21 Marzo 1956, l’Oscar ad Anna Magnani

-di Giuseppe Esposito-

Palazzo Altieri, a Roma, è un edificio posto tra palazzo Venezia e palazzo Bonaparte dove, nel 1836, moriva Letizia Ramolino, madre di Napoleone imperatore dei Francesi. All’ultimo piano abita, da poco tempo, Anna Magnani. In quell’appartamento, alle sette e cinque minuti del mattino del 22 marzo 1956 squilla il telefono. A rispondere è la voce di una assonnata Anna Magnani, che era andata a letto appena qualche ora prima, dopo una notte insonne. Con voce impastata l’attrice riesce appena ad articolare un: “Hallo!” all’americana.

La voce, che sente nella cornetta, è quella di un corrispondente americano da Roma che le annuncia: “Avete vinto l’Oscar! Brava!”

L’attrice resta per qualche attino senza parole, vorrebbe gridare al telefono la sua gioia, ma un groppo le serra la gola. Infine risponde laconica: “Magnani is happy.”

 Come se parlasse di un’altra persona. Sapeva di essere in lizza per il premio più importante del mondo del cinema, ma un po’ per scaramanzia e po’ perché conoscendo lo sciovinismo deli americani, non ci sperava molto. Era la prima volta che la famosa statuetta veniva assegnata ad un’attrice italiana.

Il film per il quale le fu assegnato il prestigioso riconoscimento era La rosa tatuata, tratto da un testo teatrale di Tennessee Williams, scritto espressamente per la Magnani. Purtroppo l’inglese di Anna non era sufficiente per affrontare le scene di Broadway e quindi il drammaturgo si convinse a cedere i diritti per la realizzazione di un film. Ma lo fece a due condizioni imprescindibili, che a scrivere la sceneggiatura fosse lui stesso e che la parte della protagonista femminile fosse assegnata alla Magnani. Poi per garantire un buon successo al film fu scelto, quale protagonista maschile Burt Lancaster, mentre la regia fu affidata a Daniel Mann. Il film ottenne un buon successo nelle sale di tutto il mondo e soprattutto fu molto apprezzato dalla critica.

La giornata del 22 marzo fu indimenticabile, assediata da più di 47 fotoreporters e da più di 30 giornalisti  fotografi e giornalisti, alla fine la stanchezza le si leggeva sul volto, anche se cercava di dissimularla sotto la coltre dei suoi modi affabili.

Tuttavia al ricevimento dato presso l’Hotel Excelsior, di Roma, per festeggiare la vittoria non furono presenti molti dei suoi colleghi italiani. Non le due maggiorate più popolari del tempo quali la Loren e la Lollobrigida, non i protagonisti dei film più seguiti in quegli anni quali Totò, Sordi, Rascel e tanti altri. Il successo internazionale di Anna, boicottata, negli ultimi quattro anni dalla cinematografia italiana era un boccone duro da digerire per un ambiente ancora troppo provinciale. Che una ragazza povera, abbandonata dalla madre e che non aveva mai saputo chi era suo padre, fosse divenuta una star internazionale, di casa ad Hollywood e che aveva per amici personaggi del calibro di Tennesse Williams, era davvero troppo.

Eppure la vita per  Anna Magnani non era stata tenera. Nata a Roma il 7 marzo 1908, aveva dunque in quel momento 48 anni ed una lunga carriera alle spalle. Aveva conquistato una notorietà di livello mondiale interpretando una delle scene più famose di tutti i tempi. Quella  del film di Roberto Rossellini, Roma città aperta, del 1945, divenuta quasi un manifesto del nascente neorealismo italiano, quella in cui il personaggio della sora Pina, una popolana romana, corre dietro il camion su cui i tedeschi hanno caricato il marito, catturato insieme ad altri uomini nelle vie di Roma. La corsa del personaggio si conclude tragicamente quando la donna cade falciata da una raffica di mitra di un soldato della Wehrmacht.

