Il Design e l’Estrosità della luce firmati “Le Corbusier”

Tra i principali esponenti dell’architettura moderna, insieme ad Alvar Aalto, Walter Gropius, Ludwing Mies van der Rohe, Le Corbusier è stato il maggiore innovatore del design del XX secolo. Sapiente studioso della luce naturale, con la sua creatività ha saputo sfruttare egregiamente le infinite soluzioni nel campo dell’illuminazione, sia negli ambienti interni che in quelli esterni. Le Corbusier, all’anagrafe Charles- Edouard Janneret-Gris, ha dato il giusto valore alla luce e al suo rapporto con l’architettura soprattutto tra la seconda e terza decade dello scorso secolo, e in un secondo momento, tra gli anni ’50 e i ’60. Nella sua ottica, “L’architettura è il gioco sapiente, corretto e magnifico dei volumi raggruppati sotto la luce”, pertanto, nella sua progettualità, egli puntava principalmente sull’idea dell’utile e del funzionale, purificati da qualsiasi idea di decoro, sia per gli elementi di arredo che per i corpi illuminanti. Tra il 1927 e il 1937, collabora con la giovane architetto Charlotte Perriand, che diviene per lui fonte di grande ispirazione soprattutto nel campo del design dei mobili e delle lampade. Di Charlotte è, ad esempio, l’innovativo punto luce da interni, Potence Pivotant, disegnato nel 1938 e descritto dalla stessa designer, come “una lampada girevole molto economica costruita con lunghi tubi neri assembrati a elle rovesciata, per condurre il filo elettrico dall’interruttore alla lampada”, riprodotta dalla Nemo Lighting anche in versione mini e considerata, contemporaneamente, retrò e moderna. Della Perriand è anche l’innovativa, geniale ed estrosa “Pivotante à Poser”, progettata nel 1950, una lampada da comodino, oggi presentata dalla Nemo-Cassina, costituita da un corpo cilindrico metallico in acciaio e alluminio girevole, per regolare in modo molto semplice il flusso di luce. Con un interruttore su cavo, ha dimensioni medie, con un diametro di 12,5 cm e un’altezza di 20 cm. La Nemo li presenta con corpi illuminanti di vari colori che vanno dal bianco al giallo fino al blu opaco. Per illuminare gli appartamenti della sua celebre Unitè d’Habitation di Marsiglia (1949-52), Le Corbusier progetta la “Lampe de Marseille”, i cui originali sono stati riprodotti dalla Nemo Lighting Cassina: lampade da parete con due snodi che permettono l’orientamento, ispirate all’estetica dell’illuminazione industriale di quegli anni, le quali definiscono l’idea del design legato alle forme essenziali degli elementi. La “Lampe de Marseille”, oltre che dal braccio snodabile, è composta da due coni che emanano la luce verso l’alto e verso il basso. E’ realizzata in alluminio e le sue dimensioni sono 50 cm di larghezza, 166 cm di lunghezza e 80 cm di altezza. Alcuni anni dopo, nel 1954, Le Corbusier realizza il corpo illuminante “Projecteur 365”, disegnato per illuminare la facciata dell’Alta Corte a Chandigarh, una sorta di faro per illuminazione architetturale. La Nemo in collaborazione con la Fondazione le Corbusier, dopo scrupolose indagini sui pochi progetti presenti in archivio e una attenta valutazione per la sua definitiva realizzazione, ha provveduto ad una produzione ex-novo di tutti i dettagli della lampada. Essa è costituita da un unico corpo illuminante, da terra, da parete, oppure da soffitto, ed è caratterizzata da pochi elementi realizzati con tecnologie meccaniche di alta precisione. Di fatti, l’elemento illuminante è ricavato dalla tornitura di una lastra in alluminio che sostiene il vetro, esplicito riferimento al tipico design nautico considerato dall’ideatore come esempio di perfezione costruttiva. Nel corso della progettazione del Sanskar Kendra Museum (1951-1957), nella città indiana di Ahmedabad, Le Corbusier realizza, per lo stesso museo, anche un ulteriore corpo illuminante, il “Projecteur 165”. Questa lampada, simbolo del modernismo degli anni ’50 dello scorso secolo e ispirata anch’essa all’illuminazione industriale, è stata rieditata dalla Nemo in dimensioni ridotte. Essa è in alluminio con finitura verniciata blu notte o bianco sabbia, di dimensioni minute con diametro di 16,5 cm e altezza 16,3 cm, l’interno è sempre in alluminio anodizzato, mentre il diffusore è in vetro sabbiato. I galletti di chiusura sono in acciaio cromato nero. I corpi illuminanti sono disponibili nelle versioni a pinza, a parete o a sospensione. Sempre nello stesso periodo, nel 1952, il designer progetta un ulteriore corpo illuminante di particolare fattura, la “Borne Béton”: lampada da terra o da tavolo per attrezzare l’Unitè d’Habitation di Marsiglia, ma anche per illuminare le dighe di Bhakre e Sukra in India. La particolarità di tali corpi illuminanti è il materiale di realizzazione, il cemento, particolarmente resistente anche alle intemperie (da qualche anno realizzata dalla Nemo in versione da scrivania). Del 1954 è una particolare lampada da terra la “Escargot” dalla elegante forma, appunto, di chiocciola realizzata in ottone invecchiato che, grazie al suo alto valore estetico, valorizza qualsiasi ambiente (oggi ripresentata dalla Nemo Cassina Lighting). Qualche anno dopo, nel 1963, Le Corbusier progetta una lampada da terra per il Chandigarh Parliament in India, una lampada da terra, la “Parliament”, (recentemente rieditata dalla Nemo) naturale evoluzione progettuale dell’applique di Marsiglia, il cui paralume si compone di due tipi di illuminazione: una diretta e un’altra indiretta. Tutta l’opera del suo genio può riassumersi con le sue stesse parole, a conclusione della riflessione di cui sopra: “I nostri occhi sono fatti per vedere le forme nella luce; la luce e l’ombra rivelano queste forme; cubi, coni, sfere, cilindri o piramidi sono le grandi forme primarie che la luce rivela con vantaggi; l’immagine di questi è distinta e tangibile dentro di noi senza ambiguità. E’ per questo motivo che queste sono belle forme, le più belle” e la luce risulta, dunque, primaria protagonista dell’architettura e del design.

Daniele Magliano

Architetto- giornalista che ama approfondire tematiche di architettura, urbanistica, design, ma anche di storia, evoluzione e curiosità riguardanti oggetti di uso quotidiano. Mi piace, in generale, l'arte della costruzione: riflesso del nostro vivere in quanto unisce passato, presente e futuro prossimo di una comunità.