14 aprile 1957 , muore “La maestrina dalla penna rossa”
-di Giuseppe Esposito-
Oggi non v’è, forse, più nessuno che legga il libro “Cuore” di Edmondo De Amicis. Eppure è stato quello, per generazioni, un libro che non poteva mancare nello scaffale di un adolescente. Poi è caduto in disuso, è stato considerato superato, sdolcinato, classista e diseducativo anche se sarei del parere di rivalutarlo.
In esso l’autore ci rappresenta un’Italia da poco riunita e la società di fine Ottocento con tutte le sue differenze sociali, culturali, e, soprattutto, quelle che distinguevano le due grandi parti dell’Italia riunificata, il nord ed il sud quando la cosiddetta questione meridionale era appena stata suscitata da politici quali Giustino Fortunato.
Ma in questa nostra epoca così priva di valori ed in cui oramai ci si inchina solo al dio denaro, un romanzo come quello di De Amicis potrebbe riportare un po’ di aria fresca.
La mia generazione, quella cioè di chi ha superato la soglia della settantina, credo sia stata l’ultima generazione per la quale Cuore era una lettura imprescindibile e che era presente in tutte le biblioteche scolastiche.
Cuore è un romanzo per ragazzi che si articola in vari episodi. Fu pubblicato la prima volta dall’editore Treves a Milano, nel 1886 ed ebbe un immediato e largo successo, tanto da avere numerose ristampe ed edizioni. –
L’opera è scritta in forma di diario, tenuto da un ragazzo che frequenta la terza classe elementare, nell’anno scolastico 1881 – 1882. All’inizio di ogni capitolo vi è la data del giorno in cui i fatti narrati si svolgono. All’inizio del libro a mo’ di prefazione l’autore così scriveva:
“Questo libro è particolarmente dedicato ai ragazzi delle scuole elementari, i quali sono tra i 9 e i 13 anni e si potrebbe intitolare: “Storia di un anno scolastico”, scritta da un alunno di terza di una scuola municipale d’Italia. Dicendo scritta da un alunno di terza non voglio dire che l’abbia scritta propriamente lui, tal quale è stampata. Egli notava man mano in un quaderno, come sapeva, quello che aveva vista, pensato, sentito nella scuola e fuori; suo padre a fine d’anno scrisse queste pagine su quelle note, studiandosi di non alterare il pensiero e di conservare, quanto fosse possibile, le parole del figlio. Il quale poi, 4 anni dopo, essendo già nel Ginnasio rilesse il manoscritto e v’aggiunse qualcosa di suo, valendosi della memoria ancor fresca delle persone e delle cose. Ora leggete questo libro ragazzi: io spero che ne sarete contenti e che vi farà del bene.”
Il romanzo è composto da tre filoni: il primo è il diario di un ragazzo borghese, Enrico Bottini che registra i fatti avvenuti nella sua classe, durante l’anno scolastico 1881 – 1882, in una scuola di Torino. Il secondo e di tipo epistolare e comprende le lettere che il padre scrive ad Enrico. La terza parte è costituita dai racconti che il maestro narra ogni mese e che hanno sempre, come protagonisti, dei ragazzi.
L’opera ha un chiaro intento pedagogico che è quello di ispirare ai giovani del neonato Regno d’Italia i buoni sentimenti e l’amore di patria oltre che le virtù civili.
I personaggi sono tanti, da Enrico Bottini che è l’io narrante ai suoi genitori, col padre ingegnere come il nonno e la mamma. Vi è anche la sorella maggiore di Enrico, Silvia. I compagni di classe sono un insieme variegato che va da Garrone, ragazzo di statura gigantesca, protettore dei più deboli ad Antonio Rabucco, figlio di un umile muratore. Da Ernesto Derossi di famiglia ricca, il migliore della classe e di grande bontà d’animo a Franti il cattivo, strisciante coi ragazzi più grandi ed arrogante coi più piccoli. Da Carlo Nobis, ricco e arrogante a Coretti, figlio di un veterano delle guerre di indipendenza a Crossi, figlio di un erbivendola ed il cui padre è forse stato in prigione. Vi sono poi Coraci il calabrese, Giulio Robetti, Percossi, Votini e Garaffi. Infine vi sono il maestro Perboni, figura triste senza una famiglia, le maestre tra cui spicca la “Maestrina dalla Penna Rossa”. Infine non possiamo dimenticare i protagonisti dei vari racconti mensili intitolati: Il piccolo patriota padovano; La piccola vedetta lombarda; Il piccolo scrivano fiorentino; Il tamburino sardo; L’infermiere di Tata; Sangue romagnolo; Valor Civile; Dagli Appennini alle Ande; ed infine Naufragio.
I personaggi sono tutti scaturiti dalla fantasia dell’autore, ma ve n’è uno di cui si conosce la persona a cui il De Amicis si ispirò per descrivere il suo personaggio: si tratta della Maestrina dalla Penna Rossa. Il modello che ispirò l’autore è veramente vissuto e si chiamava Giuseppina Eugenia Barruero. Era nata a Torino in una casa di largo Montebello al numero 38. Sulla facciata di quell’edificio, ancora oggi, possiamo notare una targa, affissa nel 1935 e su cui si legge:
In questa casa visse
La Maestrina dalla Penna Rossa
Ricordata nel libro Cuore
Da Edmondo De Amicis
Eugenia Barruero
Sodalizio Ragazzi del ‘99
1935
Di Eugenia Barruero si dice che davvero fosse una maestra elementare, una insegnante molto sensibile e dotata di spiccato senso materno nei confronti dei suoi scolari. È probabile che il De Amicis l’avesse conosciuta ed impressionato dalla sua dolcezza l’avesse trasposta nel suo romanzo, nel quale così la descrive:
“Sempre allegra, tiene la classe allegra, sorride sempre, grida sempre con la sua voce argentina che par che canti, picchiando la bacchetta sul tavolino e battendo le mani per imporre silenzio; poi quando escono corre come una bimba dietro all’uno e all’altro per rimetterli in fila; e a questo tira su il bavero e all’altro abbottona il cappotto perché non infreddino; li segue sulla strada …è continuamente tormentata dai più piccoli che le fanno carezze e le chiedono dei baci tirandola pel velo e per la mantiglia, ma essa li lascia fare e li bacia tutti ridendo. Poi fa ritorno a casa ogni giorno arruffata e sgolata, tutta ansante e tutta contente con le sue belle pozzette e la sua penna rossa.”
Eugenia Barruero ebbe una vita lunghissima e morì nel il 14 aprile 1957. In quella occasione “La Domenica del Corriere” le dedicò la sua copertina, opera di Walter Molino. Sotto l’illustrazione si leggeva: “È morta a Torino Eugenia Barruero,” la maestrina dalla penna rossa”, che De Amicis ha esaltato in una delle pagine più belle del suo capolavoro. Appunto ispirandosi a quella pagina Walter Molino ha ricostruito qui la scena dell’uscita dalla scuola, con la maestrina che corre come una bimba dietro all’uno e all’altro per rimetterli in fila e li segue sulla strada, sempre sorridente. Un papà aspetta il figlio, il piccolo Enrico. Quel papà è Edmondo De Amicis. La maestrina nata nel 1860 aveva all’epoca 26 anni.”
Targa: Pmk58, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons
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