Storie di campioni: Davide Astori, tre anni senza il capitano

-di Emanuele Petrarca

Un’assenza che sempre sarà presenza. 3 anni fa ci lasciava Davide Astori nella gelida domenica mattina del 4 Marzo che ci ricordò quando la vita può essere crudele e amara anche poco prima di una partita.

Una storia interrotta troppo presto, un padre, prima che un calciatore, di cuore e di raffinatezza che da ormai 4 anni guarda i suoi cari dall’alto.

Viene in mente un episodio del 28 agosto 2017, lo scenario era lo Stadio Santiago Bernabeu di Madrid dove il Real Madrid e la Fiorentina stanno disputando un match amichevole valevole per il “Trofeo Bernabeu”, volto ad onorare e ricordare la finale della vecchia Coppa dei Campioni del 1957 tra le due società.

Il pallone viaggiò in area di rigore dei blancos e in una delle poche volte in cui Davide Astori provava una sortita offensiva, decise di esibirsi in una splendida rovesciata che lasciò a bocca aperta tutti.

La gioia del gesto tecnico, però, venne spezzata dal rumore della traversa colpita in uno degli stadi più importanti al mondo e il grido del capitano viola venne strozzato dalla sfortuna.

Ci vuole talento e coraggio per provare una giocata del genere, ma il destino avverso decise che il pallone dovesse colpire la parte bassa della traversa, per poi colpire la spalla del portiere del Real, Kiko Casilla.

Talento, destino avverso e sfortuna… tre elementi che hanno caratterizzato la vita di un ragazzo che ci lasciò per sempre, in silenzio, senza fare rumore e con discrezione, come sempre ha fatto nella sua carriera, rompendo i cuori di tutti.

Quella mattina, ancora euforici dalle emozioni di Napoli-Roma e Lazio-Juve, tutta la felicità si è smorzata in una frazione di secondo come quella rovesciata spedita sulla traversa.

Eppure, da quel giorno, Davide è diventato un simbolo: un esempio di semplicità nel suo essere leader perbene ed esempio per i più giovani.

Sarebbe sicuramente orgoglioso di vedere la squadra del quale era capitano, la Fiorentina, giocare un calcio così bello in una stagione che sta vedendo i Viola tornare nel lotto delle grandi d’Italia.

Tiferebbe fino all’ultimo secondo per il “suo” Cagliari che deve salvarsi, ma anche per il Milan in corsa per lo scudetto e per la Roma in lotta per l’Europa.

Avrebbe, con merito, fatto parte della spedizione italiana ad Euro2020 vincendo il trofeo insieme ai suoi compagni che, ad ogni modo, hanno deciso di dedicare pubblicamente la vittoria a lui.

Eppure, forse, tutti questi traguardi sono anche merito suo e dei valori che ha trasmesso ai compagni con cui ha giocato e agli avversari che ha sempre rispettato. Non si sarebbe preso i meriti di nulla e avrebbe continuato a lavorare, silenziosamente e con un grande sorriso, come ha sempre fatto nella sua carriera da difensore e come sempre farà nei cuori di tutti gli appassionati.

 

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Emanuale Petrarca

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