Anna era stata allevata dalla nonna materna, dopo che la madre, sarta, si era trasferita ad Alessandria d’Egitto. Nel 1927 aveva preso a frequentare la scuola d’arte drammatica Eleonora Duse, diretta da Silvio D’Amico, divenuta, più tardi, Accademia nazionale d’arte drammatica. Di lei lo stesso Silvio D’Amico ebbe a dire: “La scuola non poteva in segnarle molto di quello che già aveva dentro di sé … aveva un carisma che l’avrebbe resa famosa.” Ed a Suso Cecchi D’Amico raccontò: “Ieri è venuta una ragazzina, piccola, mora con gli occhi espressivi. Non recita, vive le parti che le vengono assegnate. È già un’attrice.”

I suoi esordi erano avvenuti in teatro con la compagnia di Gandusio. Era poi passata alla rivista con i fratelli De Rege. Nel 1934 aveva sposato il regista Goffredo Alessandrini, con cui girò “Cavalleria” e da cui si separò nel 1940.  Continuò nel cinema  ad interpretare  parti secondarie di cameriera o di cantante. La prima vera occasione le fu offerta da De Sica con la parte da protagonista in Teresa Venerdì del 1941. Nel 1943 fu accanto ad Aldo Fabrizi in Campo dei Fiori. Ebbe una relazione con Massimo Serato, ma fu abbandonata appena rimase incinta. Il figlio Luca, nacque  il 23 ottobre 1942.

Il successo finalmente le arrise con Roma città aperta per il quale vinse un Nastro d’argento. Tra lei e Rossellini si stabilì una relazione sentimentale.

Nel 1947 vinse il secondo  Nastro d’argento per il film di Zampa L’onorevole Angelina.

Nel 1948 iniziò a girare, ancora con  la regia di Roberto Rossellini il film L’amore, tratto dall’atto unico di Cocteau La voce umana. Durante la lavorazione, però, la sua relazione con Roberto Rossellini finì in maniera burrascosa, con una terribile  scenata di gelosia all’hotel Luna di Amalfi. Anna aveva scoperto d essere tradita dal regista con una giovane attrice svedese Ingrid Bergmann.

La sua corriera continuò con film diretti dai maggiori registi del tempo quali Luchino Visconti, George Cukor, Renato Castellani e Sidney Lumet. Con quest’ultimo girò il suo ultimo film americano, Pelle di serpente. Anche questo testo era stato scritto apposta  per lei da Tennessee Williams ed ebbe come compagni di lavoro Marlon Brando e Joanne Woodward.

Nel 1960 le fu proposta la parte di Cesira ne La ciociara. Nel ruolo della figlia era stata scritturata Sophia Loren.  Anna allora rifiutò  di partecipare al film  poiché non voleva interpretare la parte della madre di Sophia Loren. Il ruolo andò quindi proprio alla Loren che vinse con esso il suo primo Oscar.

Nel 1962 interpretò  Mamma Roma di Pier Paolo Pasolini, ma i rapporti con il regista si rivelarono estremamente conflittuali. Nonostante ciò il film ebbe un grande successo di pubblico e di critica.

Girò ancora altre pellicole con Claude Autant Lara, con Stanley Kramer e con Nanni Loy. Si dedicò infine al teatro con La lupa, del 1965, di Giovanni Verga e la regia di Franco Zeffirelli e poi, nel 1966 con Medea, di Jean Anouilh diretta da Giancarlo Menotti.

La sua ultima apparizione sullo schermo fu quella nel film Roma di Fellini. Nell’ultima scena Anna attraversa, di notte, i vicoli di una città silenziosa e poi, prima di chiudere il portone, pronuncia, all’indirizzo dello stesso Fellini, a la sua ultima frase: “Nun me fido! Buonanotte!”

Il 26 settembre 1973 si spense nella clinica romana Mater dei, a causa di un tumore al pancreas. Riposa nel piccolo cimitero di San Felice al Circeo, non lontano dalla sua villa.

 

 

 

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Giuseppe Esposito