In Kenia giraffe salvate dalle acque

Esemplare progetto della onlus “Save giraffes now”-di Vincenzo Iommazzo-

Avala, Asiwa, Lbarnnoti, Nalangu, Nasieku, Ngarikoni, Noelle, Pasaka, Susan, non sono i nomi dei componenti di una famiglia africana neanche tanto numerosa per gli standard del continente, ma gli appellativi di giraffe stanziate nei pressi del lago Baringo in Kenia. Da dicembre dello scorso anno fino a pochi giorni orsono sono state protagoniste di una straordinaria vicenda che ha già fatto il giro del web.

La raccontano David O’Connor presidente e Susan Myers ceo di Save Giraffes Now, organizzazione no profit con sede a Dallas in Texas, dedicata al salvataggio di questi splendidi animali da una estinzione silente che in Kenia ha ridotto la specie ad appena 800 esemplari. Una famiglia di giraffe, tra cui mamma Ngarikoni e sua figlia di pochi mesi Noelle, si è trovata intrappolata su un’isola, che prima era un ampio lembo di terra, formatasi per l’innalzamento delle acque, a causa delle forti piogge, nel lago Baringo.

Già dagli scorsi mesi si era presentato il problema della crescente scarsità di risorse e di spazi che a breve avrebbero condannato gli animali a una tragica fine se non fossero stati alimentati dal cibo che giornalmente i rangers hanno assicurato loro. Ma la cosa non poteva andare avanti all’infinito e allora in quattro mesi la onlus Save Giraffes Now ha elaborato un progetto senza precedenti per riportare il branco sulla terraferma, vincendo la timidezza e la diffidenza caratteristica di questi esemplari dal peculiare aspetto (collo e zampe allungate, ossiconi simili a piccole corna sul capo, caratteristico mantello a macchie) che fin dall’antichità ha incuriosito molte culture.

Per trasferirli, l’associazione ha progettato una chiatta chiusa ai lati, ma aperta a poppa e a prua, ancorata normalmente ad una sponda dell’isolotto, sulla quale hanno piazzato foglie e fiori di acacia, cibo normalmente molto gradito a questi splendidi erbivori in virtù della loro altezza che li mette al riparo dalla golosità della maggior parte della restante fauna.

Quando la prima (e più coraggiosa) giraffa ha rotto gli indugi ed è salita tranquilla e fiduciosa a bordo del natante, i rangers hanno chiuso l’imbarcazione e, agganciandola ad un barchino, lentamente hanno traghettato l’esemplare sulla terraferma dove è stata accolta e introdotta nella nuova area protetta Ruko Conservancy di 1.800 ettari dove gli ospiti sono liberi di vivere e riprodursi. L’operazione è stata ripetuta pazientemente, nell’arco di alcuni mesi per tutte le altre giraffe, fino a che pochi giorni fa anche la coppia di mamma e figlia ha seguito l’esempio del gruppo e ha permesso di completare felicemente la missione.

La riuscita dell’innovativo ed audace progetto, condotto in collaborazione con  le associazioni e popolazioni locali, ha giustamente entusiasmato O’Connor, scienziato zoologo e tra i massimi esperti al mondo di fauna selvaggia, che ora è più fiducioso nella riproduzione degli esemplari sottratti al rischio di estinzione e riportati ad essere ammirati ed amati anche se guardano tutti dall’alto in basso…

Vincenzo Iommazzo

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