Wanda Osiris, la regina del Varietà

-di Giuseppe Esposito-

Vi è stato un tempo in cui gli italiani erano affascinati e sognavano grazie ad una forma di spettacolo, oggi completamente dimenticata e che andava sotto il nome di Varietà.

La denominazione deriva dal termine francese varieté, termine usato, un tempo in tutta Europa, per indicare un tipo di intrattenimento che era costituito da numeri di musica, circo, magia e comicità, privi, nella maggioranza dei casi di un filo conduttore.

Più tardi, in Italia, il termine prese ad indicare un tipo di spettacolo leggero comprendente di arte varia, legati da un tenuissimo filo.

La nascita del varietà avviene in Francia alla metà del XIX secolo, quando si cominciarono ad allestire spettacoli, assemblando numeri di generi diversi in locali chiamati Café-chantant o Café-Concert. Successivamente a Parigi alcuni di questi locali assursero ad una grande notorietà ed attirarono un pubblico vasto ed eterogeneo. Molti nomi di quei locali sono rimasti nell’immaginario collettivo, quali ad esempio l’Eden Concert, l’Alcazar, il Bataclan, Le Folies Bergèr ed il Moulin Rouge.

In Italia il precursore di simili locali fu il Salone Margherita sorto, nel 1891 nella Galleria Umberto a Napoli.

Nello stesso anno apriva a Milano il Salone Caffè Concerto Morisetti. In breve tra Napoli, Milano e Roma sorsero circa trentacinque di locali simili, divenuti poi, col tempo, dei teatri.

Negli anni Venti si ebbe l’affermazione di un nuovo genere di spettacolo che prese il nome di Rivista. Anche quest’altro tipo di intrattenimento prese le mosse in Francia ed era caratterizzato dalla sontuosità della messa in scena, dalle coreografie fantasiose e dai costumi rutilanti e dal grande impegno produttivo e tecnico.

Nel 1931 importato dalla Germania, andò in scena lo spettacolo “Al Cavallino Bianco”, l’antesignano di tutti gli spettacoli di rivista, cui diedero vita i più noti artisti del tempo. Basti citare Totò, Carlo Dapporto, Nino Taranto, Macario, Renato Rascel, Elena Giusti, Ugo Tognazzi, Gino Bramieri, Delia Scala, Raimondo Vianello, Sandra Mondaini ed infine la più fascinosa di tutti Wanda Osiris.

Wanda Osiris era nata a Roma il 3 giugno 1905, suo padre era un palafreniere del re. A 16 anni inseguendo la sua passione per le scene, sebbene priva di grandi talenti artistici, la ragazza, il cui vero nome era Anna Maria Menzio fuggì a Milano, abbandonando lo studio del violino e la famiglia. Fu assunta in una compagnia che si esibiva al teatro Eden e debuttò come  ballerina di fila, nello spettacolo “Osvaldo mi fai morire”. Compariva in tabellone col nome di Jole Anna Menzio.

Gli inizi della carriera furono alquanto modesti. Le ragazze come lei di bell’aspetto, eleganti ma senza grandi doti artistiche venivano definite “donne di spolvero” ed in palcoscenico avevano una funzione puramente decorativa.

Ma Anna Maria Menzio era un tipo determinato e dopo le prime esperienze si adoperò per cambiare il suo aspetto e crearsi un personaggio. I capelli, che erano neri, divennero ossigenati, prese ad usare un pesante trucco con un cerone color ocra, mettendo in evidenza i suoi zigomi sporgenti che le davano un’aria esotica ed a vestire in maniera stravagante. In poco tempo scalò tutte le gerarchie dello spettacolo e si affermò come la regina del varietà. I suoi spettacoli erano improntati al massimo dello sfarzo, la messa in scena era sontuosa, le coreografie fantasiose ed i suoi abiti avevano colori sgargianti, con una preferenza per il bianco. Un impresario, colpito dal suo aspetto esotico le affibbiò il nome d’arte, Wanda Osiris, mutuato da quello di due delle più importanti divinità egizie Iside ed Osiride.

Il primo vero, grande successo arrivò agli inizi degli anni Trenta, con la rivista Il piccolo caffèin cui compare accanto a Totò, al Teatro Excelsior di Milano. La sua fama cresce rapidamente ed, in Italia, è pari solo a quelle delle grandi stelle quali Josephine Baker, Mistenguette, Marlène Dietrich o Greta Garbo. Per lei il giornalista Orio Vergani conia l’appellativo di Wandissima, la regina del teatro di varietà. La sua popolarità è tale che, si dice, persino Benito Mussolini, un giorno scese dalla sua carrozza per renderle omaggio e farle i suoi complimenti di persona.

