In nome del gallo Maurice
-di Maria Gabriella Alfano-
Il chicchirichì dei galli, il frinire delle cicale, il gracidare delle rane, lo scampanio dei bovini e degli ovini al pascolo, il fruscio dei ruscelli sono l’inconfondibile colonna sonora della campagna, elemento importante per fruizione del paesaggio che stimola tutti i nostri cinque sensi, non solo la vista.
È di questi giorni la legge varata dal Parlamento francese per tutelare il patrimonio sensoriale delle zone rurali.
Le nuove norme tendono a risolvere le conflittualità che stanno emergendo tra i contadini, abitanti “storici” dei luoghi, e coloro che vi si trasferiscono per vivere in un ambiente più sano.
Nel 2019 nel comune di Rochefort, un residente nelle vicinanze della fattoria in cui viveva il gallo Maurice avviò un’azione legale contro la proprietaria del volatile, colpevole di disturbare il suo sonno con il chicchirichì mattutino.
Il fatto suscitò un acceso dibattito che valicò i confini francesi e fu ripreso perfino dal New York Times. Vi furono petizioni popolari all’insegna dello slogan “Let me sing” (lasciatemi cantare) che raccolsero oltre 140mila firme.
Il Giudice dette torto ai querelanti riconoscendo che il canto del gallo, come gli altri rumori del vicinato contadino, erano parte delle tradizioni della vita rurale. Il gallo Maurice diventò, insomma, il simbolo della ruralità francese minacciata.
Il fenomeno migratorio verso la campagna si è accentuato con la pandemia da Covid19, sia per la ricerca di una migliore qualità ambientale, sia perché il lockdown consente di lavorare dalla propria residenza.
Le comunità rurali prossime alle grandi città stanno accogliendo nuovi residenti che dovranno entrare in sintonia con gli abitanti storici e con le loro attività tradizionali.
Con la legge varata dal Senato francese i suoni, i rumori e gli odori della campagna sono “bene collettivo” della nazione, espressione del patrimonio sensoriale delle zone rurali e come tali vanno rispettati.
Il gallo Maurice potrà continuare indisturbato a cantare
