San Nicola del Pumpulo: il rudere di una chiesa longobarda
In posizione amena e gradevolissima, a ridosso delle colline di Giovi, appena fuori il centro abitato di Salerno, c’è un’antica chiesa a molti sconosciuta: San Nicola del Pumpulo. Dall’uscita della tangenziale di Pastena, attraversando un tratto di via Paradiso di Pastena, si imbocca, sulla destra, una traversa denominata via San Nicola del Pumbolo, una stradina che sale verso le colline e fiancheggia l’antica chiesa longobarda, nascosta da piante e erbacce, tra frutteti e giardini incolti. Poche e frammentarie le notizie a noi pervenute sulla storia della chiesa. Il suo nome San Nicola del Pumpulo nasce, forse, come volgarizzazione del termine “polla” che vuol dire acqua che sgorga, definita anche San Nicola a Mare per distinguerla dall’altra omonima posizionata sulle colline di Giovi. Ma il termine “pumpulo” potrebbe derivare anche dal latino “populus” che vuol dire pioppo, dunque area ricca di pioppi. La chiesa risale, con certa probabilità, all’anno 1000, epoca in cui le nobili famiglie longobarde, proprietarie dei terreni fuori le mura, erigevano luoghi di culto per usufruire del servizio religioso e per seppellite le proprie spoglie nei cimiteri posizionati in prossimità delle chiese stesse. Ricordiamo tra queste: San Felice in Felline, San Eustachio e appunto la chiesa di San Nicola del Pumpulo. Nella relazione delle Decime Pontificie, la chiesa risulta soggetta al Monastero di San Benedetto di Salerno “ecclesia San Nicolai de Pumpulo, que est anexa monasterio sancti benedicti de salerno” (1309). È nominata, ancora nel 1338, con tale denominazione “San Nicola de la fontana ruralis”. Essa fu soppressa il 15 Ottobre del 1811 come si legge dal libro “Salerno sacra” di Crisci e Campagna del 1962: già quasi sessant’anni fa la si descriveva assai fatiscente e mal tenuta, mentre restava in discrete condizioni solo la casa canonica attigua occupata all’epoca da un colono.
Già a partire dalla stampa Di Gilio-Pannaini (prima rappresentazione grafica del Comune di Salerno realizzata nel 1867), la chiesa non campare segnalata come tale, ma si può notare soltanto una strada in prossimità definita strada San Nicola. Sul progetto definitivo per la “Distribuzione d’acqua dell’Ausino nel territorio di Salerno”, risalente al 1915 e custodito nell’Archivio di Stato di Salerno, invece, ben si notano due chiese non lontane tra di loro, ovverossia quella di Santa Margherita e poco più a nord la chiesa di San Nicola. Il 7 Luglio del 1986 con Decreto Arcivescovile, la chiesa venne accorpata alla vicina Parrocchia di Santa Margherita posizionata nel quartiere Italia. L’edificio sacro è a pianta rettangolare con la parte absidale collocata a oriente e l’ingresso a ovest e segue il classico schema tipologico longobardo con disposizione est-ovest. In una foto contenuta nel libro succitato, si nota ancora la presenza della copertura a doppia falda e la facciata ancora in discrete condizioni. In un’altra presente nel libro “Salerno longobarda” del 1995 di Carlo Di Lorenzo e fotografie di Carlo Tringali, si nota come la stessa copertura sia quasi totalmente caduta.
Sul lato absidale si trovano due contrafforti in prossimità dei quali sono posizionate due finestre trilobate del ‘700.
Altri contrafforti si presentano in corrispondenza della porta d’ingresso con ampia finestra al di sopra dell’architrave d’ingresso.
La facciata presenta un campanile a vela, attualmente crollato, tipico longobardo e molto simile a quello della coeva di San Felice in Felline. L’altare maggiore è caratterizzato da stucchi bianchi e due colonne corinzie con fusti lisci e decorati addossati alla parete che racchiudono un riquadro rettangolare, tutto in stile barocco, la mensa anch’essa caratterizzata da stucchi della stessa epoca.
Sulla parete sud si trova un altare molto interessante, il secondo dall’ingresso, che presenta una nicchia con catino absidale a conchiglia. Il timpano è arcuato e spezzato al centro ed è sorretto da due colonne a sinistra e a destra di stampo corinzio.
Il primo altare a destra ha invece un timpano rettilineo anch’esso spezzato al centro, mentre le lesene laterali sono corinzie.
Il primo altare di sinistra presenta un architrave a stucchi modellato dove si notano i visi di tre angioletti.
Le foto, in bianco e nero, di tutti questi decori, stucchi e modanature d’epoca settecentesca, già in parte staccati e deteriorati dalle intemperie e dall’invasione di erbacce infestanti, risalgono al 1995, lasciano solo immaginare quale sia lo stato attuale di tali decori. Nel corso di un colloquio, nell’anno 2014, col Parroco della chiesa di Santa Margherita, Don Sabato Naddeo, ho appreso che, a seguito di una permuta, avvenuta nel 2003, tra la proprietà ecclesiastica e il Comune di Salerno, da ben 11 anni la parrocchia non era più legata alla chiesa di San Nicola. In breve il Comune si accaparrava la proprietà del Fondo San Nicola, 10 ettari circa, cedendo alla chiesa di Santa Margherita un terreno, nei pressi della stessa, per la realizzazione iniziale di un garage successivamente convertito in centro parrocchiale. Ne consegue, di fatto, che il terreno sul quale poggia il rudere di San Nicola del Pumpulo è comunale. Dal PUC – Piano Urbanistico Comunale – si può constatare che la chiesa è sottoposta a vincolo architettonico ed archeologico, indicata col numero 10 – stralcio –RA3– dei Beni architettonici e ambientali, e dallo stralcio della Zonizzazione – P2 09– l’area che ricade appena fuori dal limite di Zona Omogenea, risulta rientrare in zona per Attrezzature Pubbliche d’Interesse Locale, nello specifico – Attrezzature d’Interesse Comune.
Sulla tavola del Piano Urbanistico, quella relativa al Disegno Urbano di Indirizzo, la -P4-, si nota, infine, la presenza di una nuova strada che parte dall’attuale uscita della tangenziale di Pastena, parallela a via Paradiso di Pastena, che lambisce la chiesa di fatto posizionata sul lato a monte della nuova strada.
A distanza di alcuni anni, ritornando sull’area in questione, ho potuto tristemente constatare il progressivo e criminoso abbandono dell’area sacra attualmente recintata e parzialmente oscurata da una fitta rete accompagnata da cartelli che indicano un’area video-sorvegliata e da altri con scritte del tipo “Attenti ai cani”. Resta solo l’auspicio che la chiesa e tutta l’area non vengano dimenticati e che la chiesa possa sopravvivere come ulteriore memoria storica della nostra città. Mi rivolgo, in primis, alla Soprintendenza ABAP di Salerno e Avellino e anche al Comune stesso di Salerno perché si possa, in un futuro non troppo lontano, iniziare a parlare di un recupero dell’intero luogo sacro oggi così indegnamente mortificato e strappato alla cittadinanza.
