Storie di campioni: Rinus Michels, l’inventore del calcio moderno
-di Emanuele Petrarca-
Quante volte abbiamo sentito frasi del tipo: “chissà se quel giocatore, oggi riuscirebbe a fare gli stessi gol” invocando l’unica, irriducibile chiosa in cui si dice apertamente e per qualsiasi giocata che ricorda lontanamente qualcosa di “vecchio” o già proposto: “il calcio è cambiato”.
In queste frasi c’è una mezza verità. Che il calcio sia cambiato nella sua secolare storia, è argomento fattuale, ma non è importante quanto esso sia evoluto (o regredito), ma come e perché lo ha fatto.
La velocità di gioco è sicuramente cambiata, la tattica è ben più rigida e ragionata, ma anche i colpi tecnici sono figli dei tempi che corrono eppure c’è una squadra, anzi, un movimento, che sembra non avere collocazione nella linea temporale di questo sport, fluttuando dalla delicatezza mista ad efficacia del calcio d’un tempo, con la frenesia della modernità formando quello che, tutt’oggi, viene chiamato calcio totale.
A queste due semplici parole viene in mente l’Olanda di Johann Cruyiff, tanto bella quanto non capace di concretizzare le due finali mondiali giocate, ma rimasta nella storia per una proposta di calcio totalmente innovativa e che ha dato il via ad una rivoluzione che potremmo definire contro-copernicana per il suo mettere la fatica del singolo al centro di ogni cosa.
Eppure, se quell’estroso fuoriclasse di Cruyiff era l’interprete in campo, c’era, ancor prima della Nazionale dei tulipani, un pensatore di calcio che ha teorizzato tutto ciò: Rinus Michels.
Nel 1965 l’Ajax gli offre la panchina dei lancieri e da lì il mondo del calcio cambia totalmente concezione perché nessuno ancora sa che ad Amsterdam era sbarcato un visionario.
Michels rompe gli schemi del calcio statico, concependo ogni singolo elemento della rosa come un componente di qualcosa che va ben oltre il concetto di “ruolo in campo”. Un calcio anarchico, fatto di molecole e di divertimento, di tanta pratica e una teoria estremamente complessa nella sua semplicità.
L’attaccante difende, il difensore attacca, il centrocampo è un raccordo tra le fasi, la percentuale di rischio di prendere gol deve sempre essere direttamente proporzionale alle probabilità di riconquista del pallone e contrattacco.
In quest’ultimo sunto, ad esempio, nasce la tattica del fuorigioco, mai prima d’ora concepita in quel modo. Il calcio totale di Michels diventa una sorta di Bibbia, di libro rivelatore, a tutto il mondo del calcio che guarda, impara e ammira l’invincibile Ajax del “generale” come si faceva chiamare l’allenatore.
Anzi, si può azzardare a dire che l’Ajax di Michels sia stato anche più importante ed efficace dell’Olanda stessa che, nonostante fosse stata costruita ad immagine e somiglianza dei lancieri, non concretizzò in vittorie le proprie spedizioni.
Nel 1974, fu proprio Michels a guidare l’Olanda ai Mondiali di Germania Ovest, senza successo perché, per ammissione dello stesso mister, la squadra giocò talmente bene e si specchiò talmente su se stessa, che si dimenticò di chiudere la partita in finale, subendo poi la rimonta dai tedeschi.
L’Ajax, invece, è stato un rullo compressore e ha vinto tutto, ma la vittoria migliore di mister Michels (e che vale più di ogni trofeo) è stata quella di andare oltre nel tempo, sdoganando limiti e paure e compiendo quella che, tutt’oggi, è stata la più grande rivoluzione calcistica della storia: la rivoluzione dei tulipani.
