Sant’Eustachio di Brignano, una chiesa longobarda dimenticata da tutti
L’area collinare della città di Salerno, in particolare quella a nord-est del Capoluogo, ospita al suo interno un gran numero di chiese rurali d’epoca longobarda, tra le quali la chiesa di San Felice in Felline in località Sala Abbagnano, San Nicola del Pumpulo nei pressi di Via Paradiso di Pastena o, ancora, quella di Sant’Eustachio nell’omonimo quartiere. Lungo la nuova strada che collega Casa Manzo con il quartiere di Brignano, in prossimità di via Casa Dei Pazzi, si erge il rudere di una piccola chiesa abbandonata, con il portale aperto e in parte ancora perlustrabile, sebbene la vegetazione cresciuta spontaneamente e una piccola discarica abusiva rendano quasi inaccessibile l’ingresso al suo interno. La sua fondazione risale a un tempo in cui, in epoca longobarda, tali colline vedevano la nascita di alcuni casali e gruppi di abitazioni con principale funzione rurale; tali realtà antropiche, poi, si accentrarono nella località “Sala” che aveva il principale scopo di dirigere l’economia rurale dell’intero territorio collinare salernitano. Il termine “Sala”, di origine longobarda, si riferisce a una sorta di casa costruita in una corte “domus in curtis facta” – dal Codex Diplom. Cav. III, 225 – considerato, inoltre, luogo centrale di assemblee rurali. Nel medioevo erano, inoltre, molto frequenti le “curtis” come insieme di terreni e case agricole. Sempre in epoca longobarda, precisamente nel 1005, si ha notizia della presenza in zona della chiesetta di Sant’Eustachio Martire (da non confondere con l’altra chiesa posta nel quartiere Sant’Eustachio), principale luogo sacro per tutto il medioevo. Già nel 997 e nel 1009 il Codex Diplom. Cav., attesta la certezza toponomastica dell’area di Brignano, con riferimento, nella prima data, a “Vernianum”, e nella seconda a “Verniano super flubio grancario”, dalla presenza del torrente Grancano che s’immette nel fiume Irno oltre il quale vi è la località di Ogliara. Contemporaneamente, ricchi possidenti ed esponenti della nobiltà investivano sui terreni delle colline di Brignano; tra tutti ricordiamo il Gran Camerario di Puglia e Terra di Lavoro: il greco Ersacio. Quest’uomo svolgeva la funzione di Superprefetto responsabile delle amministrazioni locali e provinciali del fisco regio normanno e dei conti dello Stato. In una pergamena custodita presso l’Archivio della Diocesi di Salerno, la n° 69, così scrive: “Offro all’ospedale che sta fuori questa città vicino al fiume Faustino (Rafastia) metà della mia proprietà meridionale di terra, vigna e pometi sita fuori Salerno nel casale Verniano (Brignano) presso la chiesa di S. Eustachio del medesimo luogo avente confini, come, dalla parte di oriente, una via…….”. La pergamena fa riferimento non solo alla chiesa a distanza di poco più di un secolo e mezzo, ma anche a un primo ospedale a Salerno posto, molto probabilmente, nel luogo dove oggi sorge la chiesa di San Pietro in Camerellis, in prossimità delle mura orientali. Ulteriori notizie risalgono al 1338, anno in cui la chiesetta veniva indicata col nome di “Sancti Eustachii de Briniano”, mentre nel 1550 il luogo sacro è ormai già da tempo passato alle dipendenze della Badia di Cava. A partile dal 1829, con la realizzazione delle prime fabbriche tessili da parte di imprenditori svizzeri, l’economia rurale di Brignano risente in parte, specialmente il territorio più vicino al fiume Irno, della presenza dei nuovi opifici svizzeri.
In una rappresentazione grafica degli anni ’40 dell’800 si vedono, oltre alla Villa Wenner sulla destra, il casino Schlaepfer e il casino della Partecipazione, la filanda Esher con un alto fumaiolo, in fondo le colline di Brignano (da Considerazioni sul villaggio cotoniero svizzero nella Valle dell’Irno a Salerno in “Ricerche storiche XXXIX -2009-”). La stampa evidenzia, di fatto, non solo le varie case sparse del borgo di Brignano, ma anche, nella parte alta delle colline, la chiesetta di Sant’Eustachio con un campanile a vela incorporato, tipico delle chiese longobarde.
Altra interessantissima rappresentazione della zona è quella risalente al 1867 con la tavola Di Gilio Pannaini, che raffigura per la prima volta la pianta del Comune di Salerno. Anche in questo caso si evidenza il contado di Brignano, le sue colline, i casali sparsi, il torrente Grangano e la chiesetta di Sant’Eustachio (numerata n° 15) e una strada così denominata: “strada della chiesa di Brignano” che si collega alla “strada da Brignano a Giovi”. Nel frattempo nel 1885, la vita economica di Brignano si modifica parzialmente, influenzata dalla realizzazione delle prime fornaci D’Agostino, grazie alla presenza in zona delle cave d’argilla per la realizzazione di mattoni e successivamente anche di piastrelle maiolicate ed altri tipi di ceramica. Si crea conseguentemente un vero e proprio rione industriale.
