20 febbraio 1909: in prima pagina il Manifesto del Futurismo

-di Giuseppe Esposito-

Nel lontano sabato 20 febbraio 1909, il quotidiano parigino “Le Figaro” dedica, quasi per intero, la sua prima pagina al Manifesto del Futurismo di Filippo Tommaso Marinetti. Il manifesto era già stato pubblicato da molte testate in Italia, in diverse date:

5 febbraio:   “Gazzetta dell’Emilia” di Bologna, 6 febbraio:   “Il Pungolo” di Napoli8 febbraio:    “La Gazzetta” di Mantova, 9 febbraio:    “L’Arena” di Verona10 febbraio   “Il Piccolo” di Trieste, 14 febbraio:    “La Tavola Rotonda” settimanale di Napoli, 16 febbraio:    “Il Giorno” di Roma e dopo essere apparso su Le Figaro il manifesto marinettiano acquisisce una notorietà eccezionale in tutta l’Europa.

Il movimento nacque ai primi del Novecento come reazione alla cultura borghese allora imperante e contro il decadentismo che aveva in D’Annunzio, il suo principale interprete.

Per Marinetti la retorica di cui era pervasa la cultura della seconda metà del XIX secolo e dei primi anni del secolo nuovo andava sostituita con  parole nuove, parole in libertà destinate a rompere quella cappa che opprimeva ogni espressione artistica del tempo.

Le parole nuove di cui si impregnava il messaggio futurista erano del tipo di coraggio, temerarietà, audacia, velocità, energia, pericolo e via dicendo. Esse sono le basi su cui poggiava la prima avanguardia del Novecento, rappresentano i nuovo valori e gli ideali cui deve fare riferimento la modernità.

Le parole con cui Marinetti lanciava la sua sfida per il moderno apparivano quasi rivoluzionarie: – È dall’Italia che noi lanciamo per il mondo questo nostro manifesto di violenza travolgente e incendiaria, col quale fondiamo oggi il Futurismo, perché vogliamo liberare questo paese dalla sua fetida cancrena di professori, di archeologi, di ciceroni e di antiquari. Già per troppo tempo l’Italia è stata un mercato di rigattieri.-

L’arte istituzionale era il bersaglio degli aderenti al movimento futurista; rivoluzionari e ribelli contro quella che era la tradizione costituita, essi intendevano affermare una nuova idea di bellezza, non più statica, ma dinamica. La velocità divenne il loro credo, il movimento che tutto esalta la loro guida. Ciò li spingeva ad affermazioni che sovvertivano i concetti dell’arte fino ad allora sedimentati. Essi affermavano: – … un’automobile da corsa, col cofano adorno di grossi tubi, simili a serpenti dall’alito esplosivo … Un’automobile ruggente che sembra come sulla mitraglia è più bella della Vittoria di Samotracia.-

La nascite del Futurismo avviene in un periodo in cui non solo il modo dell’arte, ma la società tutta, si trovava ad affrontare una fase evolutiva segnata da guerre, da innovazioni tecnologiche, sociali e politiche di portata mai vista prima. Invenzioni quali il telegrafo senza fili, la radio,  gli aeroplani, il cinema e la fotografia erano destinate a sovvertire la percezione del tempo e delle distanze.

I continenti si avvicinavano e si creavano tra di loro connessioni nuove e mai prima sperimentate. Ciò che, per i futuristi, caratterizzava particolarmente il nuovo secolo era la velocità. Una cosa completamente nuova per l’umanità e che spingeva a rompere i ponti col passato e concentrarsi completamente sul presente dinamico e il suo dinamismo andava coniugato anche in termini ideologici.

Nato In Italia, il movimento si diffuse rapidamente in tutta l’Europa.

Quando oggi sentiamo parlare di Futurismo, le prime cose che ci tornano in mete sono parole quali Zung, Tumb Tumb e simili, incomprensibili. Ed incomprensibili apparivano talvolta i futuristi, alieni calati nel panorama culturale del primo Novecento. Fautori anche della guerra, da essi definita “unica igiene del mondo”.  Memorabile è rimasta la rissa scatenata da un loro gruppo, con a capo proprio Marinetti, al caffè delle Giubbe Rosse, contro il gruppo di intellettuali riunito intorno ad Ardengo Soffici, reo di aver espresso giudizi poco lusinghieri sulle capacità artistiche degli aderenti al movimento futurista.

Nato ai primi del scolo, il movimento si esaurì alla metà degli anni quaranta. Esso ebbe il merito di portare l’arte fuori dalle accademie e tra la gente. Celebri sono rimaste le cosiddette serate futuriste cui era ammesso chiunque e gratuitamente. Nel movimento erano implicate tutte le forme d’arte, dalla letteratura alla poesia, alla pittura e alla scultura. Il mito fondante è l’esaltazione della modernità i cui simboli erano l’automobile, l’aeroplano, la radio e tutte le invenzioni venute a cavallo dei due secoli. Non meno importante era l’idea di patriottismo e nazionalismo, spinte all’esaltazione del militarismo e quindi della guerra.

Tra i principali artisti che aderirono al manifesto vi furono Umberto Boccioni, Balla, Severini, Depero e Carrà. Boccioni morì durante la guerra e la sua morte segna una sorta di spartiacque tra il primo periodo, incentrato sulla realtà di Milano, ed il secondo che vide l’epicentro del movimento spostarsi a Roma dove coinvolse nuovi settori come quello della moda, della pubblicità e della tipografia. Prodotti peculiari di questo periodo restano i panciotti disegnati da Depero e l’anticravatta metallica di Bosso.

Il patriottismo, l’aggressività ed il nazionalismo favorirono il matrimonio con le idee del fascismo allora nascente, lasciando una macchia sull’immagine del movimento.

In campo pittorico i futuristi decisero di abbandonare la prospettiva classica con un solo punto di vista per adottarne una con diversi punti di vista, nel tentativo di conferire dinamicità alle loro opere.  Ma l’aspetto che ancor oggi ci appare eclatante è quello della letteratura dove Marinetti propugnava l’adozione di testi slegati dalla grammatica e dalla sintassi, parole in libertà quindi e si faceva un uso molto spinto della onomatopeica, esprimendo i rumori emessi da mezzi meccanici come il tatatata della mitraglia.

Anche in fotografia il futurismo conobbe come sua espressione il fotodinamismo di Anton Giulio Bragaglia. Egli, facendo ricorso a tempi  di apertura lunghissimi, cercava di ottenere immagini che dessero l’idea del movimento Se volgiamo cercare delle parole che diano l’idea di una sintesi delle idee futuriste possiamo far ricorso a quelle dello stesso Marinetti che così affermava:

Noi vogliamo cantare l’amore del pericolo, l’abitudine all’energia e alla temeirità.”

Ariane eta Sandra, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

 

Giuseppe Esposito