Trentinara e la sua leggenda
-di Giuseppe Esposito-
Il Cilento è uno dei luoghi più belli e meno conosciuti della Campania. Forse questa è una fortuna poiché questo gli ha permesso di conservarsi intatto in molte sue parti. Situato nella parte più meridionale della provincia di Salerno, è stato riconosciuto dall’UNESCO patrimonio dell’Umanità.
In passato faceva parte, insieme al Vallo di Diano, del Principato Citeriore. La regione ha ispirato nel corso dei millenni poeti ed artisti. Tanto per cominciare è qui, di fronte a Punta Licosa che Omero fa incontrare Ulisse con le Sirene. Ed è qui che secondo Virgilio il nocchiero di Enea, Palinuro cadde in mare e fu sepolto sul capo che, ancora oggi, porta il suo nome. È in questa zona che, per mano dei coloni focesi, sorse Elea nella quale insegnarono Zenone, Melisso di Samo e Senofane di Colofone, coloro cioè che diedero vita alla Scuola Eleatica di filosofia.
Il territorio è ricco di piccoli centri ricchi di fascino quali Pioppi, Accciaroli e Pollica, dove, negli anni Cinquanta, soggiornò a più riprese Hemingway. È qui che, nei pressi di Padula, sorge la Certosa di San Lorenzo, la più grande d’Europa. Ma innumerevoli sono i luoghi che meriterebbero di essere visti per la loro bellezza. Ma, oggi, fra tutti vorremmo invitarvi in un piccolo paese di non più di 1500 abitanti: Trentinara. Un paese aggrappato ad una roccia a strapiombo sulla piana del Sele e dunque non lontano da quella meraviglia che è Paestum coi suoi templi dorici.
L’origine del nome sembra che possa esser fatto risalire a tre denari, che era la paga con cui venivano ricompensati i legionari romani, posti, qui, a guardia dell’acquedotto che correva lungo il fianco del monte Vesole.
Trentinara dispone di un belvedere che si affaccia sulla piana del Sele e da cui si può ammirare tutto il golfo di Salerno, dalla baia di Agropoli alla Costiera amalfitana ed oltre fino all’isola di Capri. Un colpo d’occhio forse unico al mondo.
Il paese si distingue non solo per il paesaggio ma anche per una avvenimento posto a metà strada tra la realtà e la leggenda. Episodio risalente al XVIII secolo, quando la regione era infestata nell’entroterra da bande di briganti e lungo le coste era esposta alle scorrerie dei pirati barbareschi che la flotta regia non riusciva ad arginare.
Signori di Trentinara erano allora i De Angelis, marchesi di Trentinara, appunto.
A capo di una delle bande di fuorilegge della zona vi era un giovane che veniva da lontano ed il cui nome era Saul. Era costui un uomo di grande bellezza dai capelli neri e ricci, dagli occhi neri e profondi. Un giorno egli decise di mettere a punto una rapina nel palazzo del marchese, sicuro di poter portare a casa un grosso bottino.
Quando però penetrò nel palazzo coi suoi briganti al seguito, si trovò di fronte solo la figlia adolescente del marchese De Angelis, una fanciulla bellissima di nome Isabella. Tra i due vi fu uno scambio di sguardi ed accadde la magia. Si innamorarono seduta stante. Era scoccato quello che con termine francese si definisce oggi, coup de foudre. Pertanto Saul abbandonò l’idea di saccheggiare la magione del marchese e ordinò ai suoi briganti di ritirarsi.
Ma il fuoco che quella scintilla aveva acceso non si poteva spegnere facilmente ed i due innamorati si rincontrarono. La pria volta fu per caso, ma poi presero ad incontrarsi, regolarmente e di nascosto. I loro convegni avvenivano presso una sorta di grotta denominata “preta ‘ncatenata”, poiché era formata da due grossi massi posti l’uno sull’altro. Ma in un paese piccolo come Trentinara quei convegno non potevano passare inosservati. Qualcuno dunque si prese la briga di mettere sull’avviso il marchese padre di Isabella. Per costui il fatto che un vile brigante avesse osato attentare all’onorabilità di sua figlia era un’offesa che andava lavata col sangue, secondo i canoni d’onore in vigore nel regno di Napoli soggetto al dominio spagnolo.
Il de Angelis organizzò quindi un piccolo drappello di armati con lo scopo di catturare ed uccidere Saul, sorprendendolo quando era in compagnia di Isabella. I due amanti si accorsero per tempo dell’arrivo dei sicari e per non essere separati, si scambiarono un ultimo bacio e poi si lanciarono nel vuoto dall’alto della rupe.
Oggi nella piazza che guarda al vasto panorama sul Sele vi è una statua che riproduce i due innamorati stretti in un abbraccio. Inoltre lungo la strada che dalla chiesa dell’Assunta mena al belvedere il muro è impreziosito da una serie di piastrelle di ceramica su cui sono riprodotti versi d’amore di più celebri poeti del mondo. Infine, dulcis in fundo, nella piazza ove si può ammirare il monumento ai due tragici amanti è stato posto un segnale con un invito: “Per favore baciatevi qui.”
Fotografie a cura di Angelo Vitolo