Il racconto della domenica di Giuseppe Esposito

In un teatro l’anima di Napoli-di Giuseppe Esposito-

Vi sono luoghi in cui più che in altri si avverte il respiro della città, lo spirito di quei suoi figli che l’hanno fatta grande ed unica, sulla scena del mondo. Ed a Napoli, uno di questi luoghi è, non a casa, un teatro. E non poteva essere altrimenti, se Napoli stessa, nelle parole di Eduardo De Filippo è un gran teatro all’aria aperta:

Napule è nu paese curiuso

È nu teatro antico sempe apierto.

Ce nasce gente ca senza cuncierto

Scenne pe strate e sape recità.

Ed Eduardo è legato a filo doppio al teatro di cui oggi voglio parlarvi: il teatro San Ferdinando.

È posto il San Ferdinando in una della zone più popolari di Napoli, tra la via Pontenuovo ed il Borgo Sant’Antonio Abate, uno degli ultimi mercati popolari ancora vivente. Se vi trovate dalle parti del Museo Nazionale e volete raggiungere il San Ferdinando non avete che da attraversare piazza Cavour, l’antico Largo delle Pigne,  imboccare via Foria e superare l’incrocio con via Duomo e la Caserma Garibaldi edificata tra due antiche torri aragonesi. Superate poi l’incrocio con via Cesare Rossaroll, che scende dritta verso Porta Capuana.

All’angolo tra Foria e Cesare Rossaroll si erge il massiccio palazzo che fu dei principi Ruffo di Casacalenda. Nel cortile di questo edificio Luciano De Crescenzo girò molte delle scene del suo film “Così parlò Bellavista”. Ma in quel cortile, io, molto più modestamente ambientai la scena del delitto della prima indagine del commissario Nicola Ruffo. Il personaggio da me fatto agire nella Napoli della Belle Epoque. Poco più avanti, ma prima di arrivare all’Orto Botanico, troverete sulla destra la via Giuseppe Antonio Pasquale. In fondo ad essa si scorgono, già da subito le serrande del teatro su cui Jorit a riprodotto alcune foto di Eduardo. La piazza si è sempre chiamata piazza Teatro San Ferdinando, ma alla morte di Eduardo fu a lui intitolata ed oggi è riportata sulle carte stradali come piazza Eduardo De Filippo.

Con questo teatro io ho avuto, fin da piccolo, una sorta di familiarità, poiché la casa dei miei nonni paterni era lì a qualche centinaio di metri di distanza, in vico Secondo Santa Maria Avvocata, che incrocia sul suo tratto  finale la stretta via che sfocia davanti al teatro. Ed anche ho avuto la fortuna di assistere ad alcune recite del grande Eduardo.

Oggi il teatro è inglobato in una moderna palazzina sorta dopo la guerra, ma un tempo esso era posto in  un edificio indipendente.

Le versioni sulla nascita del teatro sono divergenti. Secondo Benedetto Croce la costruzione del teatro si deve al notaio Gaetano Francone in società con Pasquale Pignata e Giuseppe Di Giovanni, attori del San Carlino. La sua inaugurazione è posta dal Croce nell’anno 1790.

Di diverso parere è invece Vittorio Viviani, secondo il quale l’apertura del teatro avvenne tra il 1797 e il 1798, mentre la sua edificazione fu dovuta alla volontà dei principi Ripa Francesconi di Colombrano. Giovanni Artieri invece ritiene che a volere la costruzione del teatro fossero unitamente al Ripa Francesconi di Colombrano altri quattro aristocratici, cioè i principi Fiorino, Santobuono e Torchiarolo.

Ma esiste anche un’altra versione che attribuisce direttamente al sovrano Ferdinando IV la volontà di costruire il teatro. Secondo questa vulgata il sovrano volle costruire in una zona allora amena un teatro ed un palazzo in cui ospitare una delle sue figlie di salute cagionevole e che avrebbe potuto trarre beneficio dall’aria salubre del luogo.

Qualcun altro suggerisce invece che il palazzo fosse destinato ad ospitare le amanti del sovrano. Tuttavia quando fu il momento di dare un nome al nuovo teatro, la Deputazione dei teatri dette parere negativo alla sua intitolazione al re, poiché poiché affermò il teatro “non essere stato costruito per il Real Comando né a Spese Regie”. Per questo motivo propose di intitolare il nuovo teatro a San Ferdinando, che era una sorta di compromesso che omaggiava si il re, ma in maniera indiretta.

Ad ogni modo, quale che fosse il committente, il progetto fu affidato all’architetto Camillo Lionti. Alla fine la costruzione venne a costare la bella cifra di 39.000 ducati, pari a circa 2 milioni di euro.

Il teatro aveva una sala ellittica, quattro ordini di palchi e ciascuno disponeva di 13 poltrone. Al centro vi era  il palco reale, accanto al quale ve ne era un altro destinato ai parenti del re.

Per la serata inaugurale fu messa in scena l’opera di Domenico Cimarosa “Il falegname”. Da quel momento e per lungo tempo il teatro divenne il punto di incontro della migliore aristocrazia napoletana.

Tuttavia verso gli anni Quaranta del nuovo secolo il teatro conobbe una lenta decadenza e, nel 1848, divenne la sede di alcune compagnie filodrammatiche.

Negli anni Ottanta vi fece il suo esordio Federico Stella, col dramma “Tenebre e amore” di Crescenzio Di Maio. Federico Stella fu un vero maestro per diverse generazioni di attori ed egli stesso prolifico autori di drammi popolari che avevano un grande successo. Gli spettatori erano sempre emotivamente coinvolti, al punto da mettere a rischio l’incolumità dell’attore che interpretava le parti del cattivo. Più d’una volta dovette intervenire lo stesso Federico Stella per placare gli animi del pubblico che voleva fare giustizia sommaria fuori dal teatro per le malefatte commesse in scena da quello che era definito ‘o malamente.

