Navigando la laguna con gli occhi di Sob, Stefano Ogliari Badessi: pratiche artistiche per un nuovo presente.
Venezia-
Dal 14 al 16 maggio sull’isola della Certosa, Venezia, si è svolto Chi guarda cosa?, workshop condotto da S.O.B., Stefano Ogliari Badessi, quarto e ultimo appuntamento del progetto SuperaMenti. Pratiche artistiche per un nuovo presente, ideato dalla Collezione Peggy Guggenheim insieme a Swatch Art Peace Hotel per dare la possibilità ai giovani della Generazione Z, dai 16 ai 25 anni, di dialogare, anche se a distanza, con artisti nazionali e internazionali, conoscere e condividere la loro pratica artistica.
Prendendo spunto dalla riflessione sulle soluzioni che devono essere trovate rispetto alle tante problematiche che la quotidianità ci pone davanti, tutti i laboratori del ciclo hanno rappresentato uno strumento per superare i limiti dell’attualità contingente trovando nel dialogo con gli artisti e il confronto con la loro pratica artistica gli strumenti per costruire nuove visioni e processi utili ad affrontare le sfide che ci attendono.
Stefano Ogliari Badessi, in arte S.O.B., è un artista nomade che per le sue installazioni trae ispirazione dalla natura e dai sogni, come lui stesso afferma.
Amedeo Modigliani sosteneva: –Quando conoscerò la tua anima dipingerò i tuoi occhi-. Partendo da questa affermazione e da una riflessione sul rapporto indissolubile tra la città di Venezia e l’acqua, il laboratorio di S.O.B. vuole approfondire e onorare tale relazione, sottolineando importanza e potenzialità dell’anima fluttuante e liquida di Venezia. Alla luce della situazione attuale, e nel rispetto della normativa per il contenimento del Covid-19, gli incontri tra l’artista e i partecipanti nell’arco delle tre giornate di lavoro sono stati progettati in forma ibrida, combinando momenti online e in presenza presso l’Isola della Certosa, e ideati come un percorso di indagine e sviluppo del tema proposto.
Da questi incontri, e dal dialogo attivo con S.O.B., è stata realizzata un’installazione galleggiante: due “occhi fluttuanti”, creati grazie a una struttura gonfiabile, marca espressiva che già in passato ha contraddistinto il lavoro dell’artista cremasco. I due “occhi” sono stati poi trainati lungo la laguna nord di Venezia, su imbarcazioni dotate di un motore elettrico molto silenzioso che utilizza la tecnologia a batteria agli ioni di litio, che non emette sostanze inquinanti. Da sempre gli occhi sono carichi di una simbologia complessa, misteriosa, addirittura divina per le civiltà mesopotamiche: così con il suo laboratorio S.O.B. intende far riaffiorare l’anima di Venezia per poi farla simbolicamente galleggiare tra le sue acque.
“Per Swatch Art Peace Hotel è un grande onore e un immenso piacere aver preso parte a questo progetto”, sostiene Carlo Giordanetti, CEO Swatch Art Peace Hotel. “Questa ultima, ideale tappa che ha portato tanti giovani sull’isola della Certosa, ha chiuso il ciclo SuperaMenti nel migliore dei modi e credo che aver avuto accanto a noi l’energia di tanti giovani creativi e quattro differenti artisti, ci abbia dato la forza di superare momenti come questi, pieni di sfide”.
“Siamo davvero felici di aver collaborato con Swatch Art Peace Hotel in questo ciclo di workshop, ideato durante il periodo della pandemia, dunque durante un tempo assolutamente complesso”, fa eco Karole P. B. Vail. “Questo laboratorio, nello specifico, ci ha legati a doppio filo al nostro compagno di progetto, Swatch Art Peace Hotel, poiché ha trattato l’elemento acquatico, che caratterizza sia Venezia che Shangai, città in cui Swatch ha appunto la sua residenza d’artista. Mi auguro di cuore che SuperaMenti possa essere stato per i ragazzi che hanno partecipato uno stimolo per continuare a superare i limiti della loro creatività e proseguire nella scoperta della pratica artistica come modello di approccio al nuovo presente che abbiamo davanti a noi”.
Il workshop di S.O.B. ha chiuso il progetto dedicato alla Generazione Z che ha visto la partecipazione, dallo scorso ottobre, di Jan Vormann, con il laboratorio “Catelli di vetro”, Alice Pasquini, con “Oltre il muro: arte e contesto”, e Cecilia Jansson, con “Esplorare la distanza”.
