Donne di Napoli, donne nella Storia
-di Giuseppe Espsito-
Mi è capitato in una di queste desolanti serate, di questo che sarà ricordato come il tempo del Covid, di assistere in televisione alla replica d’una di quelle commedie che Eduardo registrò per la RAI (quella non ancora lottizzata e smembrata dai partiti) alla fine degli anni Cinquanta ed all’inizio dei Sessanta. “Napoli milionaria” era il titolo, mandata in onda la prima volta il 22 gennaio del 1962. Vi era Regina Bianchi nel ruolo femminile principale e non v’era Titina che invece era comparsa nel film tratto dalla commedia ed uscito nelle sale nel corso del 1950.
Assistevo alla commedia ed in testa mi frullava una domanda: cosa sarebbe stato il Teatro italiano se non vi fossero comparsi tra la fine dell’Ottocento e lungo buona parte del secolo scorso famiglie come gli Scarpetta o i De Filippo che di quelli erano una non trascurabile appendice? Di certo lo scenario sarebbe apparso più vuoto, più povero e quasi trascurabile.
I De Filippo, nati da una relazione di Eduardo Scarpetta con Luisa De Filippo, sarta teatrale e sorella della moglie Rosa, erano tre Titina, la maggiore seguita da Eduardo e da Peppino.
Titina era nata a Napoli il 27 marzo 1898, nel palazzo Scarpetta in via Vittoria Colonna 4. Palazzo ancor oggi intatto nella sua fisionomia originale. In quell’ultimo scorcio di secolo, la città era ancora attraversata da profondi fermenti culturali ed artistici ed i riferimenti dell’epoca erano personaggi quali Roberto Bracco, Rocco Galdieri, Salvatore Di Giacomo, Ferdinando Russo, Eduardo Scarfoglio e Matilde Serao.
Titina studia il pianoforte ed il francese, nel 1905 esordisce in teatro. Interpreta la parte del piccolo Peppinello nella commedia di Scarpetta, “Miseria e nobiltà” al Teatro Valle di Roma.Prosegue poi, alternando teatri di Roma e di Napoli, a recitare in parti sia maschili che femminili.
Nel 1915 è nella compagnia di Scarpetta, diretta da Vittorio, figlio di Eduardo. Nel 1921 passa alla compagnia di Francesco Corbinci, dove conosce Pietro Carloni, altro figlio d’arte che sposerà bel 1922. Dalla loro unione nacque un solo figlio Augusto.
Infine i tre fratelli mettono su una loro compagnia intitolata Teatro Umoristico I De Filippo.
Di quell’incontro Titina scriverà poi nelle sue memorie:
“Si può dire che li vedevo allora per la prima volta. Prima di quel momento, confesso di non averli mai conosciuti veramente. Quei due ragazzi scorbutici, chiusi in lor stessi. Avevano vissuto con me un’infanzia curiosa, particolare.”
Il successo della nuova compagnia fu travolgente, straordinario, coi fratelli De Filippo recitavano anche altri attori napoletani come Tina Pica, Pietro Carloni e Dolores Palumbo. Volti indimenticabili della scena napoletana. Titina nel frattempo scriveva due sue commedie: “Quaranta ma non li dimostra” e “Ma c’è papà”.
Nel 1938 Titina ed il marito Pietro Carloni fanno compagnia con Nino Taranto, ma nel 1942 si ricostituisce il sodalizio tra i fratelli. A dicembre del 1944, la compagnia si scioglie per incomprensione tra Peppino ed Eduardo. Peppino va per la sua strada, ma Eduardo e Titina rifanno una loro compagnia cui daranno il nome di Compagnia Umoristica Eduardo e Titina.
Il 25 marzo del 1945 mettono in scena, al Teatro San Carlo di Napoli la commedia di Eduardo “Napoli milionaria”. In essa per la prima volta un autore racconta il dramma della guerra, così come è stato vissuto dalla popolazione civile ed il degrado della società indotto dal conflitto e dall’occupazione alleata.
È poi la volta di “Questi fantasmi”, prima di arrivare alla fondamentale “Filumena Marturano”.
Un personaggio con cui generazioni di attrici napoletane hanno sognato e sognano di misurarsi. L’interpretazione di Titina è magistrale. Scevra da ogni manierismo, asciutta, moderna, manda in deliro il pubblico. Titina è Filumena. Alla fine di una rappresentazione data al teatro Mediolanum di Milano, Titina riceve ben trentadue chiamate al proscenio. Un vero trionfo. Ma il destino è in agguato e durante una delle repliche l’attrice avverte un malore. La prima avvisaglia della malattia che la costringerà all’addio alle scene. La diagnosi è cruda: stenosi mitralica. Non può più sottoporsi allo stress delle recite. Si ritira in famiglia, dipinge, scrive poesie e crea dei collages. In occasione di una mostra dei suoi lavori, a Parigi, Jean Cocteau, così si espresse:
“Questi pezzetti di carta che arrivano da tutte le parti, finiscono per obbedirvi e assomigliarvi.”
Lontano dal palcoscenico è dura ed accetta qualche piccola parte in qualche film. Il 26 dicembre 1963, muore lasciando un vasto cordoglio tra la gente di teatro e nel paese tutto. Il fratello così la ricordava in una poesia scritte per lei:
Era tutt’uocchie
E chelli mmane
Aciutte e bianche
Bianche ‘e chillu biancore d’’a magnolia
Che te sapevano fa!