Federico Stella rimase legato a quel teatro per più di quarant’anni, fino al 20 settembre del 1926. Aveva ottantaquattro anni quando mise in scena il suo ultimo lavoro “La bella di Portacapuana”.

Stella era famoso per la sua inventiva e per la capacità di reagire a qualsiasi imprevisto, oltre che per la sua generosità e bontà d’animo. Fu una figura indimenticabile della scena napoletana. Anche dopo la morte di Stella il teatro conservò la sua impronta popolare e sulle sue scene si esibirono ancora attori quali Amedeo Girard e Salvatore Muto, uno degli ultimi Pulcinella del teatro.  Iniziò poi il periodo della sceneggiata e sulle tavole di quel  palcoscenico si esibì la più famosa delle compagnie di quel genere la Cafiero-Fumo.

Durante il periodo fascista tuttavia il teatro conobbe una ulteriore e penosa decadenza, perse mano a mano il suo pubblico, fino ad essere trasformato nel Cinema Principe.

Arrivò poi la guerra e nell’agosto del 1943 un terribile bombardamento americano rase completamente al suole il vecchio teatro.

A guerra finita, nel 1948, Eduardo De Filippo, che aveva sempre coltivato il sogno di avere un teatro tutto suo, acquistò per 3 milioni di lire le rovine del San Ferdinando. Non si distingueva in esse e solo vagamente che la sagoma del proscenio.

I lavori per lo sgombero delle macerie e la costruzione del nuovo teatro andarono avanti per ben sei anni ed assorbirono tutti i risparmi di Eduardo, il quale fu anche costretto ad indebitarsi pesantemente con le banche.

Ma infine giunse la sera della nuova inaugurazione e per l’occasione fu messa in scena “Palimmella zompa e vola” di Antonio Petito.

Nella nuova compagnia figuravano i più noti attori napoletani dell’epoca, oltre a Titina vi erano Luisa Conte e Tina Pica, Amedeo Girard e Ugo Carloni, Gennaro Palumbo, Thea Pradi e Nino Veglia.

Il teatro era magnifico,  dotato di un ridotto assai accogliente in cui si sarebbero potute tenere mostre e dibattiti e che avrebbe piacevolmente accolto il pubblico prima e dopo le rappresentazioni. Si artocolava su tre piano collegati da scalinate di marmo ed al centro della scale, incassato nel muro era un Pulcinella in marmo policromo, disegnato da Titina.

Dal ridotto quattro ampie scale portavano alla platea, dal piano leggermente inclinato verso il palcoscenico. I palchetti della prima fila erano individuati, invece che da numeri dai nomi dei più importanti personaggi della scena teatrale  e storica napoletana quali Cammarano, Stella o Petito, oltre naturalmente a tanti altri. Al di sopra dei palchetti vi era la balconata.

In quella prima stagione furono messe in scena alcune delle più note commedie del repertorio napoletano. Negli anni seguenti furono rappresentati tutti i lavori di Eduardo.

L’avventura eccezionale durò 26 anni e la missione che l’attore e drammaturgo si era prefissa si evince chiaramente dalle sue parole:

L’idea non era soltanto quella di costruire una casa per l’attore ed autore Eduardo, ma era anche e, soprattutto, quella di costruire un teatro indipendentemente dall’uomo Eduardo, che creasse una rottura col vecchio teatro dialettale napoletano.”

Infatti con tutte le sue commedie, regolarmente messe in scena al San Ferdinando Eduardo riuscì a dare una dignità artistica al teatro dialettale. Sua cura costante fu quella di rispecchiare fedelmente la società del suo tempo e per questo dovette far ricorso a tutte le sfaccettature del dialetto natale. Il teatro dialettale cessò di essere puro intrattenimento per diventare teatro d’arte.

Alla morte di Eduardo, avvenuta il 31 ottobre del 1984, il teatro non gli sopravvisse e fu chiuso. Divenne un magazzino della memorie materiali della famigli, una sorta di soffitta. Finalmente nel 1996. Luca, il figlio di Eduardo decise di avviare una serie di lavori di ristrutturazione per donare il teatro alla città di Napoli. I lavori si protrassero per diversi anni fino a che, nel 2007 il teatro fu consegnato al Comune di Napoli. Il 30 settembre dello stesso anno si tenne l serata inaugurale e sul palcoscenico andò la commedia si Shakespeare, “La tempesta”, tradotta, anni prima da Eduardo, in napoletano.

Oggi la struttura tornata a nuova vita è la sede della Compagnia del Teatro Stabile di Napoli e gli auspici di tutti sono che il teatro possa avere una lunga vita e feconda.

 

 

 

 

 

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Cfr. Giulio Baffi:  1.   Teatri di Napoli. Origini, vicende, personaggi e curiosità dei teatri di prosa.    Newton Compton 1977; 2.Flavia Alvi:      Teatro San Ferdinando. Storia e tradizione del Teatro Stabile. Napoli a Teatro. 6 febbraio 2018. 3. Alessio Crocifoglio: Il teatro San Ferdinando di Napoli. Il sogno di Eduardo diventa realtà.È Campania 4.Gianluca Colazzo: Classic Cult , 30 ottobre 2019.Mariano Rizzo 5. Itinerari di Napoli: Teatro San Ferdinando. 6 Wikipedia

 

 

 

 

 

 

Giuseppe Esposito