Nel 1917 Don Alfonso Liguori, Parroco della chiesetta, realizza una carta topografica della parrocchia di S. Eustachio Martire, evidenziandone l’ambito territoriale. Il disegno è colorato ed evidenzia l’ampiezza del territorio sul quale il Parroco agisce: oltre alle colline di Brignano e Casa Manzo, l’area abbraccia anche la zona di Via Dalmazia, la base della collinetta dell’attuale Chiesa dei Salesiani, il rione Calcedonia con tutto il territorio di Via Irno fin quasi a Fratte. In una lettera, il parroco descrive la chiesa situata tra le verdi colline di Brignano in posizione centrale tra Casa Manzo, Casa Natella, Casa Gallo, Brignano Superiore, Casa dei Pazzi ed Arco. Restaurata e ampliata dal 1899 al 1903, dopo un recupero del tetto, la stessa fu riaperta al culto il 9 novembre 1917. La chiesa conteneva al suo interno 3 altari: il maggiore con la custodia del Santissimo Sacramento, uno entrando a destra dell’Addolorata e l’altro sulla sinistra dedicato al Santo Patrono S. Eustachio. Don Alfonso relaziona ancora che il pavimento era in cotto e l’organo, presumibilmente posto sopra l’ingresso della chiesetta, era ancora in buone condizioni. All’interno della chiesa vi erano anche delle panche e sedie (dall’Archivio Diocesano “Visite Pastorali” arcivesc. Grasso fasc. 102”). Con l’andar del tempo, tuttavia, la chiesetta di Sant’Eustachio vede il suo primo periodo di decadenza. Nel 1920, infatti, gli operai degli stabilimenti D’Agostino realizzano più a valle, in prossimità delle loro abitazioni, una cappella dedicata alla SS Consolata, per ragioni di comodità. La vecchia chiesa subisce, poi, rilevanti danni nel corso della II guerra mondiale, per essere nuovamente agibile grazie a un intervento del intervenne il Genio Civile di Salerno con una spesa di 3.975.000 lire (da “Salerno Sacra” di Generoso Crisci).
In una foto risalente agli anni ’50 dello scorso secolo, si ritrae, molto probabilmente, l’inaugurazione della chiesa restaurata con la benedizione solenne di S.E. Rev.ma Mons. Demetrio Moscato. La foto, scattata dall’alto, dal piano dell’organo, mostra l’altare maggiore, in stile neoclassico, costituito da marmi policromi, sulla sinistra la statua di una Madonna e sulla destra un crocifisso; ai lati della struttura vediamo le rappresentazioni illuminate della Via crucis e sul lato destro, accanto all’altare maggiore, s’intravede una fonte battesimale. La chiesetta ebbe, tuttavia, vita brevissima dato che già nel 1963 si presentava la nuova progettazione, firmata Ing. Giuseppe Postiglione, della nuova chiesa più grande e più vicina al quartiere industriale di Brignano Inferiore, inaugurata il 17 settembre del 1966 sempre in una foto, presumibilmente della fine degli anni ’60, si ritrae la nuova chiesa, scarna di arredi sacri di rilievo e direi anche poco accogliente. Negli ultimi anni, la stessa è stata radicalmente modificata, grazie ai grandi sacrifici e alla tenacia del Parroco, Don Rosario Petrone, che ha voluto migliorare l’interno dell’aula con nuovi arredi sacri, affreschi e colonne ai lati, rendendo tutto l’ambiente assai più gradevole.
In una carta topografica (scala 1:25.000) risalente alla fine degli anni ’80 dello scorso secolo, si nota ancora la presenza di entrambi le chiese. Paradossalmente la chiesetta in disuso da ormai un trentennio, risulta ancora attiva ed evidenziata con il suo nome S. Eustachio. Anche in questo caso, come spesso capita, gli arredi e le statue della vecchia chiesetta sono stati, molto probabilmente, trafugati.
Rimangono allo stato attuale, una testa e una gamba della statua di San Giuseppe, restaurata in un laboratorio sito stesso in località Brignano, e due crocifissi, di cui uno in stile barocco di pregevole fattura con base lignea contenitore di olio benedetto. Qualche anno fa Don Rosario Petrone, l’allora Parroco della chiesa di Sant’Eustachio e lo storico Pasquale Natella, mi hanno indirizzato e aiutato nella ricerca e nella migliore comprensione non solo della vecchia chiesa medioevale di Brignano, ma anche della realtà periferica e collinare di una porzione della città di Salerno, altrettanto interessante e meritevole di essere conosciuta da tutti. L’area sulla quale insiste il rudere in questione è purtroppo sempre più interessata da una cattiva gestione del territorio cha ha dato origine progressivamente a una sorta di cementificazione selvaggia senza precedenti. Dal PUC (Piano Urbanistico Comunale) la zona su cui si erge la chiesa, per quanto riguarda la tavola della Zonizzazione P2.04, è indicata come “Zona agricola perlurbana”, mentre nella tavola P3.4 quella delle Categorie d’intervento rientra in Zone Omogenee(C-D-E-F), sulla tavola P4 del Disegno Urbano, l’area in questione è indicata come Territorio Extraurbano, e infine in quella relativa alle Previsioni di Piano Beni Culturali e Ambientali, la chiesa, paradossalmente, non rientra nei vincoli architettonici e archeologici.
Potremmo concordare tutti che la struttura millenaria, citata da numerose fonti, non può rimanere ancora nelle misere condizioni attuali. Essa merita rispetto e la giusta riqualificazione, non certamente di essere trasformata in un ricettacolo d’immondizia, in attesa, che nel tempo, crolli completamente su se stessa, per modificarsi, con una variante urbanistica, in area edificabile. La mia riflessione si rivolge in particolare alla classe intellettuale salernitana e agli Enti preposti che, se da un lato, svolgono sempre lodevoli studi sulla storia e le vicissitudini della nostra città, da un altro, appaiono un po’ assopiti e non sempre pronti a evidenziare le reali condizioni dei monumenti o in generale delle strutture storiche della città.
