riascoltato risale al 1954 e fu uno dei primi e più straordinari successi di Caterina a livello mondiale. A quel tempo, sebbene avesse iniziato la sua carriera da non molto tempo, la Valente era già conosciuta in molti dei più importanti paesi del globo.

Io a quell’epoca ero un ragazzo di soli sei anni, eppure quella figuretta minuta, quella cantante capace di cantare in ben dodici lingue diverse e che appariva sullo schermo accompagnata dalla sua chitarra che, rispetto a lei mi sembrava enorme, mi incantava e mi incuriosiva. Mi sembrava così diversa dagli altri personaggi dello spettacolo del tempo. Aveva un repertorio più vario e che attingeva a quello di molti altri paesi quali la Francia, la Spagna, l’America si quella del nord che quella latina. Spesso le si vedeva duettare con i nomi più famosi dello spettacolo americano quali Dean Martin, Ella Fitzgerald o Louis Armstrong. Amava tra gli altri generi il jazz. Collaborava con i mostri sacri dello show business americano quali Perry Como, Danny Kaye ed altri.

Fu unanimemente riconosciuta, a quel tempo, come “la più grande artista italiana nel mondo” o anche “l’unica star internazionale espressa dall’Italia”.

Mentre scrivo ascolto, in sottofondo, quella vecchia canzone e, tutt’intorno a me sembra che ogni cosa cambi, trasfiguri e mi ritrovo nella casa della mia infanzia, quella di via Zara, a Napoli, che sempre torna nei miei ricordi, tutti davanti al televisore posto in camera da pranzo, non avendo noi un salotto. Ed osservo quella donna minuta, i suoi capelli scuri con la frangetta, come usava nelle acconciature dell’epoca e nella luce azzurrina del televisore ascolto le parole del suo successo del tempo:

 Finché lassù c’è il sol

Radioso di splendor

Vivrà per noi l’amor.

Till

Finché il chiaror lunar

Gli amanti fa vibrar

Potrò con te sognare

Le parole possono sembrare oggi, alquanto ingenue, un po’ datate, ma in fondo la bellezza di una canzone è nell’atmosfera dell’interpretazione. Ed io vi garantisco, che a parte l’effetto del ricordo, la voce di Caterina, ancora oggi, suscita in me una profonda emozione.

Mi spinge a fare un tuffo in quei lontani e felici anni Cinquanta e Sessanta, quelli caratterizzati dalla speranza e dalla certezza di un futuro migliore. Speranza che ai nostri giorni latita o è scomparsa del tutto, lasciando il posto ad una fredda disperazione.

Nello scorrere la biografia di Caterina Valente, si rafforza in me l’idea che le condizioni ed il contesto in cui si viene al mondo hanno un’influenza determinante sul nostro futuro, su quello che spesso si definisce impropriamente destino. Caterina era nata, casualmente a Parigi poiché sia il padre, Giuseppe, noto fisarmonicista nato in provincia di Frosinone che la madre, Maria Siri, ballerina e polistrumentista, lavoravano nel varietà ed erano, quindi, sempre in giro per il mondo. E, così come era costume nelle famiglie di artisti, anche Caterina debuttò precocemente in palcoscenico, all’età di soli cinque anni, assieme ai suoi tre fratelli. E da quel momento e fino al suo ritiro dalle scene non smise mai di incantare il mondo.

A causa della sua attività che la spingeva a viaggiare continuamente, la sua vita privata fu alquanto complicata. Sposò  dapprima il giocoliere tedesco Erik Von Aro, da cui ebbe un figlio e più tardi, separatasi da Aro, sposo il pianista inglese Roy Budd, da cui ebbe due figli. Dopo aver vissuto a lungo negli Stati Uniti, stabilì la sua residenza A Lugano, in Svizzera, dove ebbe modo di conoscere l’altra grande cantante italiana, Mina. Caterina conosceva e parlava perfettamente sei lingue: italiano, francese, inglese, tedesco e svedese, da vera cittadina del mondo. Ha venduto più di diciotto milioni di dischi in venticinque diversi paesi.

È stata, oltre che cantante, attrice, ballerina e compositrice. La sua discografia annovera oltre 1500 titoli il che le è valso un posto nel Guinness dei primati. Il suo repertorio attingeva dalla musica leggera dei più disparati paesi, ma non disdegnava il jazz. È stata ambasciatrice europea della musica sudamericana.

L’ultimo disco lo incise nel 2006, aveva come titolo “Tik Tok” e fu un successo in tutto il mondo, divenne virale sui social di tutte le nazioni. Oltre ad essere stata protagonista in alcuni dei più importanti show televisivi in Italia ed America, ha anche interpretato molti film in  Francia, in Germania e negli USA.

Oggi ritiratasi dalle scene nel 1999, continua a dividersi, nonostante l’età tra la sua residenza di Lugano e quella di New York.

Si può affermare senza tema di smentite che sia stata uno dei personaggi più popolari al mondo della musica leggera e dello spettacolo in generale. Eppure oggi pochi si ricordano di lei. Non c’è altro modo di commentare la sua vicenda col detto altino: “Sic transit gloria mundi”.

Giuseppe Esposito

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