Inanella spettacoli di grande successo, uno dietro l’altro. Nel ’36 è la volta di E se ti dice vai, tranquillo vai”, di Michele Galdieri. Nel ‘37/’38 arriva Ma adesso è un’altra musica”, sempre di Galdieri. Seguì Aria di festa in cui apparve in una gabbia d’oro. Nel ’39 fu in Follie d’America”, accanto a Macario.  Seguirono Carosello di donne” e “Tutte donne”, poi “30 donne e un cameriere” ed ancora “Tutte donne

Nonostante il successo strepitoso riuscì sempre a tenere riservata la sua vita privata, anche quando ancor giovane ebbe una figlia, la cui paternità non venne mai alla luce. Con l’entrata in guerra dell’Italia nel 1940, la sua carriera subisce una stasi inevitabile. Dopo la liberazione, torna in scena nel 1945 con lo spettacolo “Gran Varietàin cui recita accanto a Carlo Dapporto.

Sebbene il lusso delle sue messe in scena potrebbero stridere con la povertà dell’Italia, uscita stremata dal conflitto, in realtà i suoi spettacoli contribuivano a ridare un piccolo spiraglio di luce agli italiani e a distrarli dalla durezza della realtà. Il 1946 è l’anno di Domenica è sempre domenica. Insieme a lei è Enrico Viarisio.

Il massino dello sfarzo nella messa in scena lo raggiunge con lo spettacolo “Al Grand Hotel”, del 1948. Al suo fianco vi sono Dolores Palumbo, Giuseppe Torreli, Vera Carmi e Gianni Agus, col quale stabilisce una lunga relazione, sia artistica che personale.

Gli anni della ricostruzione e fino al boom economico sono quelli in cui la Osiris fa sognare gli italiani con spettacoli di grandiosità hollywoodiana. Le sue prime al Teatro Lirico gareggiano in eleganza e mondanità con quelle della Scala. Frequenti sono anche le sue incursioni nel cinema. Tra le canzoni da lei lanciate sono rimaste nella memoria di molti italiani motivi quali Ti parlerò d’amor”, “Un bacio a mezzanotte”, “Sentimental”, “Ti porterò fortuna”, “A sera quado piove ed innumerevoli altri motivi.

Nel 1954 mette in scena “Made in Italy con Macario, nel ‘54

/55 “Festival”, di Age, Scarpelli, Marchesi e Vergani e la regia di Luchino Visconti. Nel ‘55/’56 è la volta di “La granduchessa e i cameieri”, di Garinei e Giovannini, con Ernesto Bonino e Gino Bramieri. Nel ‘55/’56 recita con il trio Bramieri, Vianello e Duran in “OK fortuna”. Nel 1958 mette in scena “Doppia rosa al sex”.

Ma i tempi stanno cambiando e, con essi i gusti del pubblico. In Italia è arrivata la televisione ed i teatri si svuotano. In musica sono arrivati gli urlatori e Domenico Modugno ottiene un successo planetario con la sua “Nel blu dipinto di blu”.

La Wandissima imbocca il viale del tramonto. Si ritira dalle scene e vive nel suo appartamento di via Verri, non lontano dal Teatro Nuovo, in cui aveva mietuto tanti successi. Va a passare l’estate ad Alassio che era considerato il mare dei milanesi. Muore nella sua casa, assistita dalla figlia, l’11 novembre del 1994.

Ai giovani di oggi i nomi degli artisti, che ho citato sopra, non diranno assolutamente nulla. Sono reperti di un  tempo lontano, quello dei loro nonni. Eppure io, grazie alla mia età non più verde, sono riuscito alla metà degli anni Cinquanta ed avere un assaggio di rivista.  Ricordo infatti vagamente di essere andato, una sera, con mio padre in un cinema teatro di periferia, il Rivoli, di via Tadeo da Sessa, al Rione Luttazzi. Si dava una replica dello spettacolo “Attanasio cavallo vanesio”, di Garinei e Giovannini, con Renato Rascel e Lauretta Masiero. Un ricordo sbiadito eppure persistente. Una testimonianza di un’epoca ormai conclusa ed affidata alla storia.

Giuseppe Esposito

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