23 marzo 1944, dall’attentato di via Rasella alle Fosse Ardeatine

-di Giuseppe Esposito-

Correva il marzo 1944, sono dunque passati appena sei mesi dall’armistizio firmato a Cassibile, il 3 settembre del ‘43 tra italiani ed angloamericani. I tedeschi in Italia si sono trasformati da alleati in occupanti. Le forze armate italiane sono state lasciate nel caos da quei governanti che avevano scelto la fuga, abbandonando la capitale senza alcuna difesa.

 

L’Italia si ritrovava divisa in due, con i tedeschi al nord e gli angloamericani al sud, precipitata in una vera e propria guerra civile. Gli unici che ancora si opponevano all’occupazione erano i partigiani. Ma i tedeschi appena fu resa nota la firma dell’armistizio avevano messo in atto il Piano Achse, che avevano già pronto ed avevano diviso gli appartenenti alle forze armate italiane in tre gruppi: quello di chi sceglieva di restare a combattere al loro fianco, quello di chi non voleva più combattere veniva spedito nei campi di internamento e quelli che, infine, avevano scelto di opporsi all’occupazione e si erano aggregati alla Resistenza. Gli appartenenti al terzo gruppo, in caso di catture venivano fucilati, se ufficiali, o mandati nei campi di lavoro se soldati.

In questo confuso clima di guerra i partigiani organizzarono per il 23 marzo un attentato contro una colonna tedesca. Al passaggio del nemico fecero scoppiare una bomba che uccise 32 tedeschi e ne ferì molti altri.

Il giorno seguente l’Agenzia Stefani diffuse questo comunicato del comando tedesco:

Nel pomeriggio del 23 marzo  1944, elementi criminali hanno eseguito un attentato con lancio di bombe contro una colonna di polizia in transito in via Rasella, a Roma. In seguito a questa imboscata trentadue uomini della polizia tedesca sono stati uccisi ed altri feriti. La vile imboscata fu eseguita da comunisti badogliani. Sono ancora in atto le indagini per chiarire fino a che punto questo atto criminoso è da attribuirsi a incitamento angloamericano. Il comando tedesco è deciso a stroncare l’attività di questi banditi scellerati. Nessuno dovrà più sabotare impunemente la collaborazione italo tedesca nuovamente affermata. Il comando tedesco ha perciò ordinato che per ogni tedesco ammazzato, dieci comunisti badogliani saranno fucilati.  Quest’ordine è già stato eseguito.”

Era questa la prima notizia dell’eccidio perpetrato dai tedeschi alle Fosse Ardeatine.

Sulla vicenda furono messe in circolazione molte notizie come quella secondo la quale le vittime non appartenessero alle forze combattenti. In realtà si trattava di uomini della XI Compagnia del Polizia Regiment Bozen, composta da altoatesini in completo assetto di guerra, dotati di armamento pesante e scortati da un mezzo corazzato equipaggiato con una mitragliatrice. Era una unità antisommossa addestrata per reprimere eventuali rivolte ed a cui apparteneva quel motociclista che il 3 marzo aveva falciato col suo mitra la popolana Teresa Gullace, la donna cioè che nel film Roma città aperta, girato pochi anni dopo da Roberto Rossellini, fu interpretata da Anna Magnani e divenne famosa in tutto il mondo, simbolo della ferocia nazista.

Dopo la liberazione di Roma, le Compagnie IX e X del Bozen furono inviate al nord e parteciparono, con la divisione Herman Göring e gli uomini della Brigata nera “Ettore Muti”, ai rastrellamenti antipartigiani. La IX Compagnia operò in Istria e la X nel Bellunese dove furono dati alle fiamme interi villaggi ed i loro abitanti furono passati per le armi. Alla fine si conteranno nella zona più di ottocento vittime tra civili e partigiani.

In una intervista a La Stampa, rilasciata subito dopo la fine della guerra, Edda Mussolini, commentando l’operato del comando tedesco di Roma lo giustificò affermando che si era in guerra e che il comandante aveva fatto semplicemente il suo dovere. Il comandante cui si riferiva era quell’Herich Priebke che fu processato e condannato all’ergastolo per aver trucidato alle Fosse Ardeatine 330 civili innocenti.

Di quel giorno ci è stato lasciato un ricordo dal sacerdote don Libero Raganella. Egli era stato contattato dalla Resistenza perché si recasse dalle parti di Porta San Sebastiano e sulla Ardeatina dove si segnalava che stesse accadendo qualcosa di strano. Questa è la testimonianza lasciataci da don Raganella:

Le raffiche di mitra ora si sentono a breve distanza e ad intervalli, unite alle grida disperate e strazianti. L’ SS, che mi è ormai di fronte, in un italiano quasi perfetto (capisco subito che è altoatesino che ha optato per la grande Germania) mi fa notare che è proibito proseguire per quella strada e sostare, essendovi in corso un atto di guerra. Mentre parla, più che ascoltare lui, ascolto le mitragliatrici che, a brevi intervalli, scattano in un canto rabbioso ed in quel fragore, più distinte e chiare le urla, i lamenti ed ogni verso umano, ma reso disumano dal terrore. Come in sogno afferro la tragedia. “Là stanno morendo. Io sono un sacerdote. Vorrei assisterli, benedirli.” Riesco a dire con un filo di voce. “Non è possibile. Nessuno può passare. E se pure io la lasciassi passare – dice quello voltandosi verso gli altri soldati – lei non tornerebbe indietro e noi faremmo la stessa fine di quelli là dentro. Vada via. Vada via prima che sia troppo tardi.”

Gli italiani apprendono della strage nei giorni 9 e 10 aprile. Ricevono una lettera dal comando tedesco che nella sua lingua annuncia alle famiglie che un loro congiunto è morto, senza specificare null’altro.

Quando il CLN apprese la notizia, si assunse la piena responsabilità dell’attentato di via Rasella che era stato un atto di guerra e non un atto criminoso. Il comunicato che fu rilasciato è il seguente:

Italiani e italiane un delitto senza nome è stato commesso nella vostra capitale. Sotto il pretesto di una rappresaglia per un atto di guerra di patrioti italiani, in cui avevano perso la vita 32 SS, il nemico ha massacrato 320 innocenti, strappandoli dalla prigione in cui languivano da mesi. Uomini colpevoli di non altro che di amare la patria, ma nessuno di essi ave parte alcuna né diretta, né indiretta in quell’atto, sono stati uccisi il 24 marzo senza processo alcuno, senza assistenza religiosa né conforto di familiari: non giustiziati, ma assassinati. Roma è inorridita per questa strage. Essa insorge in nome dell’umanità e condanna all’esecrazione gli assassini come i loro complici e alleati.

 

 

 

 

 

“roma 2010” by ho visto nina volare is licensed with CC BY-SA 2.0. To view a copy of this license, visit https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0/

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Fosse Ardeatine: 74° anniversario” by Ministero Difesa is licensed with CC BY-NC 2.0. To view a copy of this license, visit https://creativecommons.org/licenses/by-nc/2.0/

 

 

Giuseppe Esposito

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