Un roseto: spiraglio di trascendenza

-di Clotilde Baccari-

“Un uomo saggio se ne stava un giorno col capo chino in meditazione, mentre il suo spirito si perdeva nel mare della Rivelazione. Quando rinvenne, uno dei suoi amici gli chiese per scherzo: -Da quel giardino in cui ti trovavi, quale dono della Grazia ci hai recato?- Rispose: “M’ero prefisso di colmare un lembo della mia veste di rose, allorché fossi giunto presso un cespo, per portarne in dono agli amici. Quando però vi giunsi, il profumo di rosa mi rese ebbro, sicché il lembo mi sfuggì di mano…” (Carlo Saccone, I giardini fioriti dei poeti persiani)

Tutto partì da una banale chiacchierata con alcuni amici con i quali, in una baita sull’Alpe di Siusi, in occasione di una nostra permanenza ad Ortisei, si parlava di bellezza. Uno di  loro ricordava l’invito di Plotino all’uomo di prepararsi al bello, come un artista prima di approcciarsi al suo progetto, poiché non si  può ammirare la meraviglia senza essersi preparato a quella visione…

”E’ necessario che l’occhio destinato a vedere cose belle diventi prima di tutto parente e simile alla cosa che vuol vedere, perché un occhio non può vedere il sole se non è diventato solare, cioè, se non ha acquistato la natura del sole, e nessun animo, se non è diventato bello, può intuire la bellezza” (Enneadi, Plotino).

Intervenni e, condividendo l’estetica del grande  filosofo greco, espressi la mia convinzione che aver fissato le Dolomiti come meta annuale  del mio riposo estivo nascesse dalla necessità pressante di curare la frammentarietà del quotidiano e  il  forte senso di vuoto  dell’anonima città attraverso il percorrere, anche se per pochi giorni all’anno,  la via della pienezza attraverso la bellezza della natura di quel luogo…

La discussione si protrasse tra l’assunto di Delacroix per cui la bellezza è una festa per gli occhi, il pensiero  kantiano sulla  bellezza che  nutre e illumina lo spirito e la teoria dell’ineffabile di Sant’Agostino, secondo la quale attraverso il visibile si percepisce l’invisibile, valida a celebrare  la bellezza come espressione della perfezione divina.

A quel punto il proprietario della baita che, pur se solo a tratti aveva seguito la nostra conversazione, ci consigliò, a proposito di bellezza, di visitare un luogo magico di cui pochi erano a conoscenza, a Bulla, un paesino poco distante da Ortisei, a 1600 m di altitudine, dove avremmo potuto visitare, insieme ad una chiesa del 1300 che era un vero gioiello, anche uno tra i luoghi più belli non solo delle Dolomiti, il roseto più alto d’Europa con una coltivazione di 7000 rose; un giardino di 4000mq.con l’incantevole collezione di rose in alta quota impiantata da una donna straordinaria, Lotte Zemmer.

Ci assicurò, intanto, che ciascuno di noi sarebbe tornato da quella escursione con un nuovo concetto di bellezza del tutto personale. Mi lasciò stupita l’idea di un roseto arroccato così in alto ed in un luogo alquanto impervio. Chi conosce le rose sa quanto laborioso e difficile sia la cura di un roseto anche in un luogo di facile accesso. Fu allora che la storia raccontatami dall’appassionato narratore mi fece intendere che la coltivazione di rose che avremmo visitato trovava degli antecedenti nella storia  del luogo.Era  la leggenda di un altro roseto esistito, in passato tra le vette delle Dolomiti.

Laurino, il re dei nani, era vissuto in tempi lontani su quei monti del  maestoso Massiccio del Catinaccio, il Rosengarten,  cioè giardino di rose in un castello circondato da un grande roseto. Era felice in quell’Eden ma desiderava una moglie. Si entusiasmò molto, quando seppe che il re dell’Adige aveva deciso di trovare il giusto marito per sua figlia Similide. Si offese però, poiché, proprio per il suo essere un nano, non fu  invitato al torneo indetto dal re per individuare il suo futuro genero. Laurino, oltre il suo regno e il suo splendido roseto, possedeva due straordinari beni, un mantello che lo rendeva invisibile e una cintura magica che gli dava una forza pari a dodici cavalieri. Grazie alla magia del mantello, senza essere visto, rapì la principessa di cui si era perdutamente innamorato, e la portò nel suo regno. Ben presto, però, dovette ricacciare l’esercito del re che la reclamava. Pertanto, non essendo sufficiente solo l’aiuto della spada a sconfiggere i nemici, indossò anche il mantello che, pur riuscendo nella magia a renderlo invisibile, non poté evitare tra le rose un delicato fruscio dei petali che si scompigliarono, sgualcendosi al suo passaggio. Così Laurino fu scoperto e fu privato del suo amore; irritato con le sue rose per essere stato tradito proprio da loro che tanto amava, decretò che nessuno avrebbe più potuto godere della loro bellezza né di giorno, né di notte ma si dimenticò dell’alba e del tramonto…

Questo splendido affabulatore mi stava spiegando con una leggenda popolare un fenomeno naturale tipico delle Dolomiti, quello della Enrosadira, un fenomeno che si manifesta all’alba e al tramonto e che conferisce un colore rosa-viola a quelle montagne, causato molto probabilmente dalla loro composizione chimica ricca di magnesio e di carbonato di calcio. Mi incantò questa storia di fiori, di amore, di magia, la delicatezza della narrazione mi rapì così tanto che il giorno successivo avrei visitato il roseto di Bulla.

