Renato Caccioppoli, un genio matematico nella Napoli del ‘900

-di Giuseppe Esposito-

A cosa può dar luogo una fusione tra geni russi e geni napoletani? Se poi quelli russi provengono dal più celebre degli anarchici del XX secolo allora ci si può aspettare di tutto. L’ultimo esperimento del genere ebbe luogo agli inizi del secolo scorso a Napoli, in una villa a Capodimonte.

La registrazione puntuale di quell’evento la si può rintracciare negli archivi dell’Ufficio Anagrafe di Napoli. Tra le migliaia di carte se ne può trovare una su cui vi sono le annotazioni seguenti:

“ … l’anno millenovecentoquattro, avanti di me Avvocato …. Uffiziale di Stato Civile del Comne di Napoli, San Carlo, è comparsa Elena Papazofiropulo di anni ventinove, levatrice … la quale mi ha dichiarato che alle ore antimeridiane dieci e minuti trenta del dì venti di corrente mese (gennaio), nella casa posta in via Capodimonte al  numero Villa Caccioppoli, da Giulia Sofia Bakunin, fu Michele, di anni trentaquattro, Dottoressa, moglie di Giuseppe Caccioppoli, medico chirurgo, di anni cinquantuno, seco lei convivente è nato un bambino che elle mi presenta e a cui dà i nomi di Renato, Ciro, Agostino. La dichiarante à denunciato la nascita suddetta, per avere ella, nella sua qualità, assistito al parto della Bakunin ed in luogo del marito di questa perché impedito.”

Si deduce che la madre di Renato Caccioppoli era la figlia del famoso anarchico russo Michail Bakunin che trascorse a Napoli due anni tra il 1865 e il 1867. Cosa in sé piuttosto inconsueta, essendo Bakunin solito spostarsi, continuamente da una località all’altra.

Si dice che amasse molto il carattere dei napoletani ed ancor più il caffè. Dopo Napoli si era spostato a Berna, dove viveva con la giovane moglie Antonia Kawiatowska.  Nel 1876 si accingeva a tornare nella città di Partenope, ma fu colto dalla morte. Aveva solo 62 anni. Dal  matrimonio erano nati tre figli Carlo, Maria Sofia e Maria, che dopo la sua morte furono accolti in casa dall’avvocato Gambuzzi, nella sua villa di Capodimonte, a Napoli.  Più tardi Gambuzzi sposerà la vedova e sarà un padre affettuoso per i suoi figli. Infatti essi poterono studiare regolarmente e frequentarono tutti il liceo classico Umberto I, la scuola della Napoli bene.

Sofia nel 1983 fu tra le prime donne in Italia a conseguire la laurea in Medicina e Chirurgia summa cum laude. Nel 1903 sposerà il famoso chirurgo napoletano Giuseppe Caccioppoli e con ciò siamo tornati all’Atto di nascita citato sopra.

Renato visse con le zie, sorelle del padre ad Avella, provincia di Avellino, fino alla maturità classica. Poi tornò a Napoli dove, per accontentare il padre si iscrisse ad Ingegneria, che lascerà dopo poco, per passare alla Facoltà di Matematica.

Fu allievo di Ernesto Pascal e di Mario Picone, di cui subito dopo la laurea divenne assistente ed amico. Nel 1928 ottenne la libera docenza in Analisi e nel 1931 vinse il concorso per la cattedra di Analisi algebrica all’Università di Padova. A soli 28 anni gli fu conferito il premio, per la Classe di Scienze Fisiche dell’Accademia dei Lincei.

Nel 1934 tornò a Napoli come docente di Teoria dei gruppi e di Analisi superiore. Nel 1934 ottenne la cattedra di Analisi matematica e la tenne fino alla morte.

In campo scientifico il suo contributo fu determinante per lo sviluppo della scuola italiana di Analisi matematica. I suoi interessi erano indirizzati a diversi campi quali, andavano, ad esempio, dalla Scienza dei numeri, alle equazioni differenziali, alla definizione delle funzioni pseudoanalitiche, per arrivare fino al concetto di misura di una superficie. In questo campo il suo contributo era così avanzato ed innovativo che molti dei suoi colleghi matematici, a livello mondiale non riuscivano a comprenderlo. Fu il suo collega, Ennio De Giorgi, che appresi i concetti da Caccioppoli riuscì infine, tempo dopo, a farli comprendere da tutta la comunità scientifica mondiale.

Tuttavia la narrazione fatta finora non rende bene l’idea della personalità del Caccioppoli. Come spesso accade, in lui si fondevano il genio e l’originalità, se non proprio la stravaganza dei comportamenti. Ma spesso quella stravaganza era una forma di protesta contro il regime fascista imperante. Sull’uomo si raccontano non pochi episodi. Molti di quelli che furono suoi allievi, narravano spesso del suo abbigliamento, quanto meno fuori dal comune.  Spesso infatti andava in giro con una canottiera bianca sotto un impermeabile giallo.  Alle lezioni arrivava come minimo con un quarto d’ora di ritardo. A coloro che biasimavano tale modo di fare rispondeva che: “In un quarto d’ora delle mie lezioni, vi è più scienza e informazione che in due ore delle altre lezioni.”

Era un convinto antifascista e quando il regime proibì agli uomini di andare in giro con cani di piccola taglia al guinzaglio, prese ad andare in giro recando al guinzaglio un gallo.

La sua vita fu piuttosto problematica e, per un periodo, volle sperimentare la vita dei barboni, ma fu arrestato per accattonaggio.

Nle1938, in occasione della visita a Napoli di Mussolini ed Hitler, improvvisò, insieme alla sua compagna Sara Mancuso, un comizio antifascista e fece suonare da una orchestrina di un ristorante all’aperto, la Marsigliese, proprio al momento del passaggio del corteo. Naturalmente fu arrestato e dovette intervenire sua zia Maria, docente di chimica nel suo stesso ateneo, per convincere le autorità che Renato era malato di mente. Fu rinchiuso nell’ospedale psichiatrico Leonardo Bianchi per un lungo periodo di tempo. Ma nemmeno là dentro tralasciò i suoi studi di matematica ed anzi si applicò all’altra sua passione che era il pianoforte.

A guerra finita riprese la sua attività didattica. Fu membro dell’Accademia dei Lincei, dell’Accademia di Scienza Fisiche di Napoli e dell’Accademia Patavina di Scienze ed Arti.

Aderì al PCI, pur senza prenderne la tessera, sia per una sua insofferenza alle strutture gerarchiche sia perché non ne condivideva la linea su alcune questioni internazionali, quali ad esempio l’invasione dell’Ungheria del 1956.

Fu animatore dei Partigiani per la Pace e si adoperò in favore del disarmo e del disimpegno dell’Italia dall’Alleanza Atlantica.

Fu tra i fondatori del Circolo del Cinema, primo Cineforum d’Italia.

Ma poi la sua vita cominciò a scivolare verso un declino molto triste. Abbandonato dalla sua compagna Sara, deluso dal suo impegno politico prese a bere. Infine preso da una profonda depressione l’8 maggio 1959 si suicidò con un colpo di pistola alla testa, nel suo appartamento di Palazzo Cellamare. Terminò così la vita travagliata di quel genio che la gente comune chiamava “ ‘O prufessore”. Il professore per antonomasia.

 

 

Giuseppe Esposito

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