Scrittori dall’oblio: Mario Tobino
-di Giuseppe Esposito-
In questi mesi di forzata clausura, di timori e di impossibilità di immaginare il futuro, l’unico rimedio è il perdersi in un altrove del tempo e dello spazio, immergendosi nella lettura di un libro. Occorre però che la scelta sia oculata per evitare di ritrovarsi, dopo poche pagine, senza la voglia di andare avanti, di sentirsi respinto da una storia che non ti prende, non ti avvince. Oggi di libri del genere ne circolano a iosa.
Sono andato spesso, negli ultimi mesi, a frugare negli scaffali di casa dove si sono arenati gli acquisti effettuati negli ultimi cinquant’anni. È così che è riaffiorato dalle nebbie dell’oblio, un autore oggi, forse ai più sconosciuto. E non mi riferisco solo ai giovani che, se non altro per ragioni anagrafiche sono giustificati.
L’autore in cui mi sono imbattuto è Mario Tobino, che ho tanto amato negli anni Sessanta e Settanta. Ho ritrovato, nel settore dei libri più agé, quelli i cui dorsi hanno acquisito quella particolare patina che il tempo lascia anche sulle cose inanimate, anche su quelle che da lungo tempo riposano nell’ombra degli scaffali, senza che nessuno le abbia tirate fuori da tempo. Ho ritrovato “Le libere donne di Magliano”, “Lungo le antiche scale, “Sulla spiaggia di là dal molo” e “Due italiani a Parigi”. Tutti pubblicati tra il ’52 ed il ’72. Un pizzico di nostalgia ha invaso il mio cuore e sono andato a ritrovare le tracce di Tobino, che è stato un autore molto prolifico. Esordì prima come poeta e poi come narratore. Il suo vissuto e la sua professione affiorano chiaramente nei suoi romanzi che sono caratterizzati sempre da uno spiccato autobiografismo, che in lui non guasta, come invece capita spesso in altri autori.
Mario Tobino era nato a Viareggio il 16 gennaio del 1910, è dunque caduto, proprio in questi giorni il suo 111° compleanno. È stato uno scrittore, un poeta ed un medico. Studiò a Pisa, dove prese prima la maturità e si iscrisse poi alla Facoltà di Medicina. Portò a termine gli studi all’Università di Bologna, conseguendo la laurea in Medicina e Chirurgia nel 1936. Già durante gli anni dell’università collaborò con alcune riviste letterarie e pubblicò il suo primo volume di versi dal titolo “Poesie”, che , uscito nel 1934, ebbe una buona accoglienza da parte dei critici. Assolse agli obblighi di leva come ufficiale medico nel Quinto Alpini di Bolzano. Rientrato a Bologna si specializzò in Neurologia, Psichiatria e Medicina legale. Andò a lavorare per la prima volta presso l’ospedale psichiatrico di Ancona. In quel periodo pubblicò la seconda raccolta poetica intitolata “Amicizia”.
Allo scoppio della guerra fu richiamato alle armi e spedito in Libia. L’esperienza di guerra è riportata nel romanzo: “Il deserto della Libia”, pubblicato nel 1952. Da esso furono tratti due film “Scemo di guerra” di Dino Risi uscito nel 1982 e “Le rose del deserto”, di Monicelli del 2006.
Nel periodo del dopoguerra la sua attività di narratore si intensificò e divenne copiosa. Di quegli anni sono la raccolta di poesie “Veleno e amore” ed il romanzo “Il figlio del farmacista”.
Lavorò negli ospedali psichiatrici di Firenze e poi di Maggiano ( trasfigurato nei suoi romanzi in Magliano). Nel romanzo “Il clandestino” narrò delle sue esperienze nella file della resistenza al nazifascismo. Si dedicò con passione ai problemi degli ammalati di mente e raggiunse una grandissima notorietà. Si oppose alle teorie di Basaglia ed alla legge con lo stesso nome che portò alla chiusura degli ospedali psichiatrici. Egli infatti affermava che “La cupa malinconia, l’architettura della paranoia, le catene delle ossessioni continuano anche se si chiudono i manicomi.”
Si spense nel 1991 ad Agrigento.
Ci ha lasciato più di venti romanzi, quattro raccolte di versi, una commedia ed altri scritti. Nel corso della sua lunga carriere gli furono assegnati diversi premi:1962: Premio Strega con il romanzo “Il clandestino”;1966: Premio Selezione Campiello, per “Sulla spiaggia di là dal molo”;1972: Premio Campiello con il romanzo “Per le antiche scale”;1990: Premio Elba col romanzo “Il manicomio di Pechino”.
Dai suoi romanzi hanno tratto dei film i più importanti registi dell’epoca da Bolognini a Risi, da Monicelli ad Aton Gilio Maiano.