Era un luogo di assoluta bellezza e sfolgorante per le  migliaia di rose in fiore di ogni colore; un giardino  che, nel suo essere un hortus, nel contempo, amoenus e  conclusus, rappresentava lo spazio ideale per l’incontro tra l’umano e il divino. In quell’atmosfera di incanto la passeggiata fatta di noi, attenti e silenziosi fruitori di una natura pronuba e  incontaminata, si andava metaforicamente a  connettere  alla ricchezza botanica del luogo e il roseto diventava il locus divinus in cui il visibile disvelava l’invisibile.

Avvicinatevi, vi prego, ammirate questo spettacolo che senza ombra di dubbio è una delle cose più belle di cui questo pianeta disponga …Sono pietre o nuvole? Sono vere oppure un sogno? “(Dino Buzzati, Montagne di vetro.) diceva Dino Buzzati di fronte alla maestà delle Dolomiti e Albert Einstein dinanzi ad un tale spettacolo non avrebbe potuto che dire –Non si può fare altro che restare stupiti quando si contemplano i misteri dell’eternità, della vita, della meraviglia della realtà. E’ sufficiente se si cerca di comprendere solo un poco di questo mistero tutti i giorni-.

Si saliva  lungo terrazzamenti, strapiombi, massi rocciosi, scale che si arroccavano lungo strettoie e impervi passaggi tra gradoni e sentieri per poi fermarsi in spazi adatti a pause contemplative  e  in una incredibile fascinazione, tra verticalità, maestosità e musicalità di dolci e lenti corsi di acqua, il tempo si andava fermando, lo spazio si dilatava, il pensiero raggiungeva l’estasi tra fragranze inebrianti  e colori di mille tonalità, tra materiali tutti terreni come pietre, ferro battuto, essenze lignee e la voce del silenzio che suscitava  emozioni profonde e una energia che passando  dagli occhi  attraversava i pensieri inducendoci  a scrutare dentro di noi e ad interrogare la scienza, la paleontologia, la geologia, la religione, invitati  a riflettere dai continui moniti riportati a grandi lettere sulle panchine lungo il percorso:” Un giardino senza fiori è come una vita senza amore”, “le rose si lasciano baciare dalla luce per mostrare le loro magiche trasparenze”, “le rose parlano tutte le lingue”…..

Ci trovavamo in un roseto forse parlante…? C’erano rose in quantità ,come in folla festante, più di duecento cinquanta varietà, rampicanti e tappezzanti, a fiori grandi, pronubi, sontuosi e rose selvatiche più piccole…ed ecco le rose Anna, con i loro fiori classici, a forma piena, nel caldo colore “rosa veneziano” sul fogliame di un verde pienamente denso, emanare un profumo fresco e delicato.

Alla vista di rose Baccara di un rosso vellutato era spontaneo il gesto di carezzarne i petali doppi, né meno straordinarie si schiudevano al nostro sguardo   le rose Fautin Latour che, con il verde scuro delle foglie e il bianco crema dei petali, sembravano uscire da una tela dipinta dall’artista di cui portano il nome.

Era un susseguirsi di suggestioni cromatiche: una parete di  rose Sebastian Kneipp, dal fascino antico, simili nel portamento  ad eleganti dame, inebrianti nel loro intenso profumo e ancora le Amulett  con la selvatichezza delle rose di campagna nei loro fiori rossi leggermente profumati e poi un tripudio di rose nane Polianta con i fiori bianchi e rosa uniti in grappoli dal profumo solo lievemente percettibile.

Poco distante, le rare  rose spontanee di macchia, le Rose Dolomiti, semplici, forti e di una delicata bellezza  che  nella loro collocazione, lì sulle vette, volevano ricordare  la  giovane e bella sciatrice altoatesina alla quale Lotte Zemmer le aveva dedicate, Simona Senoner, scomparsa a soli diciassette anni mentre era in trasferta con la nazionale di salto con sci….

Gli occhi traboccavano di bellezza, quella bellezza che è “forma” in quanto sostanza, proportio perché armonia, integritas nella sua perfezione, claritas nella lucentezza dei colori (San Tommaso). In quel roseto, nello stupore del creato, nella tenace volontà di Lotte Zemmer, tra quelle vette “ritrovavo una bellezza tanto antica perché c’era da sempre e tanto nuova poiché la ritrovavo dentro di me” (Sant’Agostino), in quello splendore, rinvenivo finalmente uno spiraglio di trascendenza.

 

 

 

 

Plotino: Sailko, CC BY 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/3.0>, via Wikimedia Commons

Enrosadira, pink mountains” by Immagini 2&3D is licensed with CC BY-NC-SA 2.0. To view a copy of this license, visit https://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/2.0/

Rose, Anna Scharsach, バラ, アンナ シャルサック,” by T.Kiya is licensed with CC BY-SA 2.0. To view a copy of this license, visit https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0

“181” by bluefootedbooby is licensed with CC BY-SA 2.0. To view a copy of this license, visit https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0/

塞巴斯蒂安克奈普(Sebastian Kneipp)rose-sebastian-kneipp-im-grossen-container-edelrose-in-cremeweiss-2264800″ by 悠遊山城.樹玫瑰.庭園美食. is licensed with CC BY 2.0. To view a copy of this license, visit https://creativecommons.org/licenses/by/2.0/

 

Clotilde Baccari

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