12 maggio, Giornata Internazionale dell’Infermiere. Dal Cotugno di Napoli, intervista a Vincenzo De Falco
-di Claudia izzo-
Era il 12 maggio 1820 quando nacque Florence Nightingale, fondatrice delle Scienze infermieristiche moderne, così ogni 12 maggio viene celebrata in tutto il mondo la Giornata Internazionale dell’Infermiere.
Una professione delicata, quella infermieristica, ne fanno parte le persone che si incontrano nei momenti più difficili della vita, quando cioè si ha bisogno di aiuto e le proprie forze sono venute meno. La delicatezza, la loro premura, la loro professionalità sono fondamentali in ogni storia di degenza. Spesso i loro sorrisi sono terapeutici.
Ed è proprio questa la categoria professionale che conta il maggior numero di contagi durante questa maledetta pandemia: quasi 80mila quelli contagiati nel 2020; 81 gli infermieri morti.
Ne parliamo con Vincenzo De Falco, coordinatore di un reparto Covid presso la IX Divisione UOC presso l’ospedale Cotugno di Napoli.
Cosa significa essere infermiere?
Significa unire professionalità a competenza nello svolgimento del nostro lavoro al servizio di coloro che hanno bisogno di noi.
La vostra è stata la categoria più colpita dal Covid-19, voi siete in trincea, vivete in prima persona l’andamento della pandemia. Qual è la situazione attuale al Cotugno in relazione all’emergenza Covid-19?
Tutti i reparti dedicati al Covid sono pieni, parliamo di circa 300 persone dislocate in 4 reparti di terapia sub intensiva, 2 reparti sono dedicati alle terapie intensive, quindi parliamo di rianimazione…Gli altri reparti sono stati trasformati in reparti di terapie sub intensive; nulla è come prima. Sono stati trasformati reparti per accogliere i contagiati Covid ed il problema si accentua con il sopraggiungere di casi di variante brasiliana e inglese; la prima è più contagiosa ed è in grado di eludere l’immunità, la seconda è più contagiosa perché ha una maggiore trasmissibilità perchè rimane più tempo nell’organismo.
Cosa si prova a vedere tanta sofferenza nello sguardo dei pazienti?
Sono situazioni tristi, c’è tanta sofferenza anche da parte di noi sanitari che osserviamo il fenomeno da vicino per poi vedere i pazienti sotto il casco o intubati. Tutto ciò fa soffrire…
Quali sono gli strumenti attualmente utilizzati per aiutare il paziente Covid nella respirazione ?
L’infezione da Covid 19 può provocare la polmonite interstiziale che negli stadi avanzati non consente lo scambio gassoso. Vengono così utilizzati mezzi non invasivi come i dispositivi Boussignac per l’assistenza respiratoria in pazienti in respiro spontaneo in modo da consentire il mantenimento nelle vie aeree di una pressione superiore alla pressione atmosferica durante l’intero ciclo respiratorio; la Pep Mask, i caschi CPAP, fino ad arrivare alla ventilazione invasiva tramite tubo endotracheale che è collegato ad un ventilatore meccanico in terapia intensiva. Nell’ospedale sono state intensificate le capacità di ossigeno dell’impianto.
Come coordinatore di un reparto Covid, ma come infermiere in genere, ti trovi quotidianamente innanzi a continui crocevia tra la vita e la morte ed anche in questo periodo di pandemia avrai visto persone riuscire a vincere la battaglia e persone soccombere…
Da poco è morto a causa del Covid 19 proprio un mio collega, Francesco Longo, 52 anni, lavorava in reparto al quarto piano. Non ce l’ha fatta, è morto proprio nell’ospedale dove lavorava con passione, dove ha aiutato tante persone a guarire. Sua moglie, Marinella Acanfora, caposala di terapia Intensiva sempre al Cotugno, che aveva contratto anche lei il virus, è guarita. Ce l’ha fatta, ultimamente, un ragazzo di 35 anni… Tutti siamo esposti ma continuiamo quotidianamente a lottare.
Ad Aprile al Cotugno è è stata realizzata la Stanza degli abbracci, un modo per ricreare un contatto, in sicurezza, tra i pazienti e i loro cari. Come funziona?
I pazienti Covid che si trovano in condizioni migliori possono beneficiare della presenza dei loro cari attraverso la stanza degli abbracci. Si tratta di uno spazio allestito nell’ospedale dove gli infermieri conducono i pazienti su sedie a rotelle. Qui, tra pareti di cellophane, i pazienti possono vedere, stringere la mano, in un certo senso riavvicinarsi ai loro cari in condizioni di massima sicurezza. Tra commozione e speranza, gli incontri avvengono per circa un quarto d’ora e sono momenti importanti dopo periodi di isolamento piuttosto difficili per tutti.
Cosa pensi di questo periodo che stiamo vivendo in cui si riapre tutto ma si continua ad essere contagiati ed a morire?
In più rispetto a prima ci sono le varianti, ma al tempo stesso ci sono i vaccini. L’economia va risollevata ma la cautela a mio avviso nella riapertura di tutto doveva essere maggiore. Il problema continua ad esistere e la guardia non va abbassata. Questo deve essere un messaggio chiaro per tutti, soprattutto per i più giovani che, non evitando assembramenti, inconsapevolmente possono essere asintomatici e trasmettere il virus a persone più deboli. Noi intanto, continuiamo a lottare.
Fotografie di Vincenzo De Falco
