Il Racconto della Domenica di Giuseppe Esposito
Una cartolina musicale-di Giuseppe Esposito-
Primavera del ’56, trasloco dalla casa di via Gianturco in cui ero nato a quella di via Zara. A otto anni fu triste dover lasciare gli amici del quartiere. Ricordo il breve viaggio, di sera, sul furgoncino che aveva già trasportato le nostre masserizie. Il risveglio del mattino seguente fu una piacevole sorpresa. La nuova casa era inondata di sole ed uno dei due grandi balconi affacciava su una serie di piccoli giardini, pertinenze della case a pian terreno. In uno di essi un enorme fico, che svettava fino al terzo piano riempiva l’aria fresca del mattini di un intenso profumo.
Sono passati tanti anni da allora ma la sensazione di rinascita di quel risveglio è ancora presente nella mia mente… e poi, si sa, fare nuove amicizie a quell’età è facile e la tristezza non dura che attimi. Anche mia madre riprese in breve le vecchie abitudini e passava del tempo a chiacchierare con la nostra casigliana della porta accanto.
Io avevo già “fatto conoscenza” con l’ edicola di via Poggioreale ed ogni settimana andavo ad acquistare i miei giornalini preferiti: L’Intrepido, Il Monello, Capitan Miki, L’uomo mascherato, Nembo Kid ed infine il Topolino di Walt Disney. Anche mia madre acquistava ogni settimana una sua rivista dal nome “Confidenze” , Rivista di vita femminile, recitava il sottotitolo.
Era quello uno dei pochi lussi che mia madre si concedeva nella parca vita del tempo. Erano quelli gli anni in cui non si aveva niente e ci sembrava di avere tutto. Penso che se le nostre esigenze di oggi si riducessero a quelle di allora saremmo davvero molto ricchi. La capacità di adattarsi, di accontentarsi di quel tempo è andata completamente perduta sotto i colpi di un consumismo che ci è stato imposto e che alimenta bisogni, prima ancora che questi siano stati da noi avvertiti. Oggi abbiamo bisogno del superfluo per poter vivere, poiché crediamo che sia indispensabile.
L’estate che seguì al nostro trasloco vennero di moda le cartoline musicali, quelle su cui era inciso un sottile solco su cui si poggiava la puntina del giradischi, o per meglio dire del radiogrammofono. Il giradischi era ancora di là da venire. In tal modo, dal quel piccolo solco venivano le note e le parole di canzoni allora in voga. Il supporto di carta era però così fragile e la puntina del grammofono ed il relativo braccio erano così pesanti che, dopo un limitato numeri di ascolti, il solco era talmente rovinato da non essere più utilizzabile.
Quell’estate il settimanale di mia madre pensò di fare omaggio alle sue lettrici di una cartolina musicale. La canzone che recava incisa era la traduzione di una canzone francese che aveva come tema lo scorrere del tempo. Il suo titolo era Marjolaine e le parole, almeno in parte erano e seguenti:
Sul gran buolevard
Della città
La sua canzon
Cantando va,
compagni suoi intorno stan
e il ritornel con lui ripeteran.
Marjolaine mio primo amor
Di una dolce primavera in fior.
Marjolaine tu vedi il me ch’un dì partì
Ed ora torna a te.
Soldato fu, lontano andò
Promise lei
T’aspetterò
Fanciullo ancor un dì partì
Già uomo ormai è ritornato qui.
Marjolaine mio primo amor
D’una dolce primavera in fior.
Marjlaine tu vedi me e come allor
Son ritornato a te.
Dieci anni e più, son lunghi assai
E tutto qui cambiato è ormai.
Sul gran boulevard della città
Nessuno più lo rconoscerà.
Marjolaine mio primo amor
Dopo tante primavere in fior.
Marjolaine la gioventù
Perduta ormai, non può tornare più…
A questo punto avvertivo una contrazione sul viso di mia madre. Mi pareva che l’ombra di un ricordo le provocasse una tristezza improvvisa. Non le chiese mai, tuttavia, il motivo di quella repentina malinconia.
Ma ieri notte mi è sembrato di vederla, ma forse sognavo. Mia madre è andata via da qualche anno. Ma chissà perché le note di quella antica canzone mi sono tornate in mente. Allora le ho chiesto:
“T’arricuorde, mà?”
E lei di rimando, senza bisogno che specificassi altro:
“Che cosa? Marjolaine? E comme nu n m’arricordo?”
Ed anche stavolta il viso le si è contratto e mi è sembrato che nei suoi occhi passasse una lacrima.